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“Barcolana” a Trieste, dal 29 settembre

segnalato dalla Redazione

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Rendiamo omaggio a Trieste, centro importante della “cultura della vela” dove sta per iniziale la kermesse della “Barcolana”, con immagini e articoli che la riguardano, e attraverso una intervista (del sett. 2016) a Paolo Rumiz (giornalista e scrittore, triestino doc), da “Il diario di Trieste”.
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 La Barcolana è una storica regata velica internazionale che si tiene ogni anno nel Golfo di Trieste nella seconda domenica di ottobre. È nota per essere una delle regate più affollate del mondo, con il record ottenuto nell’edizione 2001 quanto risultarono iscritte 1968 imbarcazioni. La particolare formula che la contraddistingue la rende un evento unico nel panorama velico internazionale: su una singola linea di partenza infatti si ritrovano a gareggiare fianco a fianco velisti professionisti e semplici appassionati, su imbarcazioni di varie dimensioni che vengono suddivise in categorie a seconda della lunghezza fuori tutto.
Nata nel 1969 per iniziativa della Società Velica di Barcola e Grignano, deve il suo nome completo di Regata Coppa d’Autunno Barcolana al fatto che da sempre si tiene nella seconda domenica di ottobre, a conclusione della stagione del circolo velico. Alla prima edizione parteciparono 51 imbarcazioni, tutte di circoli velici triestini, ma anno dopo anno la popolarità di questo evento è cresciuta fino a coinvolgere equipaggi internazionali con velisti di caratura mondiale.

Percorso
La regata si svolge su un percorso di circa 15 miglia a vertici fissi, un quadrilatero con linea di partenza fissata tra il Castello di Miramare e la sede della Società Velica di Barcola e Grignano e la linea di arrivo che, per la prima volta nel 2014, è stata collocata nel tratto di mare di fronte a Piazza Unità d’Italia. Il percorso nel corso degli anni ha subito diverse modifiche, e per molti anni ha avuto una boa collocata in acque slovene.
L’organizzazione della Barcolana non si limita alla regata della domenica mattina, ma si è allargata fino a diventare una serie di eventi che coinvolgono il mare e la città per i dieci giorni precedenti (informazioni sintetizzate da Wikipedia).


Per “Barcolana di carta”
“Trieste è un’Itaca perfetta”. Intervista con Paolo Rumiz del settembre 2016
Dalla storia dei confini fino al caso dello striscione per Regeni. Lo scrittore, giornalista e viaggiatore racconta la città a Diario di Trieste

di Stefano Mattia Pribetti

Trieste
«Trieste è un sismografo, un pennino sensibile che registra le inquietudini d’Europa». Non ci prova nemmeno, Paolo Rumiz, a dissimulare il trasporto per la sua città. A quanto pare, le deve molto: «Quando ho iniziato a lavorare per Repubblica mi hanno detto che avrei potuto restare qui: mi trovavo già al centro di tutto. La caduta del muro, la guerra nei Balcani, il populismo alpino di Heider che è stato un precursore di quelli attuali. In 30 anni ho assistito alla mutazione dell’Europa senza muovermi, se non viaggiando. Trieste, poi, è un’Itaca perfetta: è stupendo partire e ritornare. Viverci è un altro discorso».

Le sei bandiere di Trieste
Un’immagine su tutte, per descrivere cosa significhi essere triestini: sei bandiere, quelle cambiate dalla nonna dello scrittore. Sei cambi di nazionalità, senza per questo muoversi dal luogo in cui è nata. Prima l’impero austroungarico, poi il Regno d’Italia, quello tedesco e i 40 giorni di bandiera jugoslava. E prima dell’avvento della Repubblica Italiana, «quella gran festa di arance, penicillina e birra» che è stata l’arrivo degli alleati.
È da qui che iniziano i ricordi di Rumiz: «Avevo 4 o 5 anni, mentre l’Italia si leccava le ferite qui c’erano feste continue, molte a casa dei miei. Veniva la gente più incredibile: ebrei, tedeschi, inglesi, soldati americani. C’era l’archimandrita della chiesa greco-ortodossa, uno scapolo gaudente con un dente d’argento. Mi prendeva sulle ginocchia e mi raccontava la storia di Antigone e altre tragedie greche. A Trieste la processione dei Greci era accompagnata dalla banda municipale, le culture si intrecciavano e ogni festa era di tutti»

Contro ogni confine
Un uomo da sempre in lotta con i confini, che nel 2007 ha festeggiato l’entrata della Slovenia nei confini europei. Insieme a pochi intimi, in un borgo della Val Rosandra, lontano dalle cerimonie pubbliche ha aspettato di poter segare a pezzi (anzi, a ‘particole’) il confine di legno, innaffiandolo di champagne con l’aiuto dei primi sloveni sopraggiunti dal bosco.
E una volta abbattuto il confine che l’aveva ossessionato da sempre ha deciso di partire per una lunga serie di viaggi, che hanno ispirato altrettanti libri. Come «Transeuropa Express», un percorso lungo il confine dell’Europa, dalla Norvegia a Istanbul, usando solo mezzi pubblici, oppure la  traversata dei Balcani in bici col vignettista Altan.
Una passione così profonda per i reportage di viaggio non può che avere radici nella prima infanzia. E Rumiz me lo conferma.

Qual è stato il primo viaggio di cui ha memoria? 
«Era il novembre dell’autunno del 54, stavano arrivando le truppe italiane al confine di Duino. Erano le dieci di sera, io dormivo nel bagagliaio della Giardinetta di mio padre e i bersaglieri italiani erano davanti a me, con le piume al vento, erano allegri perché per loro era una scampagnata. A mezzanotte sarebbero entrati in territorio ex alleato. Era il mio primo viaggio, e anche lì c’era un confine».

La Trieste di oggi è molto cambiata rispetto a quella multicolore dei suoi racconti. Cos’è accaduto?
«Non credo che i triestini siano peggiorati col tempo, il problema è la congiuntura politica. La nostra giunta comunale è forte coi deboli e prona coi forti, basti vedere il provvedimento contro chi suona per strada. Loro hanno riempito un vuoto di potere perché la sinistra è tremebonda, pavida. Anche questo accanimento sullo striscione per Regeni serve ad ambo le parti per distogliere l’attenzione dai veri provvedimenti di questa giunta, fatti per favorire gli amici degli amici, smantellando tutto l’operato dei predecessori. Io rispetto questo sindaco ma gli farò lealmente e democraticamente battaglia».

Lei sarà presente alla regata, in una barca con altri tre scrittori per la Barcolana di carta. Sente ancora l’emozione prima di incontrare le onde?
«Non si va in Barcolana per mostrarsi, piuttosto ci si imbarca con gli amici e una bottiglia di vino. Però ho fiducia in Feltrinelli e in ogni suo progetto, quindi partecipo volentieri. Amo il mare perché è uno spazio condiviso di tante nazionalità. È un territorio dove si percepisce l’alterità, è senza confini. Le miserabili definizioni nazionali portano guerre e follia».

E i social network? Li abbattono veramente, questi confini?
«Solo quelli geografici. Ora parliamo con chi sta dall’altra parte del mondo ma non con il vicino di pianerottolo. Si stanno smaterializzando le relazioni tra persone, e questo è gravissimo»

È evidente che contro i confini la tecnologia non basta. Oltre alla potenza delle parole e a un pesante zaino sulle spalle, il metodo Rumiz prevede che i confini vengano fisicamente segati a pezzetti.
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In condivisione con: https://trieste.diariodelweb.it/ [3]

File .pdf dell’evento 2017:  [3]Barcolana [4]

Sul sito
Leggi e guarda video dell’ottobre 2016: L’anima delle barche, secondo Paolo Rumiz
Leggi e guarda il video della spedizione al faro del 2014: L’ultimo faro di Rumiz
Leggi ancora sul sito, l’articolo di Luisa Guarino all’uscita del libro: “Il Ciclope” di Paolo Rumiz, quel faro sulle rive del mondo [5]

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