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Isole… di lago. Gita a Bolsena (1)

di Sandro Russo
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Giusto il tempo di fare l’occhio alle proporzioni, e le analogie con il mare si ritrovano tutte.
È l’esperienza di una gita fatta al lago di Bolsena il primo sabato di ottobre.

Il lago di Bolsena è il più grande dei laghi vulcanici italiani, il maggiore d’Europa e tra i dieci più grandi del mondo; la superficie del lago è di circa 114 km² (con un perimetro di 42 chilometri), quindi in esso troverebbero comodamente posto una diecina di isole come Ponza (10,16 km²)!
Il lago si è formato da un “supervulcano”, ovvero una delle poche (10-12 al mondo) grandi depressioni vulcaniche (caldere) presenti sulla superficie terrestre, in seguito al collasso di alcuni vulcani, con un diametro di varie decine di chilometri; tali sono ad esempio il parco di Yellowstone negli USA, e i Campi Flegrei.

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Il porticciolo di Capodimonte dalla spiaggia e, sotto, visto dalla Rocca

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Vento teso di tramontana: nel porticciolo di Capodimonte le sartie e i cavi delle imbarcazioni sbattono come in tutti i porti del mondo, c’è il “lago mosso”, invece che il “mare mosso” e qui parlano di “lagheggiate” invernali (invece che di “mareggiate”) per indicare le ondate che investono i muraglioni, gli alberi e le fontane del lungo-lago, creando spettacolari stalattiti quando la temperatura è molto bassa (l’acqua del lago gela ben più facilmente che non l’acqua del mare!).

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Ma siamo solo in ottobre e non ci sono questi problemi, anche se ci consigliano di rimandare l’escursione in battello al pomeriggio, quando il vento generalmente cala.

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Nel porticciolo sono ormeggiate anche delle imbarcazioni tipiche del luogo (ora a motore e in vetro-resina), a chiglia piuttosto piatta e forma grossolanamente triangolare con una particolare disposizione dei remi, sfalsati, quello anteriore per la progressione e quello posteriore anche con funzione di timone.

Quindi ci si avvia al borgo di Capodimonte, uno degli otto comuni che circondano il lago (gli altri sono: Bolsena, Montefiascone, Marta, Valentano, Gradoli, Grotte di Castro e S. Lorenzo Nuovo).

L’abitato è dominato dalla Rocca Farnese, una massiccia struttura a pianta ottagonale con un corpo anteriore che aggetta dalla parte dell’ingresso verso il ponte (anticamente protetto da un ponte levatoio con relativo fossato).


E qui rispolveriamo le nostre conoscenze sui Farnese, che con Ponza c’entrano, e come..!
Come molte famiglie della “nobiltà romana” i Farnese nascono come capitani di ventura, fin dall’inizio legati al potere papale, con progressiva espansione e influenza grazie a matrimoni e oculate alleanze.

Qui ritroviamo anche (per esserci nata e vissuta fino all’adolescenza) Giulia Farnese (Capodimonte, 1475 – Roma, 1524), “Giulia la Bella”, protagonista di una inconsueta via al potere e alla ricchezza (per lei e per la sua famiglia) che diede inizio alle fortune di casa Farnese.

Le donne in ogni tempo hanno avuto vita dura; gli anni del primo Rinascimento non fanno eccezione. Giulia a soli 15 anni andò sposa a Orsino Orsini (cui era ‘promessa dall’età di 9 anni), cieco da un occhio e sgraziato discendente della potente famiglia Orsini. Garante dell’accordo il cardinal Rodrigo Borgia che diventerà papa col nome di Alessandro VI.
Era il tempo di papi dissoluti e lussuriosi. Papa Borgia (già padre di 4 figli (riconosciuti) con una locandiera romana di cui due più famosi; Cesare e Lucrezia Borgia!) sviluppa una passione divorante per la bella Giulia che reclama a Roma e diventa “ufficialmente” sua amante: il papa sessantenne, Giulia non ancora ventenne.
In quegli anni si stabilisce l’amicizia di Giulia Farnese con Lucrezia Borgia (di cinque anni più grande) e ancora grazie a Giulia viene eletto cardinale il fratello Alessandro che a 66 anni, nel 1534, diventerà egli stesso papa col nome di Paolo III. Le due figure di donne – Giulia e Lucrezia – sono state alquanto rivalutate dalla critica storica contemporanea.

La vita di Giulia, non lunga (muore a 49 anni) fu piuttosto intensa. Passato il tempo delle tempeste amorose, rimasta “vedova” dell’amante papa, del legittimo marito e di un secondo marito, amministrò con oculatezza e giustizia le proprietà di famiglia, con particolare attenzione ai lasciti per i servitori (pare che al fratello cardinale abbia lasciato in eredità il suo talamo nuziale, per un abbastanza trasparente memento!)

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In sequenza: 1. stemma Farnese in campo d’oro, sei gigli azzurri posti tre in capo, due al centro ed uno in punta; 2. stemma araldico dei “Farnese di Parma” sormontato da un liocorno cimiero, simbolo del casato; 3. lo stemma papale di Paolo III, con al centro l’emblema dei Farnese

Facciamo un salto di due secoli, restando sempre in casa Farnese, per le sue interazioni con le isole Ponziane. Le isole sono nel XVI sec. feudo della famiglia Farnese che però si avvia all’estinzione, per mancanza di eredi maschi.
Ultima della stirpe, Elisabetta Farnese (Parma, 1692 – Aranjuez, 1766) sposa Filippo V re di Spagna. Il ruolo di Elisabetta Farnese è centrale nella politica estera della Spagna; anche grazie alla sua influenza la Spagna riprende a interessarsi dell’Italia e occupa la Sardegna e la Sicilia.
Dopo alterne vicende militari, morti e successioni Carlo, figlio di Elisabetta e di Filippo,  nel 1734, durante la guerra di successione polacca, al comando delle armate spagnole, conquista i regni di Napoli e di Sicilia, sottraendoli alla dominazione austriaca. L’anno successivo viene incoronato re delle Due Sicilie – rex utriusque Siciliae – a Palermo (Carlo assume il nome di Carlo III solo quando viene incoronato re di Spagna; a Napoli fu semplicemente “Re Carlo di Borbone”).

Carlo III riceve per eredità materna (Farnese) le isole Ponziane come beni privati della corona. Capostipite della dinastia dei Borbone di Napoli, restituisce alla città l’antica indipendenza dopo oltre due secoli di dominazione straniera, inaugurando un periodo di rinascita politica, ripresa economica e sviluppo culturale [sul sito ne abbiamo trattato estesamente: digitare – Borbone – nel riquadro “Cerca nel sito”].

Riguardo all’intero arcipelago delle Ponziane Carlo III, consigliato dall’accorto ministro Bernardo Tanucci (che servì sotto Carlo III e fu presidente di un Consiglio di Reggenza fino alla maggiore età dell’erede Ferdinando IV) avvia un’intensa colonizzazione con imponenti opere pubbliche, facendovi pervenire coloni soprattutto da Ischia (1734) e successivamente da Torre del Greco (1772) [sul sito, leggi qui [7]]

Con la rinuncia di Carlo III ai troni italiani (1759), si sancisce la definitiva separazione tra la corona spagnola e quelle napoletana e siciliana. Gli succede il figlio terzogenito maschio Ferdinando di Borbone, e il resto è storia che conosciamo meglio…

[8]Veduta del borgo sottostante alla Rocca. Sullo sfondo una propaggine dell’isola Bisentina.
La struttura conica retrostante è il Monte Amiata
(cliccare sull’immagine per ingrandirla)

[9]L’isola Martana

Dopo uno sguardo panoramico dal castello sul lago, soprattutto all’isola Martana che gli è di fronte, usciamo – con i pensieri e fisicamente – da queste storie d’altri tempi visitando il giardino del castello, un tempo ricco di essenze esotiche di cui restano una Magnolia grandiflora e una longeva Sophora japonica [ricordiamo di aver incontrato, sempre introdotta dai Farnese, negli horti farnesiani di Roma, una Acacia farnesiana, nota a Ponza come gaggia o ganzirri (leggi qui [10]).

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La seconda parte della giornata sarà dedicata all’escursione con battello del lago e intorno alle due isole: l’isola Bisentina e l’isola Martana.

 

Nota
Un sentito ringraziamento a Vera Risi – guida turistica nonché giornalista e scrittrice – per l’ispirazione e per molte delle informazioni contenute nel testo

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