Ambiente e Natura

Architetture mediterranee. A Rodi, una perla recuperata

di Lucia Galli

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Siamo orgogliosi di presentare sul sito una pubblicazione rara e preziosa su un particolare aspetto dell’architettura coloniale italiana.
Si tratta tra l’altro di una realizzazione dell’architetto Pietro Lombardi, padre di Leonardo, nostro collaboratore e amico di lunga data (leggi qui un suo ricordo del padre). 

 

Architetture dimenticate nell’Egeo: le terme di Kallithea
di Lucia Galli

Tra le tante opere dimenticate, che costituiscono il capitolo dell’architettura coloniale italiana negli ex domini dell’Egeo, ne spicca una di indubbio fascino: il complesso termale di Kallithea a Rodi, una delle isole del Dodecaneso (1).
Si tratta di una delle migliori produzioni del periodo che ha mantenuto intatto il proprio prestigio, anche quando è entrata in una fase di evidente degrado.

Poco si è scritto di queste architetture, persino all’epoca della loro realizzazione, come dimostra la scarsa documentazione disponibile.
L’architettura coloniale italiana è divenuta oggetto di studio solo a partire dagli anni Novanta; in particolare quella dell’Egeo ha ricevuto una prima sistematica ricognizione solo nel 1999 con la monografia di Simona Martinoli e Eliana Perotti (2).

Bisogna premettere che il Dodecaneso rappresentò un Possedimento ben distinto dagli altri territori coloniali. Fin dall’inizio della dominazione, gli italiani instaurarono una forte relazione affettiva con le preesistenze, e soprattutto con le stratificazioni bizantine medievali e le eredità di matrice veneziana.

Il governo italiano intendeva attribuire un ruolo significativo all’architettura coloniale nell’Egeo: essa doveva lasciare un segno tangibile della presenza italiana, diffondendone lo stile di vita anche attraverso la realizzazione di un vasto programma di opere pubbliche.
Come riporta una rivista del Touring Club Italiano (TCI) dell’epoca: “Rodi doveva essere l’affermazione dell’Italia nel Levante”.

L’attività architettonica di carattere pubblico si sviluppò secondo una duplice tendenza: da un lato erano favorite scelte accademiche e storicistiche, dettate soprattutto da motivi culturali ed in parte anche da esigenze propagandistiche, dall’altro venivano realizzate opere di architettura razionalista. Questo secondo orientamento stilistico produrrà, tra gli anni ’20 e ’30, alcuni edifici che rappresenteranno l’esperienza più avanzata della ricerca architettonica a livello europeo.

D’altra parte gli elementi di carattere prettamente mediterraneo, diffusi nelle isole dell’Egeo, come i volumi geometrici dell’edilizia locale tradizionale, trovavano piena corrispondenza con i dettami della moderna architettura europea.
L’idea di “mediterraneità” diventerà la radice comune della produzione architettonica nelle colonie italiane almeno fino al 1936, quando si assisterà ad una decisa svolta dell’architettura coloniale destinata ormai a rappresentare, con il razionalismo monumentale dello stile littorio, i fasti della romanità imperiale.

Il raffinato orientalismo dello stabilimento termale di Kallithea rientra, figurativamente, nella prima fase dello “Stile Novecento”, uno stile teso spesso ad immedesimarsi con le tipicità locali. Il principio dominante del gusto modernista durante gli anni ’20 è, infatti, quello di sottolineare il “fecondo contatto di civiltà diverse”.
Prevale quindi nella prima cultura architettonica coloniale un tardo eclettismo reinterpretato in chiave Novecento, contraddistinto dalla contaminazione di diversi stili architettonici (turco-arabo-bizantino, gotico, rinascimento veneziano).

Interprete nell’Egeo di questa modernizzazione del linguaggio architettonico fu l’architetto Florestano di Fausto, che faceva parte insieme a Marcello Piacentini della cosiddetta “Scuola romana”: invitato dal governatore Lago come capo dell’ufficio architettura, realizzò, tra il 1927 ed il 1932, gli edifici più rappresentativi a Rodi (Ufficio postale; Palazzo del Governo), a Kos e a Patmos.
Di Fausto imprimerà alle nuove realizzazioni un comune carattere stilistico attento ai suggerimenti dell’architettura preesistente (il cosiddetto “spirito del luogo”).

Il complesso termale di Kallithea, realizzato durante il primo periodo della dominazione italiana, faceva parte del programma di interventi voluto dall’allora governatore italiano dell’Egeo, Mario Lago (3), che mirava a rendere il Possedimento un biglietto da visita dell’efficienza governativa ed imprenditoriale italiana.
Uno degli obiettivi prioritari del suo programma era lo sviluppo turistico delle isole, ben sapendo che il fascino dell’Oriente, inossidabile retaggio romantico, si sarebbe tradotto in un elemento di forte richiamo per l’opinione pubblica italiana ed estera.
La promozione turistica si legava così in modo evidente alla propaganda coloniale (4).
Il lancio delle isole egee come mete turistiche fu sostenuto con una grande diffusione di prodotti editoriali ed attraverso i cinegiornali dell’Istituto Luce (5) [guarda in fondo all’articolo due filmati d’epoca fortunosamente recuperati da YouTube – NdR], oltre ad essere pubblicizzato alle esposizioni internazionali con padiglioni dedicati alle isole (6).

La guida del TCI, dal titolo “Possedimenti e colonie”, uscita nel 1929 nell’ambito della collana “Guida d’Italia”, riservava ampio spazio alle opere di architettura realizzate dal governo coloniale, ed in particolare allo stabilimento di cure termali di Kallithea, da poco ultimato.
Due anni prima, nel 1927, erano state avviate presso l’ufficio sanitario di Rodi, le analisi dell’acqua di Kallithea, in vista della realizzazione dello stabilimento (le Regie Terme di Kallitea).

La fonte si trovava a circa 10 km dal centro di Rodi, in una baia impervia che fu dotata di una calata per il futuro approdo di motoscafi, mentre il terreno era velocemente adattato per facilitare l’accesso alla popolazione: in questo modo era possibile saggiare nel breve periodo le effettive proprietà terapeutiche dell’acqua.

L’architetto Pietro Lombardi (7), esperto di idraulica, fu incaricato di progettare il primo nucleo dello stabilimento. La costruzione prese avvio nel settembre del 1928 sotto la direzione tecnica dell’ingegnere Sacconi e già nel maggio del 1929 le terme erano ormai ultimate, come è documentato da un cinegiornale dell’Istituto Luce (8).

Si tratta di un’architettura “fantastica” come la definisce Roberto Luciani nel suo volume dedicato all’architetto Lombardi (9).
Al complesso, distribuito in modo articolato su un terreno degradante ed irregolare, si accedeva da un ingresso monumentale: oltrepassato l’ingresso, percorrendo un ampio pergolato, si raggiungeva una scalinata monumentale che scendeva su un ampio porticato anulare dove venivano distribuite le acque termali.

1. Terme di Kallithea. Portico anulare di passeggiata e attesa (prima del restauro)

L’ampio porticato, da un lato addossato alla parete rocciosa, dall’altro aperto con arcate carenate ed oculi, circondava il fulcro centrale dello stabilimento: la rotonda della fonte.

Chiaramente ispirata all’architettura degli hamam ottomani, la rotonda, con cupola traforata da piccole losanghe in vetro, conteneva al suo interno una gradinata che circondava lo specchio d’acqua della sorgente, costantemente alimentata da sei piccole fontane ed illuminata dai raggi di luce colorata provenienti dalle forature vetrate della copertura.

2. Cortile con fontana (prima del restauro)

Questa prima parte del complesso venne immersa in una vasta area verde a protezione delle fonti, frutto di un’attenta pianificazione organica, ideata dall’architetto Barnabiti che sostituì il Lombardi nella carica di capo dell’ufficio di architettura e ne completò l’opera con lo stesso spirito.
Il Barnabiti curò inoltre la progettazione dell’edificio destinato ai servizi, una costruzione a pianta semicircolare comprendente oltre alle ritirate, sale di scrittura e giardinetti interni, e del portico anulare di passeggiata ed attesa, affacciato sul mare. Sono evidenti in questi successivi completamenti i riferimenti all’architettura ottomana.

3. Viale di accesso alle Terme (particolare)

Sempre al Barnabiti, si deve la sistemazione del piazzale di ingresso e dell’ampio pergolato, il cui pavimento in ciottoli di selce bianchi e neri richiama in modo esplicito quello della seicentesca Moschea di Murad Reis a Rodi (10).

4. Arcata di accesso al pergolato

Le reminiscenze islamiche, classiche e bizantine, leggibili in tutto il complesso, concorrono alla definizione di una sorta di repertorio mediterraneo e fanno di questa opera, come afferma Paolo Portoghesi, una delle più riuscite dell’attività del Lombardi, frutto di “una ricerca che utilizza con molta libertà i codici tradizionali e punta sulla vivacità comunicativa, sull’armonioso inserimento nello scenario naturale, oltre che sulla plasticità delle strutture, memori della tradizione mediterranea a Rodi…” e dove “si respira quel clima di libertà e di divertissement linguistico che è negli esempi migliori dell’Art Decò(11).

5. Pergolato d’ingresso. Visibile sullo sfondo la cupola traforata della rotonda che copriva la sorgente

Attualmente il complesso, che versava da anni in condizioni di accentuato degrado, è stato fatto oggetto di alcuni interventi di recupero (portale di ingresso, portico, etc.).

Solo visitandolo si può percepire la felice fusione tra architetture e paesaggio naturale, a cui concorre indubbiamente anche l’elemento climatico. All’armoniosa e suggestiva articolazione di volumi e spazi, che denunciano una particolare sensibilità per i legami con l’ambiente, si affianca un attento studio funzionale che fa dello “stabilimento una sorta di membrana regolativa che controlla l’intensità della luce, dell’aerazione, della temperatura.” (12).

6. La Promenade affacciata sul mare (prima del restauro)

7. Prospetto dell’edificio di ampliamento delle ritirate (A. Bernabiti, 1929) – prima del restauro

Un ringraziamento particolare a Dimitri Diacodimitri, per avermi fatto “vedere” le terme di Kallithea così come erano conservate nella sua memoria.

Il testo e le foto numerate (riprese dall’articolo originale) sono di Lucia Galli.


Note

1) Il nome Dodecaneso significa testualmente “dodici isole”, anche se l’arcipelago in realtà è formato da circa 200 isole, di cui poco meno di 30 sono abitate. Tale denominazione, già attribuita all’arcipelago dai Bizantini, venne adottato dagli italiani dopo il 1912 in seguito all’occupazione che durò fino al 1945. L’Amministrazione italiana ebbe aspetti contradditori e influenzò in modo rilevante la vita delle isole. La realizzazione di opere pubbliche, un obiettivo tipico del fascismo, interessò soprattutto Rodi, Coo e Portolago a Lero, ritenuta la propaggine del regime nel Mediterraneo Orientale (cfr. Andrea Giacumacatos in: “Regioni e mete in Europa – Ambiente, Arte, Storia” vol. II. TCI Milano 1991).

2) Simona Martinoli e Eliana Perotti “Architettura italiana nel Dodecaneso, 1912 – 43”, Fondazione Agnelli, 1999.

3) Il Governatorato di Mario Lago durò dal 1924 al 1936). Lago, richiamandosi ad analoghe esperienze coloniali avviate in Marocco, e mosso da spirito competitivo rispetto alla potenza coloniale francese, concentrò la quasi totalità degli interventi nell’isola di Rodi (nuovo piano regolatore della città, restauri in stile dei monumenti medievali; interventi di scavo dei siti archeologici; nuovi centri amministrativi urbani e grandi opere pubbliche).

4) In quegli stessi anni anche in Italia l’industria turistica registrava una forte evoluzione; alla promozione di nuove località a livello nazionale si accompagnava un nuovo interesse per il fenomeno turistico all’estero, considerato un possibile fattore di espansione economica e commerciale. Gli imprenditori italiani furono invitati ad investire nell’Egeo ed in particolare nel ramo alberghiero.

5) Alcune immagini delle Terme sono contenute nel Giornale Luce del 1933 dal titolo : “Rodi. Splendori – di Civiltà Italica nell’isola dei Cavalieri. Le Terme di Galitea e l’albergo delle Rose”.

6) Vedi dell’architetto Lombardi: il Padiglione delle isole dell’Egeo all’Esposizione coloniale di Torino del 1928; il Padiglione di Rodi all’Esposizione internazionale coloniale di Parigi del 1931; il Padiglione di Rodi alla Fiera di Tripoli del 1936.

7) Pietro Lombardi nominato nel 1927 capo dell’ufficio architettura in sostituzione del Di Fausto, venne incaricato della progettazione integrale dell’impianto termale in virtù delle sue conoscenze in materia di tecnica idraulica e delle sue precedenti realizzazioni a Roma (fontana monumentale della Piazza dell’Emporio al Testaccio e fontane rionali).

8) Le Terme appena ultimate vennero visitate dal Re Vittorio Emanuele III, vedi Giornale Luce del 19/05/1929 , dal titolo “I reali Savoia sbarcano a Rodi”.

9) Roberto Luciani: “Pietro Lombardi architetto”, Officina Edizioni, Roma 1987.

10) La moschea di Murad Reis, all’esterno della città murata, presenta un pergolato sostenuto da colonne e pavimentato con il tradizionale acciottolato bianco e nero.

11) “Pietro Lombardi” di Paolo Portoghesi, prefazione al testo di R. Luciani, op. cit.

12) cfr. Simona Martinoli e Eliana Perotti, op. cit.. p. 496

Il file .pdf della pubblicazione semi-definitiva (mancante del testo in inglese):

Le Terme di Calitéa a Rodi – Controspazio 118. Completo pdf

 

Cinegiornale Luce B0329 del 1933
Rodi. Splendori di civiltà italica nell’Isola dei cavalieri. Le terme di Galitea e l’albergo delle Rose

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Cinegiornale Luce C0043 del 07/06/1940
Un rapido viaggio nella capitale dei nostri possedimenti nell’Egeo

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Aggiornamento del 9 settembre
di Lucia Galli

Precisazioni riguardo all’articolo pubblicato il 3 settembre

La rivista su cui è stato pubblicato l’articolo originale è Controspazio – Direttore Responsabile: Marcello Fabbri – Comitato Scientifico ARDIS – Università Mediterranea di Reggio Calabria – n. 118; novembre-dicembre 2005, Gangemi Editore – Roma

Il file .pdf (semidefinitivo) è stato sostituito con quello completo che include anche il testo inglese a fronte.

Alcune delle foto inserite (nn.1-2-6-7) si riferiscono all’anno di pubblicazione dell’articolo (2005) quando la struttura era in gran parte degradata ad esclusione del portale  di ingresso, del viale di accesso  e del porticato.

Attualmente il complesso è tutto restaurato ed allego all’articolo di base alcune immagini corrispondenti allo stato attuale:

Il portico con la fontana

La  promenade

L’immagine successiva si riferisce alla visita del re a Rodi (vedi nel testo)

1 Comment

1 Comment

  1. Lucia Galli

    9 Settembre 2017 at 09:19

    Precisazioni riguardo all’articolo pubblicato il 3 settembre

    La rivista su cui è stato pubblicato l’articolo originale è Controspazio – Direttore Responsabile: Marcello Fabbri – Comitato Scientifico ARDIS – Università Mediterranea di Reggio Calabria – n. 118; novembre-dicembre 2005, Gangemi Editore – Roma

    Il file .pdf (semidefinitivo) è stato sostituito con quello completo che include anche il testo inglese a fronte.
    Alcune delle foto inserite (nn.1-2-6-7) si riferiscono all’anno di pubblicazione dell’articolo (2005) quando la struttura era in gran parte degradata ad esclusione del portale di ingresso, del viale di accesso e del porticato.
    Attualmente il complesso è tutto restaurato ed ho allegato all’articolo di base alcune immagini corrispondenti allo stato attuale.

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