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La pizza de grandigne

di Rinaldo Fiore
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Nella mia memoria affettiva c’è un colore, il colore del sole, degli aranci, del granturco, era il colore della pizza di granturco: è diventato il mio colore, quello dei miei acquerelli; mi riscalda anche solo il vederlo, solo il pensarlo.
Degli anni della mia infanzia scorrono le immagini e il fruscio dei semi di grano, il profumo delle patate lesse o abbrustolite sotto la cenere, il rumore delle scarpe chiodate, la musica metallara della mazza sull’incudine, lo scorrere dell’acqua sorgiva dalle pozze alla base dei getti argentei da pareti pietrose.
Il fischiare del vento ululante tra spighe di grano rigonfie di semi, il canto dei cardellini sulle piume dei cardi: i ricordi son raggi di sole che nascono dal cuore e quelle lenzuola colme di grani di granturco stesi ad asciugarsi al sole d’estate coloravano via Felice Lonzi e gli sguardi dei passanti.

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Quel granturco si sarebbe trasformato in farina gialla che avrebbe nutrito i contadini, già allora nati poveri, una povertà tramandata, ereditaria… I contadini mangiavano la pizza di granturco come pane mentre noi facevamo il pane di farina di grano: io non sapevo la differenza e mangiavo quello che mi presentavano in casa, ma quando si faceva la “pizza de grandigne”, era una festa.
Nonna ogni quindici giorni infornava una quindicina di “panille de paene” e ogni volta li accompagnava con una pizza di granturco: quando era ancora calda e fumante la spartivano e allora accadeva “il miracolo”… appena spezzata la stanza era invasa da un profumo straordinario di mais e il vapore riscaldava le nostre lingue e il cuore.

La pizza di mais si prepara con farina di mais, acqua calda e un pizzico di sale per preparare una sfoglia di due-tre cm di spessore da fare al forno o sotto il coppo.
Confesso che fino a oggi non sono mai riuscito a rifarla, quella pizza…