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Ponzesi allo specchio. Maurino

di Francesco De Luca
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Una volta ebbi a scrivere di lui che era il più giovane fra noi. Ero direttore didattico a Ponza e insieme al gruppo (Luigi Ambrosino, Vittorio Spignesi, Gianfranco Gagliano, Biagino De Luca, Gaetano pilerusso) si decise di commemorare il decennale della morte di don Luigi Dies. Si era nell’imminenza dell’Immacolata e ci si vedeva ogni sera nei locali della Scuola Elementare sulla Parata.

Erano anni in cui soffrivamo per la mancanza di un organista. Tonino Esposito era lontano, Giovannino Conte, l’attuale organista, era ancora un ragazzo. Aspettavamo come la manna dal cielo la conferma che sarebbe stato presente don Raimondo Selvaggio (al quale va l’eterna nostra gratitudine). Consideravamo monca la nostra devozione priva di canti

Ci si vedeva così, nella poca luce, prima della novena, per ripassare i canti e confortarci con amene battute.

Noi, oggi tutti nonni, allora uomini maturi e lui Maurino manifestava più entusiasmo di tutti.. Già anziano, ancora più taciturno, come sottolinea Antonio Califano, eppure sempre pronto a collaborare.

Maurino Di Lorenzo. Di minuto, come allude il nome, non aveva niente. Una torre per altezza, una roccia per forza, una garanzia di saggezza… Tanto presente e tanto prezioso che un luogo intero ha preso denominazione da lui. Abbasce addo’ Maurino – giù da Maurino.

Aveva la competenza di chi trae conoscenza dall’esperienza, aveva l’indole dell’uomo buono. Pronto per qualunque azione potesse dare lustro alla sua isola e ai suoi compaesani.

Il maresciallo dei carabinieri Betronici gli era affine, perché anche lui di buon cuore. Uomo di terra prestato all’Arma, Betronici scorse che, dal muraglione che delimita lo scalo d’alaggio del Mamozio, penzolava un tralcio di vite. Ne intuì subito lo sviluppo. Occorreva disporre quel tralcio in modo che si espandesse orizzontalmente, a mo’ di pergolato. Maurino racimolò dei tubi che furono inseriti nel muro ad una notevole distanza dal suolo, affinché non fosse da intralcio.

Silverio, il figlio di Maurino, al quale toccò salire sulla scala per realizzare i buchi in cui cementare i tubi, ricorda ancora lo sforzo. E già perché quel muraglione è stato realizzato con pietre vive, quelle raccolte sulle spiagge.

In pochi anni quella vite divenne maestosa. Si spandeva per tutto il Mamozio. Ben alimentata dalla terra e dall’acqua ma esposta in modo tale da prendere il sole soltanto quando era potente. Per cui produceva tante pigne ma tutte annerite dalla muffa e inservibili. Peccato! Benito Costanzo s’era assunto il compito della pota e Silverio valanzone quello di irrorarlo di verde-rame. Macché ! Non se ne cavava nulla.

Però era bello vederla in estate nel fulgore della crescita.

La comunità ponzese non ha espresso personalità di spicco nazionale, e non lo ha fatto perché la sua gente è semplice, autentica. Le figure rimarchevoli sono quelle che vivono in umiltà la loro socialità. Senza infingimenti.

Maurino Di Lorenzo ha impersonato un modello di paesano che fa onore a tutti noi.

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Immagini d’a prèula abbasce Mamozio: dall’Archivio Giovanni Pacifico

 

Appendice fotografica allo scritto, con immagini di Maurino De Lorenzo in varie età della vita:

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