Attualità

La posta dei Lettori. Per Ester…

riceviamo in Redazione e volentieri pubblichiamo

.

Per Ester
di Adriana Ferretti

“Era difficile non telefonare… il numero a memoria nella mia testa era un ritornello inarrestabile. Ci chiamavamo tutte le sere per raccontarci la vita, come un diario reciproco: io il suo, lei il mio. Eravamo ragazze e pochi mesi di lavoro insieme – era il 1984 -, erano bastati a far nascere la nostra bella amicizia e quella del nostro piccolo gruppo. Avevamo poco più di venti anni, ora più di cinquanta… tranne lei, che si è fermata troppo presto.

Continuavo a fare quel numero ogni sera, dunque, e non rispondeva, no, non rispondeva… Smettere di raccontarsi, di vedersi, ma perché?

Quando riuscii ad accettare l’assurdo, a dirmi spietatamente che non mi avrebbe risposto mai più, finalmente piansi e dopo qualche tempo cancellai il numero dalla mia memoria dolorosa, così non mi sarei più sbagliata.

La consapevolezza mi ha portato alla triste ma confortante accettazione che da qualche parte c’è.

Non è proprio vicino ma così ha scelto, dandoci l’illusione di andare a fare una bella gita in barca per andare a trovarla. Che furba! Sempre allegra! Anche in questa occasione! Si parte da Roma e si va sulla sua amata isola qualche volta.

Le mie amiche, quando vanno  a Ponza, sono incaricate di farle visita, portarle un ricordo di me, da poggiare sulla terra come se fossi andata io. Diventano sistematicamente anche loro amiche sue perché è cosa facile volerle bene…                                                          

E con loro si è creato un filo che ci unisce e che pacifica il dolore.

…Come stanca il dolore! Stanca sì. È per questo che hai voglia di appoggiarlo su quella terra quando arrivi. Era così: lo appoggiavo sulla terra sua, quel pezzetto di terra che aveva chiesto per farsi avvolgere, affacciata sul suo mare, coperta dal calore della sua amata e raccontata isola, piena della sua breve vita. Lo appoggiavo quel dolore, dicevo, e mi sentivo leggera finalmente. Mi sedevo sulla terra, vicino a lei per il tempo che il traghetto ci concedeva, e lì la ritrovavo nei ricordi e le giornate passate insieme. A volte si andava noi del nostro gruppetto rimasti in quattro ormai, e si stava così bene. Come si stava bene di nuovo con lei!

Ora eccomi… Sono passati un bel po’ di anni, quelli che occorrono a fare una vita.

E, con la mia famiglia decidiamo di fare vacanza a Ponza così anche i miei figli l’avrebbero conosciuta, e…
avrei ritrovato un po’ di pace andando a trovarla ogni giorno,
inginocchiandomi sulla sua terra
e percorrere
con lentezza
quella distanza  che mi rendeva irrequieta.
Avrei raccontato agli altri del gruppo giorno dopo giorno come era piacevole stare su quell’isola dove era anche lei.

E invece… Non la trovo!… Assurdo, non la trovo!…Con i miei figli e mio marito , leggiamo le lapidi una ad una, ma non c’è… Non so cosa pensare. Chiamo l’altra amica del gruppo e veniamo a sapere che una zona è interdetta per un masso pericolante.
Allora ritorno su. Guardo nel punto dove so che dovrebbe essere, ma invece non la posso vedere neanche da lontano, perché la vegetazione in questi anni ha coperto per intero la sua tomba, la sua foto sorridente e malinconica mentre saluta la vita…


Erba alta e incuria anziché il suo sorriso e la poesia che Neruda, inconsapevole, aveva scritto per lei…

Il tuo sorriso

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.

Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.

Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita….

….

Rìditela della notte,
del giorno, della luna,
rìditela delle strade
contorte dell’isola,
rìditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
négami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.

Ester cara, cara la mia amica Ester!
Avevi programmato tutto, anche la poesia per te, chiesto al sindaco di quegli anni un posticino per te su questa meravigliosa isola sorridente… come stavi? Cosa sentivi dentro? Senza dirci niente per non turbarci…

La mia vacanza con lei sfuma in modo avvilente. Venire qui per lei dopo tanto tempo e non trovarla. È assurdo e ironico non trovare una persona al cimitero dove è sepolta! Che scherzo è questo? Sembra irreale e anche inquietante.

Il pensiero inevitabilmente va ai genitori ormai molto anziani che non possono più andare a trovarla,
penso,
immagino,
sento in me, la madre,
che non trova più il suo seguito.
Quale consolazione per il loro ingiusto dolore, se nel posto dove lei C’È non si può accedere?

La natura comanda in questa meravigliosa isola, certo. Ogni tanto bisogna fare ciò che vuole lei, ma può essere fermata. Come vorrei si intervenisse presto!
La vorremmo trovare sempre lì la nostra amata Ester, dove ha chiesto di restare per sempre.
Vorrei che questa amarezza di non poter andare non si ripetesse, soprattutto per quella madre che non può più piangerla, neanche sull’unico pezzetto di mondo dove lei ancora È.

…l’unico pezzetto di mondo dove lei ancora È…”

1 Comment

1 Comment

  1. Rita Bosso

    22 Luglio 2017 at 11:25

    La terrazza su cui sta Ester da qualche mese è accessibile. Adriana, dopo la venuta a Ponza nel 2015 (a cui lo scritto si riferisce) ha mantenuto un contatto con il sindaco Vigorelli ed è stata costantemente informata dello stato d’avanzamento dei lavori. Che il suo toccante racconto possa essere d’auspicio alla riapertura di tutte le zone del cimitero.

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