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I femmeniell’ alla ribaltasegnalato dalla Redazione
Tra il reportage antropologico, la cultura popolare e l’affetto della gente comune continuiamo ad interessarci dei femmeniell’. Sul sito ne hanno scritto Sandro Russo e Rosanna Conte qualche anno fa. Leggi qui: “O’ femminiello ha fatto parte del tessuto sociale dei quartieri più popolari di Napoli. Amato e benvoluto dal quartiere è considerato depositario della buona sorte, al punto che tradizionalmente gli si metteva in braccio un nascituro, gli si affidavano i propri figli, ed era una figura importante nelle tombolate di Natale. La figura del femminiello è importante non solo nell’ambito sociale, ma anche in quello religioso, avendo una speciale predilezione per “Mamma Schiavona”, la Madonna Nera di Montevergine, verso la quale ogni 2 febbraio fanno la juta (l’uscita), un pellegrinaggio verso il santuario a Montevergine dove partecipano al rito della Candelora. Secondo la leggenda, questa Madonna nel 1256 salvò due femminielli che stavano morendo di freddo. Nell’area del Santuario, in epoca precristiana, sorgeva un tempio dedicato alla dea Cibele, le cui cerimonie sacre erano professate da sacerdoti evirati. Corrispettivi dei femminielli napoletani sono gli Hijra indiani e le Fa’afafine polinesiane. Nei due libri di Arundhati Roy, sia nel più conosciuto “Il Dio delle piccole cose” (1997) che nel recente “Il Ministero della suprema felicità” (2017) sono presenti tra i personaggi degli hijra. Riprendiamo il tema riportando un articolo e un video ripresi da la Repubblica on-line del 30 novembre scorso I femminielli, tra passato millenario e futuro necessario Dio ha creato l’uomo, la donna e l’alternativa. Cioè i femminielli, come li chiamano a Napoli, dove sono un’istituzione antica. Il primo a descriverli è lo scrittore e scienziato cinquecentesco Giambattista Della Porta, che parla di maschi vestiti da donna, che passano la giornata a fare lavori e discorsi da donne. Più femmine delle stesse femmine. I femminielli sono figure familiari e fanno parte da sempre del tradizionale paesaggio umano della metropoli partenopea. Al punto che nel Regno di Napoli l’omosessualità non è mai stata punita. Autori come Abele De Blasio nel 1897 parlano di “spusarizio masculino” (matrimonio tra due uomini). Casomai hanno qualcosa dei travestiti sacri del mondo pagano. La cui ambiguità sessuale era un aspetto della completezza divina, che racchiude i due sessi in uno stesso corpo. E Napoli era una delle loro capitali. Si vestivano da donna con sete gialle, arancione, rosa e altri colori sgargianti. Si truccavano pesantemente gli occhi, si adornavano con gioielli vistosissimi e attraversavano in corteo le città suscitando un misto di curiosità, di divertimento e di scandalo. Ecco perché ancora oggi i loro riti appartengono in tutto e per tutto alla comunità, senza nessuna distinzione tra omo ed etero. Come questa festa di nozze, celebrata a Pagani, con la partecipazione dell’intero vicinato. È un modo per accettare ed accettarsi per quel che si è. È anche un gioco sociale per ridere della serietà delle convenzioni e di istituzioni come il matrimonio. Ma al tempo stesso per riaffermarne l’importanza. E per dire che anche a loro piacerebbe sposarsi e metter su famiglia. E persino avere dei bambini. Così la rivendicazione dei nuovi diritti accosta due lembi lontani della storia. Un passato millenario e un futuro necessario. Napoli, le nozze “senza senso” dei femminielli: “Nonostante tutto siamo ancora qui”. Guarda qui il breve filmato da video.repubblica.it. Video di Pasquale Quaranta; riprese di Maurizio Tafuro; montaggio di Luca Mariani “È la prima volta che ad Ercolano si organizza la serenata dei ‘femminielli’ per la futura sposa”, spiega Bruno Buoninconti, che si definisce “a metà strada tra l’essere gay e l’essere transessuale”. Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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