di Enzo Di Fazio
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Mercoledì pomeriggio siamo andati all’incontro con il prof. Adriano Madonna che, sul veliero-scuola la Signora del Vento di proprietà dell’Istituto Nautico di Gaeta, ci ha intrattenuti sul suo secondo viaggio fatto qualche mese fa alle Galapagos.
Non poteva esserci location più adatta per parlare delle meraviglie e dei misteri di questo angolo del mondo dove – come ha affermato Madonna – ogni studioso di biologia marina, e non solo, dovrebbe andare.
Un posto unico dove ci sono specie animali e vegetali che non si sono mai evolute e dove non si è mai verificata un’aggressione all’uomo da parte di un animale.
Nella saletta del veliero che ci ha ospitati con gli oblò alle pareti ed intorno tanti oggetti simbolo evocativi della storia dell’imbarcazione, Madonna ci ha parlato, nella sua abituale maniera accattivante e rigorosa allo stesso tempo, di come le Galapagos continuino a rimanere così com’erano da quando nel 1535 il vescovo di Panama, Tomaso de Berlanga, vi arrivò casualmente per via della bonaccia che lo mandò alla deriva spingendolo verso quelle spiagge.
In effetti il vescovo Tomaso rimase così negativamente impressionato da queste isole per la presenza di animali che definì mostruosi ed inavvicinabili al punto da fare una relazione dove disse all’imperatore Carlo V che si trattava di isole temibili ed invivibili.
Uno dei motivi, quindi, della conservazione di queste isole è la circostanza che l’uomo vi è arrivato tardi preservando per tanto tempo queste terre dalla follia umana e dall’inquinamento. A parte la grande distesa del Pacifico che le tiene distanti oltre 1000 Km. dalla costa occidentale dell’America del Sud.
Molto interessante la parte che Madonna ha dedicato al fenomeno dell’adattamento introducendo il concetto di DNA che interviene quando si parla di evoluzione, parola che ci rimanda a Darwin che aveva avuto una geniale intuizione dicendo che l’ambiente cambia la specie. Ma Darwin non conosceva il DNA che solo nel 1953, grazie agli studi di Watson e Crick scopritori della struttura a doppia elica, ci svela i segreti della vita. Si è così capito che non sono gli organismi più forti o più intelligenti a sopravvivere ma quelli che hanno maggiori capacità di adattamento, che vuol dire avere un DNA talmente flessibile da riuscire a far sviluppare più velocemente quei caratteri necessari per superare i mutamenti dell’ambiente.
Quando l’ambiente cambia il DNA emette nuovi caratteri necessari all’adattamento che si distinguono in letali e vitali. Se prevalgono i letali la specie è destinata a soccombere, se prevalgono i vitali la specie si evolve adattandosi all’ambiente.
La biologia molecolare lo spiega molto bene contrapponendosi con le sue scoperte al conservazionismo secondo il quale le specie sono tante quante l’Ente Supremo ne ha create.
Un ruolo importantissimo – ha continuato Madonna – per capire perché le specie animali delle Galapagos siano fatte così come le conosciamo lo hanno le condizioni climatiche delle isole, influenzate da uno dei due rami di correnti provenienti dall’Antartide, la cosiddetta corrente di Humboldt che essendo fredda limita anche le precipitazioni.
Infatti la vegetazione sulle Galapagos è scarsa (da qui la definizione di isole secche) e grande importanza assumono le mangrovie, piante che crescono anche in terreni fangosi e che garantiscono un ecosistema interessantissimo dal punto di vista biologico per le tante specie che nella loro area si riproducono.
Le mangrovie rappresentano il luogo nell’ambito del quale meglio che altrove si realizza la piramide alimentare dove ogni animale è predatore e preda.
Descritto l’ambiente il prof. Madonna ha cominciato a trattare, con la complicità di bellissime immagini, delle specie di animali endemiche che vivono alle Galapagos, delle loro abitudini e della straordinaria docilità che li contraddistingue.
La rassegna è iniziata con il pinguino delle Galapagos, lo Spheniscus mendiculus presenza strana all’equatore che si trova lì spinto dalle correnti fredde dell’Antartide. Una specie di piccole dimensioni, alta poco più di 50 cm, che si nutre esclusivamente di pesce e che si è adattato a vivere ad una temperatura media di 26°.
Abbiamo visto a seguire i leoni marini, sottofamiglia degli otoridi, così denominati dal greco otorion per avere un piccolo padiglione auricolare.
Si tratta di mammiferi adattati alla vita semiacquatica e sono un capolavoro dell’ingegneria della natura. Dotati di una forma aerodinamica raggiungono sott’acqua una notevole velocità. Rivestiti di una peluria sottile che serve per diminuire l’attrito con l’acqua, hanno tutto il corpo protetto da uno strato adiposo che li difende dal freddo. Fanno eccezione le pinne natatorie che ne sono prive e in cui si trovano delle arterie dotate di valvole che, al bisogno, si aprono per consentire l’afflusso di nuovo sangue ed evitare il congelamento.
Il sangue del leone marino contiene una emoglobina con un’alta capacità di legare l’ossigeno, il che gli permette di stare in apnea per oltre due ore.
Sono tra gli animali più evoluti esistenti in natura, organizzati secondo i principi della famiglia.
Socievoli, la loro presenza tra gli abitanti delle isole è frequente al punto da trovarli anche sdraiati su qualche panchina all’ombra quando è libera.
Vivono dove c’è la linea frangiflutti tra le rocce e la sabbia, territorio dove è possibile osservare un grande esempio di piramide alimentare.
Qui- ha raccontato il prof. Madonna- avviene di tutto.
Ci sono numerosissime mosche che infastidiscono i leoni marini ma ci sono anche le lucertole della lava (specie esistente solo alle Galapagos) che si mangiano le mosche. Così come ci sono le iguane anche loro vittime di una marea di parassiti che però vengono mangiati dai granchi rossi che, a loro volta, sono cibo prelibato per gli uccelli.
A proposito di uccelli molto interessante la storia degli amori della sula dalle zampe azzurre, un uccello marino che ha la peculiarità di utilizzare l’intenso colore azzurro dei suoi piedi palmati come mezzo per corteggiare la femmina.
E’ stato poi il turno dell’iguana marina, specie anche questa esistente solo alle Galapagos, evoluzione dell’iguana terrestre. Ha la coda appiattita che usa come remo, il naso appiattito per grattare sui fondali. La testa irta di spuntoni viene utilizzata per dare capocciate al rivale in amore… ma senza spargimento di sangue. Alla fine vince chi ha la testa più dura. Soffrono nei periodi in cui alle Galapagos arriva El Nino (da dicembre a febbraio) che porta una ventata di calore dannosa per le alghe di cui si nutrono. E soffrono a tal punto da ritrovarsi con lo scheletro ridimensionato per mancanza di calcio e vitamina D di cui le alghe sono ricche. Ma appena torna la normalità e le alghe si rigenerano le iguane ritornano a nutrirsi e a rafforzarsi come prima.
Quantunque di non gradevole aspetto, sono animali docilissimi che familiarizzano facilmente.
Spazio della relazione del prof. Madonna è stato riservato anche al mondo degli scogli di Golden Rock nei cui fondali c’è la biodiversità più grande del mondo con la presenza di stelle marine dei più svariati colori, di pesci di diverse specie, di tartarughe marine e di squali tra cui l’enorme squalo martello.
Infine l’ultima parte della trattazione è stata riservata alla testuggine gigante, l’animale endemico per eccellenza dell’arcipelago che ha dato il nome alle Galapagos e che è un po’ l’emblema delle isole.
Bestione di 250/300 kg. la sua deambulazione è lenta e difficoltosa per avere la colonna vertebrale saldata al carapace.
Interessante la riproduzione di questo animale che in base a dove depone le uova può scegliere se far nascere maschi o femmine considerato che il sesso è influenzato dalla temperatura.
Così se c’è bisogno di femmine depone le uova nella sabbia sotto il sole dove la temperatura è superiore ai 29°;
se c’è bisogno di maschi va a fare il nido tra le mangrovie dove la temperatura è al disotto dei 28°. Come fa la testuggine a stabilire se far nascere maschi o femmine? Tutto dipende dagli ormoni degli uni e delle altre che hanno un odore diverso e che la testuggine riesce a percepire attraverso l’uso di un organo che si trova sotto il palato, il cosiddetto organo di Jacobson dallo studioso che lo scoprì. Cosi accade che se la tartaruga percepisce l’ormone maschile in quanto prevalente nella popolazione in cui vive va a deporre le uova nella sabbia per far nascere le femmine e, viceversa, se percepisce di più l’ormone femminile va tra le mangrovie dove la temperatura è più bassa per far nascere i maschi. E questo ingegnoso sistema assicura la perpetuazione della specie.
Miracolo della natura, miracolo delle Galapagos. Ecco perchè il prof. Madonna quando parla di queste isole ama sempre chiudere il suo intervento dicendo che “Le Galapagos sono un libro aperto dove si possono leggere le pagine della vita”.
E anche noi, in quella piacevolissima ora, ascoltandolo, è come se avessimo letto qualche pagina di quel libro.
Aggiornamento del 9 apr. 2018
Vedi il commento di Sandro Russo, che allega questa immagine e la relativa didascalia:
Libro-Catalogo della mostra su Darwin, in corso proprio in questi giorni al Palazzo delle Esposizioni di Roma (12 febbraio – 3 maggio), in occasione del bicentenario della nascita: 1809-2009. La Mostra è stata curata da Niles Eldredge, Telmo Pievani e Ian Tattersall.
Sandro Russo
9 Aprile 2018 at 09:58
Grazie a Adriano Madonna e a Enzo Di Fazio per la interessante conferenza dell’altro giorno e il completo articolo su di essa.
Ad essi ho partecipato per iscritto le mie esperienze di un viaggio in Madagascar che sul versante botanico anche a me ha fatto pensare ad un ritorno “al mondo così com’era”, all’alba della creazione. Tra l’altro raccontavo di come la presenza di Darwin fosse stata immanente per tutto il viaggio, per la grande variabilità delle specie viste e degli adattamenti messi in atto ai fini della sopravvivenza.
Infatti dal punto di vista geologico il Madagascar è un’enorme massa di terra che circa 140 milioni di anni fa si è staccata dall’Africa, con tutto il suo carico di vita, piante, animali, che da quel momento in poi hanno preso una diversa strada evolutiva; quindi tutto richiama qualcosa di già visto, ma ne è allo stesso tempo differente…
Una terra affascinante e un laboratorio dell’evoluzione en plein air, se un botanico francese – tal Philibert De Commerçon – partito nel 1776 per la spedizione di circumnavigazione del globo di Louis Antoine De Bougainville, sulla via del ritorno si fece lasciare in Madagascar e non tornò mai più in Francia.
Nell’isola si diede ad un’opera forsennata che lo portò a classificarne tutta la flora in breve tempo, prima di morire a soli 43 anni. Un hippie ante-litteram, potremmo considerarlo, da quel che scriveva ad un suo amico a Parigi: “Difficile, quando si è al cospetto di tesori così ricchi, generosamente sparsi su questa terra fertile, non sentire pietà per quei poveri teorizzatori che passano la vita nel chiuso delle loro stanze a escogitare vane sistematiche…” .
E poi – raccontavo ad Adriano e ad Enzo – dal Madagascar ho avuto anche un’ultima sorpresa…
Torno da un viaggio ‘darwiniano’ e cosa trovo a Roma? Una affascinante e ricca Mostra su Darwin, al Palazzo delle Esposizioni, che celebra il bicentenario della nascita dello scienziato…
Locandina della mostra e didascalia, allegate all’articolo di base.
Silverio Guarino
11 Aprile 2018 at 00:03
Non vi sembra che l’immagine di Darwin del libro-catalogo riportato da Sandro Russo assomigli in modo strabiliante a quella di Adriano Madonna? (…a forza di frequentare le Galapagos…)