Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa esperienza di Giovanni, che in campo agricolo predica bene… e razzola anche!
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Ho appena finito la raccolta delle olive al trullo di Ostuni e come sempre è un’esperienza difficile da raccontare perché va vissuta in tutte le sue fasi.
La preparazione, la verifica della qualità (per l’eventuale presenza della mosca olearia, il sapore dalla drupa, etc…), la raccolta, la mondatura delle foglie, le cassette che si riempiono, la conta, il viaggio al frantoio, la pesa, l’avvio alla frangitura, la gramolatura, la separazione e quindi il bicchierino per assaggiare l’olio e il test dell’acidità. E infine la prima bruschetta!
Lo faccio tutti gli anni da quasi 30 anni, ed ogni volta ne ricavo una soddisfazione sottile che solo chi ha partecipato può descrivere.
…insomma niente male per un anno così siccitoso
L’olivo è – come noi nella terza età -, solido come una roccia ma con una grande voglia di rimanere sempre protagonista.
L’ulivo non è “rottamabile”, non va in pensione, rimane sempre al suo posto pronto a garantire la sua presenza anche nei momenti più difficili. Non chiede granché ma solo l’attenzione alla sua presenza. Ci sta e basta! …E puntuale a ottobre dona il suo frutto essenziale, con grande umiltà, consapevole del suo ruolo e senza fare sfoggio della sua eleganza; che pure è innegabile.
Il vento dell’autunno spazza via le olive più deboli o malate creando una cascola naturale e lascia sulla pianta solo le migliori che poi, una volta raccolte, danno l’olio più buono.
Ogni sponda del Mediterraneo ha la sua varietà di olive, alcune piccole e scure altre grasse e verdi. Nei miei viaggi ho notato che in ogni villaggio nelle nostre coste, ogni piccolo podere della Croazia, in ogni angolo di terra delle isole greche o turche, l’olivo è sempre presente.
Ho visto frantoi primordiali dove le mole sono spinte da asini bendati e la separazione avviene in vasche di decantazione. Ho assaggiato oli improbabili dal sapore denso dell’oliva maturata dal sole e dal sale del mare il cui gusto, tra l’amaro ed il fruttato persistente, per i palati attuali, è troppo esuberante e tende a coprire gli altri aromi.
L’olio diventa quindi un alimento a se stante e non più un condimento, anzi lascia ad altri questo ruolo diventando il principe della tavola.
“Lillino”, grande esperto di olio come molti in questa zona e gran ciambellano del ristorante Cibus a Ceglie Messapica, appena ti siedi ti porta sempre pane ed olio e stasera proverò l’olio nuovo e come al solito ne rimarrò affascinato!
Ogni cultivar ha i suoi pregi e i suoi difetti: ‘il frantoio’ e ‘il moraiolo’, ‘la bella di Nardò’, ‘l’ogliarola’, ‘l’amerina’, ‘la coratina’, ‘la mennella’ ed infinite altre.
Ogni paese ha la sua qualità e la sua giusta utilizzazione – e non me voglia lo chef Sandro – ma se vuoi fare il sugo per la pasta con i pomodori “schiattati” non puoi non utilizzare la ‘coratina’ con la sua presenza imperiosa; guai però ad metterla nella maionese perché il suo sapore, denso e forte, si imporrebbe troppo; se devi preparare una insalata o una bruschetta guarda ad buon olio toscano che per me è ideale, ma non usarlo per condire una fiorentina; le darebbe un sapore troppo dolce per una carne alla brace.
Insomma tutta la filiera dell’olio, dalla sua messa dimora fino al suo uso a tavola è una storia tutta da scoprire perché, anche se si ripete nel tempo, rappresenta sempre un’esperienza che vale la pena di provare. Per dimenticarci definitivamente degli oli in bottiglia, il cui valore è pressoché nullo ed insignificante.
Venerdì prossimo si ricomincia a Penna in Teverina in Umbria, dove Rocco, il frantoiano calabrese farà di nuovo il suo miracolo…
A presto
Giovanni
Immagini dalla piana degli ulivi secolari di Ostuni
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La raccolta 2017. Fotoracconto (cliccare sulle foto per ingrandirle)
“Un Paese vuol dire non essere soli,
sapere che nella gente, nelle piante, nella terra,
c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei
resta ad aspettarti…”
(Cesare Pavese)