Ambiente e Natura

Su e giù per Ponza (7). Il coniglio alla fornese

di Francesco De Luca

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Al supermercato incontro Enzo, Enzo ’u terracinese. Stavamo acquistando il pane quotidiano.
Mi dice l’amico: – Ieri mia moglie ha cucinato il coniglio, me so’ addecriato ”
– Come l’ha fatto… “alla fornese”
– ho risposto io.
– Beh, con questi comprati non ci si può aspettare tanto… sono teneri e si spappolano presto…

Sono andato celermente con la mente a quei conigli che si mangiavano a Le Forna. Erano allevati in casa e la carne era soda. E poi… cucinati col sugo stretto stretto, scuro per il lungo tempo di cottura. Una specialità propria delle famiglie di Le Forna.

A fine festino, verso le due, dopo tutta la serata passata a suonare, cantare, a mangiare dolcetti e bere spumante, ai suonatori spettava la cena.

Mario Iozzi, Luciano Gazzotti, Nino Picicco e Sem: i componenti del complessino musicale. Allora giovani e pieni di entusiasmo.
Gli strumenti erano stati smontati e pronti per essere portati a spalla sulla strada asfaltata dove attendeva il furgoncino. Da giù al Campo, per quel sentiero inerpicato che sbuca di fronte alla cappella votiva, sul Campo Inglese.

Ma prima c’era la cena… con l’appetito della gioventù, della carne che cresce. Le donne solerti invitavano a ingozzarsi perché le nozze dovevano essere propiziate dall’abbondanza. “Mangiate ’uagliù …”.

Gente di mare che campava col lavoro degli uomini sulle barche mentre gli impegni domestici li compivano le donne. Gente di cuore, generosa e ruvida.

Oramai stanchi e sazi, ma al coniglio non si diceva di no. Sem e Nino, un’occhiata complice, e poi a capo chino a divorare le coscette perché lasciarle era ’nu peccato ’i Ddio.

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