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Pillole elettorali (3). La partecipazione e la condivisione
La politica è partecipazione e comunione d’intenti. La politica sono gli affari della polis. Sembra che si attui questo assunto ma solo durante il periodo elettorale. In tale frangente cade su tutto e tutti una strana pioggia, fitta fitta. Strana perché è formata da tantissimi pezzetti di carta simili ai coriandoli. Su questi pezzetti sono scritte tantissime frasi ad effetto soprattutto con il verbo al futuro. Ma come, passata la festa, si tornava alla dura vita quotidiana fatta di sacrifici e rinunce, così, dopo la competizione elettorale, poche volte i verbi scritti al futuro sui pezzettini di carta vengono coniugati al presente ed i piccoli lecca lecca non solo si esauriscono presto ma finiscono anche con l’essere bilanciati se non totalmente soppiantati da pietanze amare o per meglio dire salate. Alcuni, scettici o “navigati”, pensano di protestare contro questo stato di cose, astenendosi dal recarsi ai seggi elettorali. È vero che è difficile scegliere, anche perché viene data soltanto una scelta limitata. Nel momento delle elezioni non è data facoltà di scelta del candidato nell’ambito di un partito o movimento politico se non quello imposto dall’alto. Però si dà il caso che ogni candidato abbia scelto il collegio che più gli conviene! Anzi una persona sogghignando ha detto: “In fondo vi è un paradosso. Al tempo, infatti, in cui moltissime persone erano del tutto analfabete (per cui apponevano la loro firma con una croce) o semianalfabete, era data facoltà agli elettori di scegliere tra ben 4 candidati di una medesima lista (sia pur sotto forma di numeri). Gli elettori con mano tremolante, quindi, si affannavano a scrivere sulle schede i numeri, ragion per cui nelle cabine impiegavano tantissimo tempo e di conseguenza la fila ai seggi era molto lunga; ora che tutti sanno firmare, gli elettori sono costretti a porre sulla scheda elettorale soltanto una crocetta, alla stregua degli analfabeti!” Così va il mondo! Un altro, avendo udito questa “curiosa” considerazione, ha aggiunto: “Eh no, oggi tutti vanno di fretta e neppure nei seggi elettorali si può perdere tempo; pertanto facendo apporre soltanto una crocetta, senza preferenze, hanno pensato, di affrettare la scelta e far scorrere la fila al seggio più velocemente!” Bella arguzia! Chissà dove si nasconde la verità! Si diceva che alcuni, presi da rancore o sentendosi defraudati nella libera espressione, pensano di non andare a votare cioè di non andare a scegliere. Una persona molto scettica che ascoltava queste stramberie ha aggiunto: “Nei momenti di crisi, difficilmente si riesce a trovare la buona merce. Essa infatti o è poca, oppure manca momentaneamente, o è totalmente irreperibile oppure si trova ma risulta di scadente qualità. Per questo… come le luci che si accendono nelle finestre delle casette di un presepe, così, durante il periodo elettorale, si vedono aprire molte sedi elettorali: magazzini che aprono le vecchie serrande, locali sulle cui porte campeggia una scritta a caratteri cubitali. Intorno ad essi un via vai di persone. Si organizzano “cene propiziatorie”, si stringono milioni di mani (anche a due mani), ammiccamenti, cenni di consenso. Tutti sono sorridenti e sembrano soddisfatti. Ognuno ha avuto, in teoria, la sua parte, ognuno la sua promessa. Sembra una festa come quando, finito l’inverno, la gente esce, il giovedì santo, per andare nelle varie chiese per visitare i cosiddetti “Sepolcri”. Chiacchierio, vocio. Ognuno va e dice le proprie preghiere con la speranza che vengano esaudite. È bello vedere questa attiva partecipazione che sembra non finire più. Senonché, passata la “festa”, tutto si spegne. Ognuno si dilegua. D’altronde, dopo la festa dei Sepolcri arriva il “Venerdì Santo”: giorno del silenzio e della passione. Si spengono le lucette, si abbassano le serrande come avveniva una volta quando passava un corteo funebre. Ritorna il silenzio cattivo. Qualche raro passo. Rimangono, infatti, soltanto incontri sporadici a cui pochi partecipano. A qualcuno questa situazione può far comodo, perché così gestisce la cosa pubblica come meglio crede. Ma forse molti pensano che sia meglio lamentarsi che agire; sia meglio restare a coltivare il proprio orticello piuttosto che arare e dissodare tutto il campo; sia meglio, insomma, farsi i fatti propri ed eventualmente “arrangiarsi” qualora si ritiene di essere soggetti ad angherie.
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