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Scrittori per caso e per necessità

di Sandro Russo

 

Ringrazio Giuseppe Mazzella di Rurillo per le belle parole che ha avuto nei confronti miei e soprattutto di Ponzaracconta (leggi qui).
Il suo ricordo mi ha fatto pensare che forse scrittori (o redattori) si nasce e, per dirla alla Totò, “io lo nacqui”.

Ai tempi del Liceo, vicino al momento della scelta, ingaggiai una (premurosa, non violenta) contesa con mio padre che voleva farmi diventare ingegnere (io tenevo per Lettere): la scelta di Medicina fu un accettabile compromesso, di cui non mi sono mai pentito.

L’esordio di Giuseppe Mazzella (quindicenne) nel campo è stato solo di pochi anni più precoce del mio, che data all’ultimo anno del Liceo.

Sempre nell’idea di dover diventare ingegnere ero stato spinto a frequentare il Liceo Scientifico di Cassino di nuova istituzione (1) e per cinque anni mi ero barcamenato tra funzioni e integrali, ma trovando di gran lunga più attraenti le materie umanistiche.

All’ultimo anno, più per scimmiottare quelli del Classico che per reale convinzione ci trovammo ad organizzare anche il nostro Mak π 100 (2) il cui primo atto – biecamente finalizzato alla raccolta fondi – fu la pubblicazione di due numeri di un giornalino che venne venduto classe per classe a 100 lire a copia.
Ovviamente incaricato della redazione fui io, con un ventaglio di compiti: autore della gran parte degli articoli (3), raccoglitore di altri scritti da parte dei riluttanti compagni e responsabile della stampa. La quale fu autarchica: utilizzammo il ciclostile della biblioteca dell’abbazia di Montecassino, grazie alla “entratura” di uno dei compagni di classe che dopo la Maturità sarebbe entrato in seminario. Quindi mi toccò anche battere a macchina le matrici: un mondo sconosciuto, ma che emozione veder uscire dalla macchina sferragliante le pagine del mio primo giornale!


Da allora, un po’ per propensione ma forse anche per ‘destino’, mi sono trovato sempre in mezzo a imprese editoriali…

Quando cominciammo, con gli amici di Ponza, gli incontri – per strada a Ponza, a Le Forna e poi al casale di Lanuvio – che qualche anno dopo avrebbero portato a Ponzaracconta, Gennaro Di Fazio, mi pare, cominciò a dire che tutte le cose che ci raccontavamo tra noi erano preziose, meritevoli di essere preservate e raccolte… Da farne un archivio? Un giornale?
Tutti guardarono me, ma lo sapevo come sarebbe andata a finire, e dissi: No, grazie!
Intervenne Antonio Capone a trarmi d’impaccio – fresco di studi (non era ancora laureato) – e a ricordarci: Ué dinosauri! Ma lo sapete che nel frattempo sono stati inventati i computer, il web, i siti… Ancora parlate di carta stampata?

Ed eccomi qui! Non ci si sottrae al proprio destino! Cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia… e il sito ha significato per me – oltre che un grande arricchimento – sempre maggior impegno, tanto più che di tutto il gruppo di redazione sembra sia l’unico che non ha nient’altro da fare (!?). Chest’è!


Così, grazie all’innesco dal Giuseppe sono stato trascinato a ricordare i miei inizi (non abbiamo detto che Ponzaracconta è anche memoria e nostalgia?).
Mi fa piacere che il sito cui abbiamo profuso entusiasmo e impegno abbia avuto successo e abbia una sua utilità per Ponza e per i ponzesi.
Grazie a tutti quelli che ci hanno sostenuto e accompagnato nel cammino!

Note
(1)
– Fu un esperimento pilota: i dirigenti scolastici erano “dilettanti allo sbaraglio”; a farne le spese fummo noi, pionieri della prima classe, falcidiati alla maturità; addirittura con esami “fuori sede”, a Frosinone, accorpati agli “storici” licei del capoluogo e di Veroli.

(2) – Il Mak π 100 (generalmente conosciuto solo come Mak P) è una cerimonia scolastica organizzata in Italia al termine del quinto anno di scuola superiore, cento giorni prima della fine dell’anno scolastico.

(3) Qui di seguito, copiato dalle pagine ingiallite di quel giornalino a ciclostile, il raccontino di apertura. A tutti gli effetti l’esordio pubblico del sottoscritto.

In classe siamo 16
Siamo 16 amici
Giancarlo è mio amico; è troppo grosso per non esserlo, e poi con i suoi 1,86 di altezza mi difende sempre quando c’è da litigare.
Aldo è mio amico; è amico di tutti. Se non lo fosse, non potremmo più rompergli la cinghia, farlo sedere sulle puntine da disegno, nascondergli i libri: si offenderebbe.
Anche Anna è mia amica: lei cerca un ragazzo serio per sistemarsi davvero ed io ho promesso di interessarmene; inoltre sa tante di quelle diete per dimagrire..!
Eugenio ‘deve’ essere mio amico: lui è un attivista, con lui non si scherza, ed è sempre bene avere amici in politica.
Tonino è mio amico: conosce tutti i professori della provincia ed ha dei parenti al Ministero della Pubblica Istruzione; lui sì che ci sa fare con i bigliettini!
Gianfranco è mio amico: con la sua forza di volontà, con il suo carattere fermo e deciso, mi sostiene e mi conforta nei momenti di scoraggiamento. E’ bello fare schifo in due.
Andrea è mio amico: ha la manina coriacea, ed è molto utile in classe a ribattere i chiodi che escono dai banchi.

Siamo 16 in classe e quando siamo insieme: chiacchieriamo, ridiamo, qualche volta studiamo, ogni tanto siamo attenti, ci divertiamo molto (spesso alle spalle di chi è interrogato). Ci passiamo le copie dei compiti ed i fumetti. Sempre solidali per protestare contro: i troppi compiti, le troppe ore di lezione, i troppi disegni, le poche vacanze…
Siamo 16 amici.

Giancarlo è finito in una clinica psichiatrica per il suo complesso d’inferiorità: era il più basso della famiglia.
Tonino è diventato un pezzo grosso, è deputato; ma nei ritagli di tempo segue “Non è mai troppo tardi” alla televisione.
Eugenio, già consigliere regionale per il Lazio, è stato liquidato dal partito a solo 51 anni, perché non ha saputo “aggiornarsi”.
Anna e Aldo hanno messo su famiglia (non insieme, s’intende). In fondo – dicono – in che consiste la vita se non nel far studiare i figli, assicurare loro una posizione, perché a loro volta possano far studiare i propri figli, assicurare loro una posizione, perché a loro volta..?

E gli altri?
Siamo 16 amici, per ora stiamo insieme.

Ce ne andremo per vie diverse, ognuno con i suoi sogni,
Conosceremo altre persone e dimenticheremo forse qualcosa che ci aveva legati per cinque anni.
Dimenticheremo il trillo del campanello, i volti dei professori, i sogni dei nostri anni verdi.

[dal 1° numero del giornalino del Mak π 100; Liceo Scientifico di Cassino – Aprile – maggio 1965 (!), mese più mese meno…]

1 Comment

1 Comment

  1. Antonio Marciano

    17 Gennaio 2018 at 16:09

    Compagni di banco
    “Memoria minuitur nisi eam exerceas”. Te la rinfresco.
    Per la scelta delle nostre rispettive facoltà, galeotta fu la tua appendice, ma andiamo per ordine…
    Seduti allo stesso banco per 5 anni, un giorno il professore di lettere (De Rosa, inondato di divina luce) disse: – Ho capito da dove nasce il casino in questa classe! – e ci separò. Io fui costretto all’ultimo banco, ma durò poco.
    Chiarii subito che questo valeva solo per l’ora di De Rosa: guai a chi pensava di sedersi lì.
    Ti assentasti per una settimana per l’appendicectomia e io stabilmente al mio posto… Più separati di così! Tu all’ospedale!
    Convinsi De Rosa – forse si era pentito – la classe era diventata un mortorio, non c’era più allegria.
    Durante la convalescenza leggesti un libro di Cronin probabilmente “Il medico dell’isola” …Che connubio! Era destino?
    Tornato al mio fianco mi confidasti di aver deciso: – Farò medicina – e io ti confermai: – Farò ingegneria.
    Naturalmente il casino tornò e anche tanta allegria… Ti ripetevo spesso di non ridere a squarciagola, ma invano!
    Bei tempi! Spesso dico a me stesso: Non vivere di ricordi, ricordati di vivere! – ma d’altronde certe cose non si possono dimenticare!
    Come scrisse Kierkegaard: “La vita la conosci solo guardando al passato. Ma la devi vivere al futuro”.
    Ciao
    Antonio

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