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Riceviamo in redazione e volentieri pubblichiamo (in due puntate) un ricco e inusuale reportage del viaggio che Giovanni, insieme ad altri amici che conosciamo, ha effettuato nella primavera dello scorso anno.
Giusto un anno fa, dopo circa 8 mesi di intensa preparazione, stavamo partendo per il “viaggio”! Era la 9a volta che decidevamo di andare in africa subequatoriale. Stavolta Namibia, Botswana e Sudafrica passando per i tre parchi nazionali dell’Etosha in Namibia, del Caprivi Game Reserve e del Mamili lungo il dito di Caprivi e poi Xhai Pan in Botswana ed infine, “last but not least”, il parco transfrontaliero del Kgalagadi tra il Bostwana ed il Sudafrica.
4mila km in 20 giorni i quali, grazie all’intervento di nostra figlia Anna ecobiologa e conoscitrice di quei posti avendo vissuto tre anni a Durban per un PhD presso l’Università locale, diventavano sempre più wild: self drive, tenda in testa, 4×4 da sabbia e da camping, nessuna indulgenza alle comodità: solo sabbia, tenda, brai (barbecue locale), stelle e poca civiltà.
Per fortuna Nanni, coinvolto con Grazia loro malgrado, si dota di Tracks for Africa una mappa molto dettagliata delle peggiori piste che attraversano quelle zone.
Arriviamo a Windoheck con un volo Etiophian via Addis Ababa e lì ci vediamo con il resto dell’equipaggio oltre a me e Mariolina, Nanni nella qualità di navigatore tesoriere, e Grazia c’erano Anna, Enrico infaticabile, Giulia e Federica expatriates in Irlanda. Appena possibile prendiamo le due Toyota Hi-lux superattrezzate e partiamo per l’avventura.
Etosha e poi verso l’Okavango a Popa Falls dove la piscina è una gabbia annegata nel fiume per difendersi dai cocco e dagli hippos. Anche il bagno è open air ed il letto (per noi vecchi) è una palafitta ricoperta di canne.
Poi verso le Cascate Vittoria percorrendo tutto il dito di Caprivi che è una stretta lingua di terra tra l’Angola ed il Botswana che appartiene alla Namibia, frutto di un assurdo accordo tra inglesi e tedeschi al termine delle guerre tribali della fine dell’ottocento delle quali i nostri cugini europei hanno come al solito approfittato imponendo la “loro” pax. Infatti sia il Botswana che la Namibia sono molto ricche di diamanti e oro. Il dito avrebbe dovuto garantire l’accesso anche ai tedeschi al fiume Zambesi e quindi, teoricamente, anche all’Oceano Indiano.
La zona è tutta zona parco ed è continuamente attraversata da enormi branchi di elefanti che scendono dall’Angola verso il delta dell’Okawango per passare la stagione secca.
Il Delta, attorno al quale noi abbiamo girato, rappresenta un luogo unico al mondo e particolarmente magico. A parte la sua dimensione (é poco più grande del Lazio), è l’unico fiume che sfocia nel deserto e lì si ferma: non arriva infatti nell’oceano ma evapora! Scorrendo tra le dune di sabbia crea una vegetazione impressionante ed ovviamente tutta questa abbondanza di acqua attira moltissimi erbivori e di conseguenza i loro attentissimi accompagnatori: i predatori. Insomma un Eden.
E poi Cascate Vittoria, Mosi-oa-Tunya o Fumo che Tuona, là dove ci fu il famoso incontro tra Livingstone e Stanley nel quale quest’ultimo incontrando Livistone ormai morente lo salutò con la famosa frase “Mister Livingstone I suppose”: molto british!
Victoria Falls vale un viaggio! Io ci sono stato due volte ma potrei ripartire subito. E’ un posto straordinario dove, anche se c’è il sole e fa caldo, piove sempre: è tutta l’acqua, l’umidità ed il vapore creato dal salto di più di 100 metri in una stretta gola del fiume. Nella passeggiata di oltre due Km che si svolge lungo la sponda ovest è meglio andarci con una cerata fino ai piedi o in costume da bagno! Quest’anno poi il fiume era molto pieno e lo spettacolo era veramente straordinario.
Fortunatamente la stagione della piogge stava finendo ed il tragitto verso Xhai Pan è stato facile a parte un piccolo problema di esondazione di circa 2 km che ad un certo punto aveva invaso la strada e non era possibile attraversarla. Per fortuna gli africani sanno arrangiarsi e sul posto abbiamo trovato due carri attrezzi che con 25 euro ciascuno ci hanno “traghettato” dall’altra parte. Manco a Napoli un servizio migliore, efficiente e a poco prezzo!
Xhai Pan è un lago salato ormai asciutto. Infatti nel paleolitico la zona desertica del Botswana era completamente coperta da laghi alimentati dai grandi fiumi proveniente dalla foresta pluviale dell’Angola. Okawango, Zambesi, Chobe e Limpopo riempivano stagionalmente infatti le depressioni formando specchi d’acqua, alcuni molto vasti, sciogliendo i sali contenuti nelle sabbia e creando una vegetazione ed una fauna uniche al mondo.
Poi forse a causa della diminuzione delle piogge e qualche manina umana non sempre attenta alle esigenze della natura, hanno cambiato i flussi e quindi i laghi si sono asciugati creando vaste depressioni desertiche salate che però non hanno colpito la vegetazione e quindi la catena alimentare degli animali.
In mezzo a questo strano paradiso un posto magico è Baine’s baobab dove un vecchio esploratore, appunto Baine, ex assistente di Livingstone, alla fine dell’800 si fermò e dipinse un famoso quadro.
[Kalahari express (1) – Continua]
Nanni
2 Aprile 2018 at 13:59
Viaggio indimenticabile!
Una nota come navigatore: degli oltre 4.000 km percorsi circa 1.000 km sono stati su sterrato e circa 100 km su sabbia.
Nanni Raddi