Attualità

Un evento… Pasqualino

di Peppe Bonlamperti

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Quando si parla di Avvento, la mente di tutti noi cattolici va al tempo che precede l’arrivo del Bambinello, e allora, come consiglia Monsignore, siano placati gli animi, si tenga la lingua al suo posto, ci sia cibo per tutti i poveri e i deboli, siano raddrizzati i sentieri che conducono a soluzioni tragiche, tacciano le armi, e così sia…

Ma a Pasqua chi deve arrivare?

Nella famiglia allargata di Peppe, appena si comincia a sentire il tepore della Pasqua, comincia ad aleggiare un’atmosfera un po’ strana, quasi surreale, come se di colpo ci fossimo dimenticati di tutte le discussioni animate vissute per un nonnulla, come accade regolarmente in tutte le famiglie.

Nel frattempo ci accorgiamo che è passato febbraio, e, appena s’intiepidisce l’aria, come se fosse proprio il freddo ad acuire i problemi, le polemiche si placano, il tono di voce diventa più colloquiale e per giunta arriva anche qualche gentilezza.

Chi non ci conosce, resterebbe talmente frastornato da diffidare di ogni cosa, aspettandosi la botta da un momento all’altro. Ma il motivo di tutto ciò c’è ed è anche tangibile e profumato. Peppe, con tutti i suoi difetti, è al momento l’unico componente della famiglia allargata che sa fare i casatielli.

Da almeno 25 anni non ha mai mancato di farli una sola volta, migliorandone ogni anno la qualità, l’aspetto e il caratteristico profumo; e ne ha anche insegnato i segreti alla moglie Pasqualina, cosicché lei ora ci mette abbondantemente del suo per “perfezionare” il prodotto.

Quest’anni i casatielli li abbiamo fatti il 21 marzo, il primo giorno di questa fredda primavera che sembra voler interrompere la tradizione di una temperatura mite. Verso le nove del mattino si è messa all’opera l’intera famiglia composta dal sottoscritto, dalla consorte Pasqualina e da Francesca, la figlia diciottenne, manipolando gli ingredienti già pronti, compreso il criscito preparato già dalle 7,30 del mattino.

La scrupolosità di Pasqualina garantiva la corretta rottura delle 60 uova e soprattutto evitava che i frammenti dei gusci finissero nell’impasto mescolati ai 2500 grammi di zucchero, al chilo di sugna, all’essenza e alle bucce d’arancia e di limone grattugiate. Infine la parte più delicata: l’aggiunta graduale della farina, rigorosamente Manitoba.

Terminata l’operazione, entra in gioco il forte braccio di Peppe, autentica impastatrice naturale. Le braccia ben lavate fino al gomito e le unghie spazzolate fino a diventare trasparenti, pena l’allontanamento in tronco dalle operazioni da parte del “generale Pasqualina”…
Inutile dirvi il dispendio di energie di questo giovanotto settantenne man mano che i chili di farina si aggiungevano all’impasto fino a renderlo omogeneo e compatto e con l’aspetto di una bella pagnottona che non si attacca più alle mani.

Il compito della scalpitante Francesca è quello di ungere con la sugna i ruoti di alluminio che di volta in volta il buon Peppe provvede a riempire formando delle trecce con l’impasto.

Segue una lenta lievitazione e la successiva cottura, operazione quest’ultima affidata in esclusiva alla sapiente opera di Pasqualina, fino a che, piano piano, l’aroma del casatiello si diffonde per la casa.
Dopodiché, come recita un antico adagio, “molti monaci (ponzesi e non) verranno al convento” seguendo il profumo dei casatielli…!

Buona Pasqua da Peppe Bonlamperti

3 Comments

3 Comments

  1. Jenny

    26 Marzo 2018 at 20:14

    C’è una ricetta molto ponzese? La mia mamma dice che la mia bisnonna Maria Mazzella che era di Ponza faceva un pane così. Ma non abbiamo la ricetta.

  2. La Redazione

    26 Marzo 2018 at 20:58

    Possiamo solo chiedere a Peppe, casatiello-maker di lungo corso, di fornirci la ricetta dettagliata del suo casatiello ponzese, che non è un pane ma – insieme alla pastiera – il vero dolce pasquale!

  3. Luisa Guarino

    26 Marzo 2018 at 22:03

    Ho “scoperto” che il nostro casatiello ponzese… è solo nostro, poiché per i napoletani e i campani in genere lo stesso nome viene dato a una sorta di torta rustica arricchita tra l’altro con uova sode, salame e altri salumi. A casa mia, dopo mia nonna Fortunata, nessuno più ha fatto il casatiello, che pur nella sua semplicità a me piace moltissimo. D’estate qualche volta lo trovo al forno della Russiell’, a Giancos. Pochi giorni fa ho “scoperto” a Latina una pasticceria che lo fa e l’ho ordinato per Sabato Santo. Vi dirò poi com’è andata. Guardando le foto del dolce ho da fare due osservazioni: la forma tradizionale non è con il buco in mezzo, ma compatto e chiuso, proprio come un panettone; inoltre non è ricoperto né dalla glassa né dai “diavolilli”. Magari così sarà pure più bello a vedersi… ma non è quello originale. Buon casatiello a tutti.

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