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Una famiglia al confino

di Rita Bosso
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La foto, scattata nel 1938, ritrae Giuseppe Banchieri, nato a Feltre (Belluno) nel 1915, tipografo.
Sta scontando la condanna al confino, la classica cinquina.
È stato arrestato a Genova  a novembre del 1934 perché trovato in possesso di documenti falsi, e altri ne nascondeva nel doppio fondo della valigia. Stava per tornare in Francia, dove la famiglia risiede dal 1926. Dichiara di militare nella federazione giovanile comunista di Parigi.
Giuseppe Banchieri resta a Ponza sino alla chiusura della colonia confinaria, nel 1939.

Giuseppe Banchieri- foto segnaletiche

Le relazioni trimestrali sono tutte dello stesso tenore: “Nel corso del passato trimestre ha tenuto cattiva condotta, continuando ad affiancare i compagni di fede e gli elementi ritenuti più pericolosi. Dimostra di conservare inalterate le proprie idee senza alcun segno di ravvedimento” (14 gennaio 1938).
In un altro documento si legge che “fa opera di propaganda sovversiva: lezioni di teorie moscovite e leniniste ad alcuni compagni di confino.”
Eppure da bambino sembrava così carino: “Di carattere calmo. Di buona condotta morale e a quel tempo anche politica, poiché non si interessava affatto di politica essendo ancora scolaro; ha frequentato la quinta classe elementare” (dalla scheda per l’invio al confino).
Nel 1935 il padre Giovanni sollecita gli emigrati italiani in Francia a mandargli qualche aiuto economico.
Nel 1939 Giuseppe, insieme agli altri confinati, viene trasferito a Ventotene; è liberato nel ’41 ma si dispone che venga trattenuto sull’isola come internato sino alla fine della guerra.
Nel gennaio del ’42 il padre Giovanni, appena rientrato dalla Francia, è denunciato per aver svolto attività sovversiva all’estero e condannato a sua volta a cinque anni di confino. Padre e figlio si ritrovano a Ventotene.

Giovanni Banchieri, padre di Giuseppe, confinato a Ventotene nel 1942

La foto di Banchieri con Santa Maria sullo sfondo mi arriva da Domenico Musco, accompagnata da un messaggio: “Ho trovato questa foto del padre del dottore che cura mia madre. Vedi se può essere utile x il tuo lavoro.”

In realtà Giuseppe  è fratello della madre del professor Maldolesi, che ha in cura la cara Luisa; Giuseppe e Carla sono due dei sette figli di Giovanni Banchieri, avvocato socialista, benestante, che nel 1926 è costretto ad emigrare in Francia per sfuggire alle violenze squadriste.  Dopo pochi mesi si trasferiscono anche la moglie e i sette figli.  I bambini trascorrono un’infanzia segnata dalla miseria ma non infelice. I genitori tengono vivo il ricordo del paese d’origine con racconti, giochi, filastrocche; ogni sabato arriva il Corriere dei Piccoli e i bambini lo leggono ad alta voce. Una delle figlie, Rosetta, ricorda:
Parigi diventò uno dei centri clandestini dell’antifascismo italiano. Di notte con la complicità di guide o senza, numerosi furono gli esuli che passarono le frontiere francesi e svizzere. Si creò così una rete sotterranea di recapiti e di aiuti. L’attenzione alle notizie che venivano dall’Italia era permanente, notizie portate anche dai nuovi arrivati, nacquero i codici segreti per la corrispondenza, nacque il giornale antifascista “La voce degli Italiani” di cui mio padre era redattore, nacque il Soccorso Rosso al quale mia madre dette un sostanzioso contributo.  La nostra casa diventò luogo di smistamento, per la stampa e per i rifugiati.( …) L’uomo deve essere libero di pensare e di esprimersi. Non deve subire imposizioni alcune. La libertà è il bene più importante e prezioso.
Rosetta Banchieri riesce a rendere l’atmosfera che regna in una famiglia che talvolta patisce la fame ma è ricca: di amore, di ideali, di senso di appartenenza.
L’intervista [2] che ha concesso qualche anno fa si legge d’un fiato, con emozione. Poco importa che Rosetta collochi il confino del fratello esclusivamente a Ventotene: la foto non lascia spazio a dubbi.

La Via del Confino- dal progetto APPonza