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Epicrisi 162. La memoria corta

di Rosanna Conte
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Tutto il mondo è paese!
E il comportamento elettorale dei cittadini dello Sri Lanka [2] – come ci racconta Domenico – che hanno votato per la rielezione di un presidente noto per le violente repressioni e la fama di incamerare illecitamente ricchezze personali, non può scandalizzarci più di tanto. Come quello del presidente israeliano Netanyahu che rifiuta di dimettersi perché, da giudice di se stesso, si ritiene innocente.

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Per noi è tutto déjà vu, e qui in Italia siamo talmente abituati che, pur sapendo di avere un delinquente abituale incandidabile per legge che va in giro a proporre un programma demagogico che danneggia chi poco ha e arricchisce chi già possiede, vi sono cittadini che poco o nulla hanno i quali pensano debba essere votato.
Senza contare i tanti impresentabili candidati in quasi tutti i partiti, già condannati in primo o secondo grado o sotto processo. Ad ogni elezione il loro numero aumenta e ci siamo talmente abituati a vederli in tv a parlare di fare leggi – loro che le hanno infrante -, di risolvere i problemi delle persone – loro che hanno pensato solo ad impinguarsi con il denaro dei cittadini -, ad accusare gli avversari di altri partiti di colpe che, a differenza delle loro, non sono reati, che ormai non ci facciamo più caso.

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Allora veramente abbiamo la memoria corta?
Pare di sì se le promesse elettorali che sentiamo in questi giorni sono in gran parte le stesse che ci sono state ripetutamente fatte nell’arco di oltre un ventennio.
Ovviamente molte di queste non erano appetibili per tutti, ma vengono tuttora ripetute come se non fosse passato il tempo, come se i politici non avessero avuto la possibilità di realizzarle pur avendo governato. Per mascherare la ripetitività ne aggiungono altre più mirabolanti sempre inserite sulla stessa scia del taglio alle tasse, dei bonus, dei posti di lavoro.
Si può perciò capire l’elevato tasso di astensione che si profila anche in questa tornata elettorale, tanto più che il dilagare delle fake news contribuisce con una buona dose di cinismo, come scrive il sindaco Ferraiuolo [5], a confondere le idee.

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Normalmente per le elezioni politiche e regionali che propongono candidati sconosciuti o mediati dall’informazione non siamo mai pienamente sicuri di dare un voto meritevole, ma questa volta a livello regionale, come sottolinea Franco De Luca, c’è un ponzese [7]. E’ un’occasione particolare: possiamo parlargli direttamente, confrontarci con lui e discutere già prima del voto, come nell’incontro di sabato sulla pesca [8]. Ne conosciamo gli aspetti positivi, come correttezza, onestà e abnegazione, e quelli negativi, come l’irruenza.
Ma al di là di ciò, credo che, senza dare ascolto a illazioni o a richiami ideologici, dovremmo essere in grado di comprendere che, nel caso venga eletto, possiamo instaurare tramite lui una relazione diversa col lontano mondo delle decisioni, impostata sul problema concreto a cui dovrà rispondere guardandoci in faccia, con la “carta” e non con le “intenzioni”, come scrive Giuseppe Mazzella di Rurillo [9], il cugino ischitano.

Del resto nessuno, finora, ha risposto al povero Giggino disperato [10], privato del diritto alla mobilità. E tanti sono i problemi di cui si attende da tempo una soluzione che rispetti i diritti dei ponzesi in quanto cittadini e custodi della loro isola.
Allora bisogna recuperare l’immagine, proposta da Franco De Luca, del ponzese teso a curare amorevolmente e con tenacia la propria terra [11] perché, in questa tornata elettorale abbiamo un’occasione che non si ripresenterà facilmente e sarebbe non solo opportuna, ma necessaria, una confluenza di intenti nella volontà di risollevare l’isola.

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Forse ci servirebbe un po’ della follia visionaria di Antonio De Luca [13] o la forza liberatoria delle canzoni di De André [14] per tirarci fuori dal particolarismo dell’interesse personale e dalla meschinità della lotta partitica quale è oggi il confronto politico.
Ma ci può essere anche una strada suggerita dalla logica, dal buon senso: evitare di dare il nostro voto a chi fa dell’aggressività comunicativa il proprio strumento di propaganda. E non è solo questione di civiltà, ma di non condividere lo scarso rispetto per le persone e per l’intelligenza altrui.
Franco De Luca invita al rinnovamento con la poesia (leggi qui [11]e qui [15]), e questa settimana ne abbiamo diverse, anche di Heinrich Heine [16] e di Sainte-Beuve [17], grazie a Silverio Lamonica.

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Rinaldo Fiore, con una narrazione semplice e succosa, come i pranzi buoni della sua mamma [19], ci offre dei percorsi a ritroso attraverso la cucina e i mestieri della sua terra coinvolgendo noi ponzesi nel cercare somiglianze e differenze che ci possano dire quanto siamo tutti italiani e quanto siamo anche diversi tra un campanile e l’altro.
Ma principalmente ci fa percepire il calore dell’infanzia, facendoci approdare al mondo dell’innocenza [20] da cui sono bandite ogni manipolazione ed ogni offesa.
La lettura dei ricordi di Rinaldo Fiore ci aiuta a recuperare sensazioni ed atmosfere improntate alla semplicità ed all’autenticità [21], così lontane dalla violenza degli animi e dal cinismo imperanti.

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Di “memoria” [23], alla prova degli anni, tratta anche una relazione di Giuseppe Mazzella del 2009, invitato proprio dall’omonimo ischitano a tenere un breve discorso per l’occasione di una Mostra Fotografica tenuta a Villa Arbusto, a Lacco Ameno d’ Ischia.

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Silverio Lamonica prova a guardare alla protesta delle mamme di Ventotene [25]suggerendo un’apertura di dialogo fra le parti, come del resto sta avvenendo a Monte San Biagio per la questione della pericolosità dell’antenna telefonica [26] (leggi anche qui [27]: in Rassegna Stampa del 15 febbraio scorso). [28]
Purtroppo pare che il dialogo costruttivo stia diventando sempre più sconosciuto ed è difficile veicolare l’idea che si possa dialogare senza che ne escano alla fine vincitori e vinti.

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La smemoratezza, una volta in cammino, non si ferma e insieme ai fatti e alle buone maniere trascina con sé anche ancoraggi importanti della vita comune, come la relazione.
E questa è una grande perdita. [30]