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Perché

di Enzo Di Giovanni

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Quello che si è svolto l’altro ieri presso la sala consiliare è stato un incontro anomalo. C’era da presentare un libro, scritto a più mani, sotto la regia e la volontà ferrea di Giuliano Massari.  Il libro, che potete trovare a Ponza solo se avete voglia di cercarlo, è un omaggio alla memoria di Pierino Coppa.

Non un convegno, non un evento culturale ad ampio spettro, non una conferenza. Non so nemmeno se si possa definire un incontro. Eravamo in sostanza degli amici intorno ad un tavolo. Interessati, ma pochi.

È andata male, allora?
Sì, se si considera come target di riferimento quello degli “eventi” di gran moda in cui tra sponsor, patrocini e contributi vari si crea la vetrina giusta per discutere di… niente ed aggiungere punti al proprio pedigree sociale.

È andato bene invece, se andiamo alla sostanza delle cose. Se cioè partiamo dal presupposto di fare delle cose che possano avere un senso.

C’era un rischio – enorme – nel celebrare la figura di Pierino Coppa: quello di saccheggiare, di profanare la sua memoria per un inutile esercizio di retorica fine a se stesso… ed un indecente omaggio alla nostra vanità.
Fortunatamente, il senso della realtà ha evitato che ciò accadesse.

Qual è allora il senso di cui stiamo parlando?
Il senso parte dal titolo del volume: “Perché”.
È stato proprio il titolo a permettere la fluidità degli interventi, di Silverio Lamonica, del sindaco Franco Ferraiuolo, di Gino Usai, col sottoscritto a moderare.

Perché?
Pierino non è stato un personaggio illustre, di quelli che fanno epoca. Non era un notabile, un uomo di potere. Non è stato nemmeno un uomo di cultura. E probabilmente nemmeno un artista, anche se degli artisti ha condiviso molti aspetti: l’animo fragile e tormentato, il vivere ai margini, la ricerca ossessiva di un senso e di una bellezza per arrivare a trarne, probabilmente, rari momenti di pace o addirittura di felicità. La felicità – attraverso la pittura – di essere parte di un mondo da cui altrimenti era escluso.

Di più. Pierino è stato un personaggio scomodo; non certo di quelli da portare ad esempio in una società come la nostra, in cui la forma e la capacità di produrre ricchezza sono tutto.

Ma sto dicendo cose superflue, che ogni ponzese conosce, e su cui davvero non avrebbe avuto alcun senso né scrivere un testo, né a maggior ragione organizzare un incontro pubblico.

È stato proprio quel titolo, quel “perché“, a permettere tutto questo.
E su quel perché che ognuno di noi può costruire ed elaborare un proprio pensiero, un proprio ricordo, avere il coraggio di non girarsi dall’altra parte.

La comunità ponzese, tra le tante problematiche con cui deve misurarsi ogni giorno, ha anche qualche piccola fortuna come quella di essere un paese piccolo, in cui ci si conosce tutti, in cui l’uomo non è un elemento funzionale al paesaggio, ma antropologicamente vivo, integrato ed attivo.
Ma questa potenziale fortuna bisogna sapersela meritare.

Ricordare la vita – e la morte – di Pierino è un atto a cui non bisogna sottrarsi.

Lo abbiamo scoperto, partendo da quel perché, man mano che si susseguivano gli interventi. Soprattutto quello di Gino Usai, che ha tracciato un profilo di una famiglia e di una epoca, senza sconti e senza cadere in facili suggestioni letterarie.

Pierino “non siamo noi”, come qualcuno ha scritto in questi giorni su Ponzaracconta. Pierino “è con noi”, comunque si chiami, senza bisogno di essere additato. Lo vediamo tutti i giorni. Non possiamo solo sfiorarlo e sentirci a posto con noi stessi.

La nostra responsabilità è ben più ampia; dobbiamo condividere per conoscere, e conoscere per affrontare il disagio sociale, anche culturalmente, perché ci appartiene se vogliamo essere una comunità.

A questo è servito l’incontro del 29 aprile, a mettere a fuoco questa esigenza, ed essere stati in pochi in una atmosfera rilassata e partecipata, ha favorito questa consapevolezza. Al punto che ci siamo posti un obiettivo: partire da questa serata per organizzare un incontro davvero pubblico che possa essere un punto di partenza per obiettivi concreti, raggiungibili solo con una partecipazione più ampia possibile.
“Perché”?
Perché è necessario.

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