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L’amore paesano ha caratteristiche proprie. Il sentimento che lega due anime all’interno di un universo che il mare separa ed unisce ad un tempo, presenta aspetti propri. Non ha, ad esempio, le fattezze che presenta quello nato in città. Qui l’amore fra persone è immerso in luoghi ricchi di relazioni, di occasioni. Si è inseriti in un universo che facilita l’isolamento affettivo e nel contempo lo avversa.
L’amore paesano sa di casereccio. Cresce fra stradine consumate fin da bambini, fra incontri familiari. Respira odori di cucina. Non di eventi, come quello cittadino.
Altro discorso occorre fare per l’amore che fiorisce fra persone di cultura diversa. L’amore internazionale. Questo è esaltato dalle usanze inconsuete, da luoghi che hanno avuto un intreccio umano nel quale occorre lasciarsi andare.
L’unione affettiva fra due coetanei e compaesani sa di pane e pummatore, segue un procedimento usuale, ripetuto tante volte anche se interpretato ogni volta. Occorre soltanto vivacizzarlo, non crearlo di sana pianta.
Ma perché mi sto attardando in queste considerazioni?
Beh, non lo nascondo, il parlare d’amore mette un frizzo al cuore. E anche nella mente. E poi, ai cuori stanchi come il mio, agita fermenti assopiti.. Non lacerano più, danno piacere.
L’amore paesano, lo vedo vibrare intorno con gioia prorompente, e mi è sembrato salutare parlarne. Avete capito bene: sto scrivendo per me, per provare piacere per me stesso. La qual cosa evoca il ricordo. Ho dovuto ricordare l’incontro che mi fece palpitare il cuore. E su quello si è costruita una unione familiare.
Ecco, il modello familiare detta le regole dell’amore paesano. Non lo sto esaltando, sto soltanto affermando che la società paesana, quella ponzese, trova nel modello familiare i suoi binari di scorrimento. Questo, nella generalità dei casi. La situazione oggi presenta variegati intrecci perché nemmeno una isoletta come Ponza è esclusa dalle influenze che nel mondo si elaborano. A più non posso.
Nella generalità dei casi l’incontro sentimentale fra due giovani a Ponza matura nel vicolo, nella strada, nel pub. Gli spazi ristretti, gli eventi sociali comuni, la comunanza delle abitudini propiziano gli incontri sentimentali.
E poi c’è una cornice naturale che aiuta. Il fulmine dell’innamoramento si avvale sia del desolante inverno sia dell’entusiasmante estate. Le serate domenicali buie e stringate riescono a trovare un senso nella partecipazione, negli incontri con gli amici, con quei compagni e compagne tra i quali un sorriso vale un battito di cuore, una stretta di mano vale un tuffo nell’ignoto e poi… e poi… c’è il mistero.
Oggi quel mondo lo sfioro, lo intravvedo lontano e accennato, ma sono sicuro che è invece agitato da turbolenze e procelle, come è sempre avvenuto per ciò che attiene alla passione, ai sentimenti di forte trasporto.
Ogni generazione viene segnata nel suo passaggio fra i malanni dell’amore in un modo particolare, legato allo ‘spirito del tempo’, alle mode, alle estemporaneità.
Talvolta tutto è condensato in un motivo cantato.
Negli anni ’60 a Ponza l’amore adolescenziale era racchiuso in questa canzone: Bimba isolana.
Testo e musica di don Luigi Dies, presentata ai giovani dell’Azione cattolica. Lirica di accennata poesia, in cui la donna, ancora bambina, faceva da faro per una crescita sana e solare. Il motivo, come sempre, facile e accattivante. La si cantava al pari delle canzoni sacre. E’ tutto dire.
Ah, dimenticavo… come non essere colpiti dai versi: bimba isolana – fata morgana… (con un’ allusione ad una visione magica) e poi ancora: il tuo mistero – stupendo e vero (con un rimando a qualcosa di irreale ).
Dopo di questa, altre canzoni hanno sottolineato il sentimento simpatetico fra adolescenti. Ricordo quella scritta da Tonino Esposito. Spero che la riproponga.
Ce ne sono altre di canzoni ambientate a Ponza o che trattano l’amore sull’isola. Prego chi ne è a conoscenza di presentarle.
E infine vorrei che qualcuno palesi la canzone che caratterizza oggi l’amore paesano.
Bimba isolana
Lucente come falda di cristallo
Tenace come roccia di basalto
Sono cent’anni e cento che su in alto
Risplendi al nostro ciel, fata morgana
Bimba isolana
Se bionda come il sol di primavera
Ti ridono due occhi fior di lino
Il tuo sorriso inebria come il vino
E tu per me sei sopra ogni altra cosa
Bella e preziosa
Bimba isolana
Fata morgana
Il tuo mistero
Stupendo e vero
È la tua fede
Che a nulla cede
È la tua fede che a nulla cede
Se bruna il color d’aurate spighe
Ti circonfonde il nero dei capelli
Tu serbi in fondo ai chiari occhi tuoi belli
L’ amor tenace e immenso del tuo mare
Che ti fa amare
Non solo statua o sol canto d’azzurro
Non sol bronzea bellezza qui tu sei
Bimba isolana dei bei giorni miei
Ma a me conservi amore e fedeltà
Vera beltà
Bimba isolana
Fata morgana
Il tuo mistero
Stupendo e vero
È la tua fede
Che a nulla cede
È la tua fede che a nulla cede
Qui la versione cantata in file mp3. Testo e musica di don Luigi M. Dies – arrangiamento e suono di Nino Picicco
Voce e coro di Nino Picicco, Antonio e Francesco De Luca
Immagini (dipinto completo e particolare). La Nascita di Venere di Sandro Botticelli, tempera su tela di lino (172 cm × 278 cm) databile al 1482-1485 circa. L’opera è attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze.