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Cara mamma, non sono tornata…

segnalato dalla Redazione

 

Abbiamo di recente pubblicato una serie di “Lettere alla madre” in cui anche questa trova idealmente posto; a maggior ragione perché rievoca la ricorrenza del 2 novembre che in Sicilia e nel meridione d’Italia ha diversi tratti in comune.
Dalla rubrica
“Invece Concita – Il luogo delle vostre storie” da “la Repubblica” di oggi 3 novembre.
La Redazione


Cara mamma non sono tornata

Grazie alla lettera di Laura Trumino

“Cara mamma, quest’anno non sono tornata in Sicilia per la commemorazione dei defunti. Una serie di condizioni davvero non me lo permettono. Papà mi ha detto: “Non ti preoccupare se non puoi venire. Cerca di mettere sempre i tuoi bisogni e i tuoi impegni davanti a tutto”. E allora perché, ogni volta che ci sentiamo, mi ripete la stessa domanda: “Ma quindi non vieni?”. Forse non se ne rende conto, ma io mi sento in colpa”.

“Perché per noi siciliani i defunti sono sacri, lo sanno tutti. Non a caso il 2 novembre gli alunni di tutte le classi non vanno a scuola, anche se non è una data segnata in rosso nel calendario. Talmente sacri che anziché essere un giorno triste, noi la consideriamo una festa. La Festa dei Morti, appunto”.

“Mi viene in mente la festa dei morti al tempo della frutta martorana. Negli anni ’80. Quando non c’erano né zucche, né streghe e tu mi portavi al cimitero per due giorni di fila: l’1 novembre, per pulire e decorare la tomba della nonna con fiori bellissimi, e il giorno successivo per accogliere i parenti che venivano a far visita ai defunti. Voi adulti, seduti su sedie pieghevoli che vi eravate portati da casa, vi raccontavate vecchi aneddoti. Noi bambini, anche molto piccoli, eravamo liberi di scorrazzare dentro le quattro mura del cimitero. Nessuno si preoccupava dei pedofili o di quelli che ‘rubano i bambini’”.

“A proposito di bambini, nel paesino della provincia di Caltanissetta dove trascorrevamo i due giorni, c’era una tradizione strana: i ragazzini costruivano dei mini “proiettili” con pezzetti di filo elettrico piegato a “U” che poi agganciavano agli elastici di una fionda in legno e, con mira perfetta, colpivano il sedere delle ragazzine. Faceva malissimo! Ma più “filicciate” ricevevi e più significava che avevi attirato l’attenzione dei maschietti. Le ragazzine che tornavano a casa senza un livido cominciavano a fare i conti con la loro autostima pre-adolescenziale”.

“Te lo ricordi, mamma? Il cimitero era un tripudio di folla e colori! Per percorrere 20 metri si impiegava anche un’ora perché in quei due giorni si incontrava davvero tutto il paese. Baci, abbracci, condoglianze, panini, acqua, succhi di frutta e coca cola per i piccoli: sembrava Pasquetta, solo che il pic-nic si faceva al cimitero. Quando cominciava a fare buio, e la sirena del cimitero suonava per indicare l’imminente chiusura, era ora di richiudere le sedie e tornare a casa”.

“Fine della festa.
Il rosso del cielo, che un attimo prima si mescolava con quello dei lumini ancora accesi, diventava piano piano sempre più scuro, facendo risaltare quelle flebili fiammelle. Che tristezza lasciare i nostri “murticeddi” lì da soli…”.

“Ora che sono trascorsi più di 30 anni e sembra di vivere un’altra esistenza; ora che non ho più gli occhi di quella bambina di cui sopra, così divertita dalla vita al punto da considerare tutto una festa; ora che sono una donna e che dietro quella lastra di marmo ci sei anche tu da tanto, troppo tempo… capisco che forse proprio una festa per te non era”.

“Era più che altro rispetto, era amore per la tua mamma scomparsa, era condivisione. Solo che tu, a differenza mia, non hai mai mancato un appuntamento. E non importa se supererò quello Stretto a noi isolani tanto caro giusto qualche settimana dopo. È in quei giorni che vorrei essere lì. Con papà, con i miei fratelli, con gli zii. Tutti riuniti per te, che hai lasciato un grande vuoto ma anche tanto amore nelle nostre vite”.

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