Ambiente e Natura

L’agricoltura a Ponza (2). Suggerimenti per una rivalorizzazione adeguata ai tempi

di Giovanni Hausmann

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Come promesso nella chiosa finale del mio precedente intervento (leggi qui), torno sull’argomento per dare qualche indicazione utile a chi è interessato ad impegnarsi in una attività nel mondo dell’agro-alimentare di qualità.

Come dicevo la strada per arrivare a “dama” non è semplice e richiede una certa determinazione nella definizione degli obiettivi che si vogliono perseguire e la consapevolezza della strada che si sta per intraprendere.

Prima di tutto devo dire che ho riscontrato un crescente interesse verso la filiera agricola da parte di diverse persone e quello che mi ha più sorpreso è che tra queste persone ci sono molti giovani ponzesi. E questa è una tendenza abbastanza generalizzata anche nelle altre parti d’Italia; penso che sia dovuta principalmente ad una visione meno agro-centrica e sempre più rurale, cioè “non urbana”, con tutto ciò che a questo termine è connesso: agricoltura, agri-turismo, cultura, ambiente e conservazione, food, innovazione, etc… Questo mi pare un buon punto di partenza.

Quanto agli obiettivi penso che l’argomento sia già stato analizzato e quindi quanto detto può rappresentare una buona base di partenza per “sognare”. Non a caso dico “sognare” perché è ciò che fa l’imprenditore: una persona che sviluppa nella sua mente come sarà il proprio futuro. Per essere sognatori si deve essere creativi ed è per questo che mi rivolgo prevalentemente ai ragazzi che da questo punto di vista sono molto più immaginifici di noi vecchi!

Dividerei questo mio intervento in tre sezioni di cui la prima dedicata agli aspetti istituzionali che definiscono il soggetto che può operare nel settore agricolo (inteso nel senso più ampio del termine); la seconda volta a definire le modalità organizzative dei diversi aspetti della produzione, promozione e commercializzazione; la terza infine dedicata alla attuale situazione dell’agricoltura nella isola di Ponza ed una proposta di “road map” per la promozione della ruralità ponzese.

  1. Competenze professionali. Il soggetto che intende svolgere un’attività agricola deve, ovviamente, avere delle competenze specifiche tali da condurre il proprio fondo con successo, qualsiasi sia il tipo di prodotto che intende realizzare. In questo senso è auspicabile che, anche tenuto conto delle caratteristiche pedo-climatiche dell’isola, si realizzi una concreta collaborazione tra le generazioni attive. E’ infatti importante che i “vecchi” trasmettano i saperi e le esperienze maturate ed i giovani attualizzino tali esperienze apportando innovazione e tecnologia. Tale collaborazione è definita anche dai tecnici come “ricambio generazionale” (nel caso l’attività venga svolta in continuità) o “primo insediamento” (nel caso che tale attività venga avviata da zero). Ovviamente là dove tali professionalità non siano rinvenibili facilmente sul territorio ci si può far aiutare, almeno nella fase di start-up, da tecnici di cui il territorio regionale abbonda.

Se poi il soggetto in questione intende svolgere l’attività professionalmente ed accedere ai benefici offerti dalle norme nazionali e comunitarie è necessario che acquisisca anche un riconoscimento amministrativo diventando Imprenditore Agricolo Professionale (IAP) di cui tralascio i vari passi ed invito chi è interessato a leggere il .pdf scaricabile dal sito della Regione Lazio e riportato anche in calce a questo articolo.
Attenzione! Una volta studiata la normativa è poi necessaria una sua interpretazione pratica e per far questo si può partecipare ai corsi promossi dalla stessa Regione potendo così apprendere non solo alcuni aspetti tecnici ma anche tutti gli aspetti amministrativi ed istituzionali connessi alla professione. La partecipazione ad uno di questi corsi è obbligatoria per diventare IAP.

Dalla lettura del documento .pdf possono emergere anche soluzioni diverse ma che richiedono soluzioni organizzative altrettanto diverse che tratterò al punto seguente.

  1. Aspetti organizzativi. per ciò che riguarda l’aspetto organizzativo la strada che si può intraprendere è piuttosto articolata e dipende da diversi fattori tra i quali i più importanti sono, a mio giudizio:
  • i prodotti;
  • la disponibilità dei soggetti ad aggregarsi;
  • le condizioni del territorio;
  • le condizioni del mercato.

Una lista ragionata dei prodotti tradizionali dell’isola è il primo passo per stabilire quali possono essere le filiere. La lista dei prodotti ovviamente non riguarda solo quelli primari (vite, olio, orticoli, legumi etc) ma anche i trasformati ed i conservati (sott’olio e sott’aceto, salse e marmellate, biscotteria dolce e salata etc.). In questo senso sarebbe interessante fare, con l’aiuto della popolazione residente, un elenco ragionato corredato magari con le ricette tipiche del luogo.

Quanto alla capacità aggregativa intendo l’interesse di condividere tutto o in parte il processo investimenti / produzione / trasformazione / promozione / commercializzazione.
Si può infatti seguire il percorso delle grandi cooperative vitivinicole dell’Emilia o quelle olivicole della Puglia, nelle quali gli agricoltori, pur rimanendo proprietari dei loro fondi, condividono tutte e cinque le fasi di cui sopra. Si può invece scegliere di partecipare solo alle due fasi finali o infine decidere di realizzare tutto “in proprio”. Certo che l’ultima ipotesi nel contesto di grande parcellizzazione fondiaria dell’isola mi sembra piuttosto difficile da percorrere se non ad un prezzo troppo elevato per rimanere competitivi.

Una volta scelta la modalità organizzativa sarebbe meglio optare per una diversificazione delle strutture organizzative per linea di prodotto (viti-vinicola, oleicola, orticola etc.) dando una specifica connotazione sia alla tipologia d’impianto che al prodotto.

In base alla mia esperienza, il tipo di organizzazione dovrebbe rispettare la omogeneità dei prodotti. Se infatti s’intende, ad esempio, realizzare un olio tradizionale ponzese è necessario che tutti coloro che convergono in una struttura organizzativa dedita alla trasformazione e commercializzazione di tale prodotto, impiantino olivi dello stesso “cultivar” e che seguano tutti le stesse regole nelle diverse fasi della produzione come la concimazione, i trattamenti ed i tempi di raccolta, in modo da garantire un prodotto omogeneo ed apprezzabile.

D’altro canto, nel caso si voglia produrre qualcosa di tradizionale e legato al territorio, è necessario che l’organizzazione veda coinvolti anche personaggi che conoscono la storia del luogo e delle sue tradizioni. Una cosa è infatti produrre olio commerciale ed una cosa è produrre l’olio della tradizione!

  1. Infine la situazione dell’agricoltura a Ponza e come promuoverla. È la parte più importante: Premetto che le mie conoscenze della situazione isolana sono molto limitate per cui, su tale tema, non intendo fare un’analisi dettagliata ma vorrei trasmettere alcune esperienze che, nella mia non brevissima vita professionale, ho maturato.

Come ho già avuto modo di dire nel mio precedente intervento, la produzione agricola in aree interne o comunque disagiate non consente di realizzare produzioni competitive su mercati tradizionali.
La produzione di nicchia infatti, ha costi elevati e non consente l’applicazione di tecnologie innovative volte a ridurre i costi. Inoltre la parcellizzazione fondiaria, già più volte richiamata, produce quantità limitate e non consente di essere conosciuta sul mercato e quindi è confusa con altri prodotti commerciali molto spesso importati. Né d’altra parte può essere supportata da messaggi pubblicitari adeguati a causa degli alti costi.
Inoltre la sua trasformazione (vinificazione, frangitura delle olive, conservazione dei prodotti etc.) non essendoci strutture adeguate, deve essere sempre fatta altrove con una grave perdita di qualità e tracciabilità del prodotto.

È quindi necessario che quanto realizzato si caratterizzi in base alla sua provenienza ed alla sua esclusività inducendo il consumatore ad acquistare, ad esempio, non una bottiglia di spumante ma una bottiglia di spumante dell’isola di Ponza in cui l’elemento caratterizzante diventa il luogo dove l’uva è stata coltivata e dove questa è stata trasformata!
Il nome “Ponza” quindi deve diventare non solo un luogo ma anche un elemento di garanzia della tradizione, delle caratteristiche non solo organolettiche ma anche di salubrità, del territorio e delle sue caratteristiche storiche ed ambientali.

Insomma degustando lo spumante di Ponza il consumatore deve immaginare l’isola, i suoi abitanti ed i luoghi facendo sì che il prodotto che si sta consumando diventi alo stesso tempo “ambasciatore” dell’isola.
Direi che “il prodotto deve beneficiare del nome Ponza e Ponza deve beneficiare del suo prodotto”.

Quanti dei …mila turisti che sbarcano a Ponza nel periodo estivo ricordano qualcosa delle eccellenze alimentari, della storia o della tradizione ponzese?

Nello scrivere sto pensando alle lenticchie di Ventotene o a quelle di Castelluccio o infine a quelle di Santo Stefano di Sessanio sul Gran Sasso. In questa aree infatti, pur con le dovute e ovvie differenze, le condizioni fondiarie sono simili a quella di Ponza e le produzioni sono limitate a pochi quintali ma, come tutti sapete, il prodotto di queste valli è conosciuto da tutti e molti visitatori che lo hanno degustato sul posto e ne hanno visto i luoghi di produzione poi, tornati a casa, lo hanno ricercato anche sul web magari acquistandolo in rete.

Riguardo poi ai luoghi vorrei anche parlare della mia amica Beatrice che a New York ha realizzato un sito di e-commerce🙁https://www.gustiamo.com/) attraverso cui vende prodotti alimentari di eccellenza italiani in tutta la costa est degli Stati Uniti. Quello che è interessante è che ogni prodotto viene presentato attraverso la storia del produttore e del luogo di produzione e questo ha lo scopo proprio di caratterizzare il prodotto rispetto ad altri simili comunque presenti in tutte le grandi catene food americane.

In questo senso diverse organizzazioni stanno superando i marchi di qualità comunitari (DOP, DOCCG, IGP ed altri) e puntando sui processi (AIAB – Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica) e sulla storia (Slow Food).

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E vengo alle conclusioni. Io penso che la strada è piuttosto lunga ma se si vuole effettivamente intervenire in maniera concreta nello sviluppo dell’agricoltura ponzese è necessario non solo aggregare i possibili produttori ma anche identificare una prima lista di prodotti alla quale in seguito se ne potranno aggiungere altri, e sviluppare un processo identificativo di questi prodotti (ricetta, storia, collocazione territoriale etc.).

Di questo ovviamente troverà giovamento anche il visitatore che potrà visitare le aziende nei diversi momenti dell’annata agraria (semina, raccolta) estendendo il periodo di permanenza anche ad altre stagioni oltre la meravigliosa estate ponzese.

 

Normativa: Regione Lazio. Riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale e coltivatore diretto. Disposizioni operative.pdf

Vincent van Gogh – La vigne rouge (1888); olio su tela 75 x 93. Mosca Museo Puškin delle Belle Arti

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