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Nel segno delle donne (3)

di Pasquale Scarpati

 

Le immagine sullo schermo continuano a scorrere…
Ecco apparire un’umile donna la quale, armata soltanto della penna, induce qualcuno molto più in alto di lei a ritornare alla sua sede primitiva e naturale da dove si era allontanato per inseguire vani sogni. Anche questo avvenimento avrà conseguenze per il futuro del Mondo.

Caterina da Siena (1347 –1380) e il papa Gregorio IX che torna da Avignone a Roma

È Santa Caterina da Siena che, diciamo, soltanto con le lettere fece ritornare da Avignone il papa a Roma. Da quel momento il potere temporale dei papi si rafforzò. E sappiamo tutti quale peso ebbe lo stato pontificio sulla politica e sugli eventi italiani ed europei.

A distanza di alcuni decenni, in un paesaggio punteggiato da castelli e da città di alte mura e torri, si combatte una guerra lunga e sanguinosa, senza quartiere, in cui una nazione proveniente dal mare, sta per stritolare e far scomparire un’altra. Ma ecco una giovanissima e umile donna, spingere l’esercito, impaurito e demoralizzato, ed il re, deluso e pauroso, a riscattarsi, a combattere contro l’oppressore, per cui nel volgere di pochi anni tutto il territorio è liberato, influenzando in seguito tutta la storia del nostro Continente.

Sì, si tratta di Giovanna D’Arco la pulzella d’Orleans (Jeanne d’Arc, 1412 -1431) eroina nazionale francese, venerata come santa dalla Chiesa cattolica, ed il re è quello del suo tempo (Carlo VII). Chi avrebbe mai detto che una contadina, spinta solo dalle sue “visioni” avrebbe sconfitto l’agguerrito esercito inglese ed i suoi alleati? Così da quel momento la Francia può, cominciare a sedersi nel novero delle potenze europee. Solo che la pulzella, tradita e venduta agli inglesi, pagò con la morte sul rogo la sua eroica impresa

Jeanne d’Arc. Di François Chifflart (1825 – 1901)

Ancora un salto temporale… Dopo che le piazze si erano macchiate di sangue ed i cesti si erano riempiti di teste mozzate, ancora una donna profonde tutte le sue energie ed i suoi “buoni uffici” per far assegnare ad un giovane generale, piuttosto sconosciuto, un’armata, la più scalcinata, che nessuno osa comandare. Chi avrebbe mai detto che quell’oscuro generale sarebbe divenuto uno dei più grandi condottieri della storia, se non il più grande? Colui che avrebbe sovvertito l’ordine costituito ed avrebbe seminato per l’Europa morti e distruzioni ma anche idee innovative?

Giuseppina imperatrice dei francesi. Ritratto di François Gérard (1808)

Giuseppina di Beauharnais (1763 –1814), è stata la prima moglie dell’imperatore Napoleone I dal 1796 al 1809. Come tale, fu imperatrice dei francesi dal 1804 al 1809 e regina d’Italia dal 1805 al 1809. Giuseppina Beauharnais, essendo stata l’amante di Barras (capo del Direttorio) spinse costui a dare il comando dell’armata d’Italia, scalcinata, a Napoleone (1796). Nessuno voleva il comando di quell’armata, perché quella più importante era stata dispiegata sul Reno. Senonché, mentre quest’ultima stette inoperosa, quella di Napoleone spazzò via, in Italia, eserciti austriaci ed i loro alleati.

Le immagini successive ci portano ad alcuni anni dopo di quegli avvenimenti, quando una giovane donna deve letteralmente sacrificarsi perché è costretta a sposare un uomo non solo di età molto più grande di lei ma di carattere diametralmente opposto. Ostinatamente non vuole, ma deve piegarsi ai voleri paterni e alle ragioni della politica: deve far tacere il suo cuore.

Nel 1859 Maria Clotilde di Savoia figlia primogenita di Vittorio Emanuele II andò in sposa a Gerolamo Napoleone nipote di Napoleone III, imperatore dei francesi. Quel matrimonio non fu “un fatto marginale”, ma permise a Girolamo (con gli accordi di Plombières) di andare andare a governare l’Italia centrale liberata dal granduca di Toscana e in parte dallo stato pontificio (si sarebbe presentato quindi come un principe “italiano”, avendo sposato una principessa della casa Savoia). Questi fatti sono spesso sottaciuti forse perché si pensa che la Storia sia stata fatta quasi esclusivamente dagli uomini, o che sarebbe riduttivo (o addirittura oltraggioso per il “comune sentire”) che alla base di tutto quello che è accaduto in seguito ci sia stato il sacrificio di una sedicenne.

Intravedo qualcosa nel filo conduttore, ma mi è ancora difficile capire.
Mi chiedo: ma che razza di collage è questo? Che senso ha?
Non ho tempo di riflettere, non c’è intervallo, la proiezione prosegue senza sosta, sembra quasi che chi proietta abbia fretta di finire. Si passa da un’epoca ad un’altra, velocemente, ma sembra che tutto ruoti intorno ad un unico concetto.

A questo punto le immagini diventano corali. Si vedono donne vicino ai fornelli, a spazzare per casa tra stoviglie e secchi d’acqua e bambini che corrono di qua e di là o a lavare e vestire gli stessi mentre piangono o sorridono. Le stesse donne poi vengono riprese in camice bianco, o in tuta da lavoro o in mezzo ai campi o con una borsa capiente in cui sono custoditi fogli o documenti. Ma le immagini si soffermano lungamente prima su una smorfia di dolore e poi su un sorriso che accompagna la bocca spalancata di un batuffolo che, tremolante, a braccia aperte, aspetta tenerezza e conforto. Nulla di più bello di una donna che, amorevolmente e dolcemente, fa poggiare il corpicino sul suo seno: tepore e conforto per tutti! Anche per quelli a cui è concesso solo poter partecipare; essi, infatti, sembrano avvertire il calore del cuore e dei sensi.

Queste immagini, però, il regista le manda sfocate, come documentari di altri tempi, in bianco e nero e senza suono.
A volte le accelera tanto che passano come un “attimo fuggente”. In un primo momento rimango un po’ perplesso, poi credo di intuire il perché di questa presentazione in po’ particolare: credo che ciò che ci circonda spesso lo vediamo sfocato e senza voce. L’immagine non ci appare nitida, eppure esiste: è viva e operosa, possiede suoni e contorni ben definiti. Ma spesso, per la fretta o per altro, non la vediamo, e galleggiamo in superficie come secchi vuoti facilmente trasportati dalle correnti e dai venti. Allora la brutalità prende il sopravvento perché gli occhi – anche e soprattutto quelli della mente – restano impermeabili a quel che vedono. Non abbiamo, pertanto, a pieno la percezione delle cose: tutto ci sembra che passi come un fatto scontato, come cose già viste, ripetute e quindi vuote, stereotipate. Quando, invece, è una continua meraviglia: è sempre una novità perché è sempre un divenire che incomincia, guarda caso, dalla donna!
Se, invece, ci fermassimo un momento e riflettessimo, ci renderemmo conto che tutto passa talmente in fretta da sembrare un sogno! E che è bello afferrare a piene mani ciò che di buono ci è stato dato, astenendosi dalle brutture di qualsiasi natura!
Comincio a capire il senso globale di questo strano racconto cinematografico.

Ma il regista, a noi piccoli piccoli abbarbicati materialmente e/o moralmente ad un minuscolo scoglio, ha voluto riservare un’ultima sorpresa.

Sullo schermo appare la bella figura di una donna dai tratti volitivi che induce il marito imperatore, pavido e tremante, a rimanere al suo posto mentre fuori dal palazzo imperiale infuria la rivolta. Gli salva il trono e forse la vita. Ciò gli consentirà, in seguito, di tramandare per iscritto, tutte le antiche leggi, emanate, manco a dirlo, dai successori di quei bimbi sottratti alle acque pericolose dei due fiumi. Queste sono alla base dei nostri ordinamenti. Così la Storia si ricollega!

Teodora è la moglie di Giustiniano (527- 565 a.d.), imperatore dell’impero romano d’Oriente. L’imperatrice Teodora, rappresentata su un quadro di Jean-Joseph Benjamin-Constant, nel XIX secolo

Nella sua ostinatezza, però, fa martirizzare un uomo, inerme nel fisico ma fermo nello Spirito e pugnace, il quale non aveva voluto sottomettersi ai suoi comandi. Ma, proprio a causa del suo martirio, Costui, pur nella brevità del suo alto mandato, è stato una pietra angolare non solo dell’ortodossia cattolica ma anche della nostra civiltà.

L’imperatrice Teodora in un particolare dei mosaici della basilica di San Vitale a Ravenna

Dal Martirologio Romano (ed. 2005):
“2 dicembre – Nell’isola di Palmarola, transito di san Silverio, papa e martire, che, non avendo voluto ristabilire Antimo, vescovo eretico di Costantinopoli deposto dal suo predecessore sant’Agapito, fu per ordine dell’imperatrice Teodora privato della sua sede e mandato in esilio, dove morì dopo molte tribolazioni”. 

Si accendono le luci e parte un applauso scrosciante che dura tanto fino a che le mani non diventano rosse.
Qualcuno chiede il “ bis”.
Non si può né è concesso.

Compare Barbette con il suo ineffabile sorriso, apre le porte, ci invita ad uscire e a riprendere i nostri passi.
Tutto mi si è palesato.
Pasquale

 

Nota
Sul testo base di Pasquale Scarpati gli inserimenti delle immagini e i necessari chiarimenti storico-artistici – in corsivo – sono in parte dello stesso Autore, in parte a cura della Redazione

[Per la prima parte del racconto di Pasquale Scarpati, leggi qui]
[Per la seconda parte del racconto di Pasquale Scarpati, leggi qui]

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