di Enzo Di Fazio
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Ci sono settimane in cui certi argomenti si impongono rispetto ad altri e l’aria che si respira leggendo gli articoli pubblicati sul sito travalica i confini dell’isola e proietta il lettore verso tematiche che inducono alla riflessione e stimolano l’approfondimento.
E’ il caso di questa settimana dominata dalla ricorrenza del Giorno della Memoria.
L’aver dedicato alla tragedia della Shoah tanti scritti parte anche da un’ esigenza che avvertiamo da tempo e che nasce dal tentativo di riabilitazione del fascismo, secondo una visione postmoderna.
Ci viene a volte il dubbio che ancora non abbiamo fatto i conti con la lezione della storia se il presente viene spesso vissuto in maniera disincantata e distaccata dalla responsabilità culturale, politica e morale che discende dalla triste esperienza del ventennio fascista.
Mai come in questo periodo in cui risultano sdoganate e finanche tollerate parole ed azioni che sanno di razzismo, xenofobia e discriminazione, c’è la necessità di un forte impegno delle istituzioni democratiche e di tutti coloro che hanno a cuore l’educazione dei giovani nel ricordare cosa sono state le leggi razziali del 1938 per gli ebrei italiani.
Non a caso il presidente della Repubblica, nel commemorare la giornata della memoria, si è fatto carico di questa responsabilità e ha chiesto scusa agli ebrei perseguitati per i crimini commessi dal fascismo che si era impossessato dello Stato deformandolo.
La pagina delle leggi razziali è una pagina infamante perché scritta contro i diritti umani. Non la si può banalizzare né considerarla un incidente casuale. Non trovano alcuna giustificazione quei tentativi rivolti a separare i presunti meriti del fascismo dai suoi errori.
E bene ha fatto anche l’ANPI a ricordare gli articoli di quelle leggi ripubblicandoli attraverso cinque videoschede che Repubblica ha presentato ieri. Intervenendo sulla limitazione dei diritti, non solo della sfera pubblica ma anche di quella privata, le leggi razziali hanno rappresentato l’annullamento dell’identità personale e la riduzione dei destinatari prima a numeri e poi ad oggetti spogliati di ogni dignità.
Il fatto che il primo atto di difesa della razza sia stata l’espulsione dalla scuola di tutti gli ebrei (studenti, docenti, dipendenti) dimostra come il regime ritenesse importante influenzare la politica educativa e asservire la cultura ai voleri dello Stato.
Oggi non è abbastanza avvertito il bisogno di scavare nella storia, informarsi e conoscere per evitare di ricadere negli errori del passato.
E il rischio c’è se, come ricorda Rosanna nel suo articolo, delle band di nazi-rock europee ieri si sono date appuntamento ad Azzano Decimo, in provincia di Bolzano, per suonare il Langbard inneggiando al nazismo e all’Olocausto.
Questo rischio c’è se all’indomani della collocazione a Milano delle prime sei pietre di inciampo, create per restituire identità alle persone deportate e destinate allo sterminio, quella dedicata ad Angelo Fiocchi, operaio dell’Alfa deportato a Mauthausen, sia stata sfregiata da ignoti.
I sopravvissuti allo sterminio dell’Olocausto, i depositari della memoria come Primo Levi e tanti altri ormai non sono più tra di noi. Ne rimangono pochi altri come le sorelle Alessandra e Tatiana Bucci che hanno ispirato, raccontando una storia vera, il primo cartone europeo realizzato sul tema della Shoah o Sami Modiano (leggi qui) e Piero Terracina o la 88enne Liliana Segre, recentemente nominata senatrice a vita, da vent’anni impegnata a portare tra gli studenti, dialogando con loro, il racconto della propria vita. Il riconoscimento a Liliana Segre è stato, come ha scritto Michele Serra, un riconoscimento alto e forte al valore insostituibile della testimonianza.
Ma quando non ci saranno più questi testimoni avremo la forza di sostenere i valori della resistenza, della Shoah, degli insegnamenti che ci derivano dalle loro esperienze? Potranno essere sufficienti le commemorazioni a tenere vivo il ricordo?
Qualche riflessione al riguardo ci viene da uno scritto di Piotr M.A. Cywinski, direttore del museo di Auschwitz, comparso sulla Repubblica di ieri mattina.
Scrive Cywinski che tutto il mondo moderno vive sempre più come la tragedia della Shoah e dei campi di concentramento non fosse stata di grande insegnamento. In teoria il mondo moderno avrebbe dovuto cambiare aspetto dopo la guerra aiutato anche dalla nascita di organi di cooperazione come le Nazioni Unite, l’Onu e la stessa Europa. Tutto ciò non è avvenuto e c’è tanta indifferenza verso i genocidi come verso la rinascita di populismi.
Sostiene Cywinski che bisogna reagire all’incapacità di indignarsi di fronte alla fame, alle guerre, alla rinascita di egoismi nazionali e di gruppi che incitano all’odio ed un modo per farlo è ripensare a cosa insegniamo ai nostri figli. Forse è da rivedere il rapporto tra il numero di ore di matematica e quelle dedicate all’etica, all’uso consapevole dei mass media, all’educazione civica e alla conoscenza delle minacce interne alla società, alla capacità di organizzare l’opposizione civile, agli strumenti per creare progetti di assistenza…
Perchè secondo Cywinski, facciamo ormai fatica a distinguere ciò che ancora è pace da ciò che è già diventato guerra e non c’è più corrispondenza tra memoria e responsabilità (l’articolo completo allegato 1).
C’è molto da lavorare quindi per evitare che la Giornata della Memoria non si trasformi nell’ennesima commemorazione con le solite frasi fatte ed è tempo ormai che sia riconsiderata con il pensiero rivolto a tutti i discriminati e i perseguitati del mondo, come suggerisce Biagio Vitiello nel suo commento all’articolo di Rosanna e come in maniera partecipata e sentita viene fuori da due lettere che traggo dalla posta di Concita De Gregorio (vedi allegato 2).
Condivido che la scuola possa avere un ruolo importante nella preparazione di cittadini onesti, responsabili e rispettosi della dignità umana.
E, quantunque, sondaggi e ricerche ci consegnino un mondo giovanile distaccato dalla politica e disorientato ci sono alcuni barlumi di luce che vengono dalle coscienze critiche di chi vive questo nostro tempo ambiguo con voglia di cambiarne la direzione ed esaltarne i valori positivi (leggi La generazione zero e l’esercizio del voto).
Detto della Giornata della Memoria nella settimana non sono mancati gli articoli che attengono alla realtà isolana. Innanzitutto la candidatura di Gennaro Di Fazio per le prossime elezioni regionali del Lazio.
Non può che farmi piacere questo nuovo impegno di Gennaro conoscendone le doti di serietà e professionalità. Gli auguro di raggiungere il traguardo cui aspira nella certezza che se ci riesce la sua presenza in Regione sarà un valore aggiunto per Ponza.
Ha tenuto poi banco la notizia della morte del Re dei mufloni di Zannone. L’abbiamo appresa da alcuni articoli apparsi sulla Rassegna Stampa cui ha fatto seguito un articolo, tra fantasia e realtà, arrivato in Redazione.
Su Zannone c’è troppo silenzio.
Della rimozione dei rifiuti non si è più parlato. E’ probabile che siano ancora lì (forse per problemi amministrativi e burocratici) ma sarebbe opportuno da parte dell’Amministrazione far conoscere lo stato dell’arte come pure sarebbe opportuno sapere dal Parco come è morto il muflone e come stanno gli altri.
Penso che siano in molti a chiederselo.
C’è, infine, la presenza di Franco De Luca puntuale nell’analisi dell’isola e della sua gente che auspica più sensibile ai cambiamenti che il tempo impone con una maggiore attenzione verso il territorio e a quello che di nuovo da esso promana.
Un invito ad essere pragmatici ed illuminati per affrontare il futuro con avvedutezza e dignità.
Insomma un cambio di passo, una comunità unita e responsabile…
All. 1 Una lezione di memoria ai nostri figli
All. 2 Invece Concita – Il luogo delle vostre storie