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A parte l’avervi trascorso la nostra infanzia (mia e di mia sorella Luisa, la “direttora”), c’è una sostanziale ed indiscutibile differenza tra Sermoneta e Ponza: il mare.
Oggi (domenica 3 dicembre), avrei voluto essere presente sull’amato scoglio per la consueta, persistente, malinconia che pervade tutti noi che ci siamo nati.
Questa mattina ho invece potuto decidere di andare a Sermoneta, anche con il freddo ed il cattivo tempo.
L’ho ritrovata come la ricordavo; un po’ imbronciata, vuota di visitatori e di rumori, come Ponza in questo momento.
Ho passeggiato per i vicoli e per le stradine; sono stato in “piazza santa” e sono passato davanti al portone di casa “mia”. La televisione l’ho lasciata spenta a casa.
Proprio come avrei voluto fare a Ponza.
Quando sono ritornato in palude, sui tornanti della strada del paese, ho visto all’orizzonte, da lontano, gli “amati scogli” in mezzo al mare: Zannone, Ponza e Palmarola, immersi nel buio di un temporale.
Pioveva anche a Sermoneta: “…acqua fina, spercia i rine!” (…e anche il cuore).