Ambiente e Natura

La caccia a Ponza. Il mio parere

di Biagio Vitiello

 

Mie personali considerazioni sul tema della caccia.

Il messaggio dell’articolo pubblicato su Ponzaracconta (leggi qui) viene da Associazioni che si prefiggono l’abolizione della caccia… e questo un cacciatore non lo capisce, perché lo vede come un pretesto per contrastare anche chi va a caccia nei modi e nei tempi consentiti.

Intanto mi chiedo: perché non abolire anche della pesca cosiddetta “sportiva”, con la quale si fa commercio illegale e inoltre si sottraggono le risorse a chi vive di pesca? Inoltre la pesca sportiva non paga nessuna tassa Regionale né Provinciale, mentre chi va a caccia paga più di 500 euro di tasse.

Tornando alla caccia, dichiaro che io andrò a caccia rispettando sempre tutte le leggi in materia.
Alla caccia devo molto: se non fossi stato (e non fossi) cacciatore, non mi sarei mai avvicinato alla natura né conoscerei le mie isole – posso ben dire – “come le mie tasche”. E poi non avrei ideato – oltre 30 anni fa, quando non c’era ancora un movimento ambientalista e non c’era alcuna sensibilità in merito – il mio “giardino botanico”, o come mi piace chiamarlo “serbatoio genetico”!

A Ponza la caccia è lo “sport” più praticato e ha un grandissimo seguito, maggiore tutti gli altri sport.
Mi domando perché mai nessuna amministrazione ha mai predisposto un struttura per il tiro al piattello o un quagliodromo!
Quanto prima proporrò all’amministrazione Ferraiuolo le suddette idee; sarebbe anche possibile realizzarle attraverso una cooperativa – penso soprattutto al coinvolgimento di giovani – dove ognuno potrebbe partecipare con una quota, a costi limitati o nulli per il Comune.

In conclusione, la caccia a Ponza è una tradizione e come tutte le tradizioni ponzesi tenderà a scomparire – per la felicità di coloro che la vogliono abolire – anche senza forzature traumatiche.

4 Comments

4 Comments

  1. Luisa Guarino

    9 Luglio 2017 at 15:26

    Assolutamente d’accordo sul tiro al piattello, ma spero tanto che un quagliodromo non sia un posto ‘protetto’ in cui le quaglie volano e gli uomini sparano. Sono contraria naturalmente anche alla cosiddetta ‘pesca sportiva’ (sportiva per chi? Ne abbiamo già parlato): e non è solo questione di pagare una tassa o meno. Le associazioni di cui parliamo si battono soprattutto contro il bracconaggio e contro chi spara a volatili indifesi, anche perché molto affaticati, durante il loro periodo migratorio. Per quanto riguarda la ‘scoperta’ della natura sono sicura, caro Biagio, che avresti ottenuto lo stesso risultato con lunghe, lente e attente passeggiate, magari in compagnia solo del tuo cane. Ma a Ponza la parola “caccia” è da sempre tabù. Ricordo, e credo di averlo già scritto perciò mi scuso per la ripetizione, che molti anni fa, pur avendo sempre scritto di argomenti riguardanti l’isola, l’unica volta che sono stata fermata per strada e ‘contestata’ è stata quando mi sono schierata contro i cacciatori.

  2. Silverio Tomeo

    9 Luglio 2017 at 16:51

    E’ bello leggere e rileggere Ernest Hemingway sulle sue battute di caccia in Africa, ma sarebbe folle riproporre oggi quella pratica, così come era allora. Molti di quei territori sono anzi, nel presente e da tempo, parchi nazionali dove è vietata la caccia e dove solo avventurosi bracconieri ancora imperversano. Il turismo venatorio è meglio scansarlo. Mio zio cacciatore sparava anche ai gabbiani reali e poi li imbalsamava. Ora non lo potrebbe fare, probabilmente neppure lo vorrebbe fare. Cambiano le culture, cambia l’approccio, cambia la regolamentazione. La natura non è un bene illimitato a disposizione dell’uomo. Accarezzare il pelo ai cacciatori come che sia è una cosa che mi sembra di aver già sentito, di recente, e senza i risultati di consenso elettorale che sperava il tipo. Eppure dalle tradizioni familiari so la poesia della caccia, del cane addestrato, del tiro secco all’alba, nel silenzio di quelle ore. Diciamo allora che dovrebbe essere come quando una religione viene a mitigarsi, a secolarizzarsi, a privarsi di pretese di fondamentalismo. Solo così una disciplina venatoria potrà sopravvivere, se si autolimita e auto-contiene. Negli ex Paesi dell’Est divenne di moda l’arte venatoria, con frotte di gruppi organizzati, non so oggi, che ci andavano, facendo stragi di cacciagione varia. Anche il tiro al piccione una volta era praticato, ora non più. Dura lex, sed lex.

  3. Biagio Vitiello

    9 Luglio 2017 at 17:42

    Cara Luisa,
    dovresti sapere che nel quagliodromo non si sparano le quaglie, ma si addestrano i cani alla ricerca del selvatico.
    Se conosco le isole Ponziane come poche persone, è stato solo per la caccia (che io pratico da mezzo secolo); come anche per la flora e fauna delle nostre isole. Infatti nella prima amministrazione Ferraiuolo feci con successo una mostra fotografica sulle orchidee di Ponza – conservo ancora gelosamente in un cassetto le foto ed un manoscritto (ricordo che per le macro, usavo invertire l’obiettivo della mia Canon, per mancanza di soldi!)
    [un articolo sulle orchidee fotografate da Biagio è stato presentato sul sito ai suoi inizi (3 marzo 2011): leggi qui – NdR]
    Fui stimolato a questa ricerca dal fatto che la Regione Lazio aveva finanziato un libro sulle orchidee del Lazio, ma non citavano affatto Ponza.
    Ribadisco che facevo questo quando non esisteva minimamente la sensibilità per l’ambiente.
    Poi mi domando: tutti dicono di amare Ponza, ma conoscono davvero della nostra isola e cosa fanno per essa?

  4. giovanni hausmann

    10 Luglio 2017 at 16:30

    Mi permetto di intervenire sul tema anche se “vengo da fuori Ponza” e quindi sono uno straniero. il tema però ha una valenza che va al di là del “sacro scoglio” e penso che possa ricevere anche un mio contributo.
    la contrapposizione tra “ambientalisti” e “cacciatori” è ormai trita e ritrita ed ha attraversato momenti di grande conflittualità e momenti di sincera collaborazione (almeno sul continente). Ricordo infatti le schede elettorali utilizzate per una riffa locale in occasione del referendum contro la caccia, le guerre delle grancasse in occasione delle varie aperture settembrine e via di seguito. Ma mai – e dico mai! – il tema è stato affrontato nella giusta misura, un po’ come i tifosi della Roma e della Lazio dopo il derby!
    Io ovviamente non sono un cacciatore e mi definirei “un cittadino preoccupato della conservazione dell’ambiente”. E’ indubbio infatti che sia nella caccia quanto nella citata pesca il rapporto tra chi preda e chi è predato, anche a causa delle nuove tecnologie, è fortemente a sfavore di questi ultimi. In questo senso ho visto squadre di cacciatori al cinghiale che si muovono nel territorio con fuoristrada e collegamenti via radio allo scopo di “scovare” i cinghiali e portarli verso morte certa. Ho visto cacciatori in auto con i fucili fuori dal finestrino che si aggiravano nelle strade di campagna alla ricerca dei tordi. Tutto ciò senza nessuna somiglianza (e alcun rispetto) con la vecchia cacciarella toscana o col cacciatore solitario alla posta.
    Ma ho anche visto cacciatori che, durante le nostre passeggiate a cavallo nelle campagne a nord di Roma, persi in luoghi significativamente lontani dalla civiltà e nel mezzo di boschi e roveti, erano contenti di essere lì anche senza avere messo niente dentro il carniere. A questi più volte ho chiesto la strada e loro, nella enorme conoscenza del territorio, me la indicavano senza ombra di dubbio.
    Non ho d’altra parte mai incontrato un cosiddetto “ambientalista” negli stessi posti a fare foto o ad osservare il comportamento degli animali, uccelli o altro. Quindi trovo assolutamente pretestuoso colpevolizzare uno o l’altro. In fondo entrambe le categorie hanno i loro pregi ed i loro difetti (non vorrei per questo essere definito come un tardo democristiano, sono solo un attento “evidenzialista” e traggo le conclusioni).
    Ho visto però una cosa che sembra molto, molto interessante nei miei diversi viaggi nell’Africa subequatoriale. Lì infatti hanno affiancato, non senza un certo coraggio, alla caccia con il fucile, la caccia fotografica ottenendo un grande successo di interesse e di visitatori. Ci sono zone dove si può cacciare con il fucile e zone dove si può cacciare con la fotocamera. Addirittura molti dei proventi della “caccia grossa” sono rivolti verso il ripopolamento delle zone di conservazione. Insomma, ci si è diviso il territorio!
    Certo, gli spazi lì sono un tantino più grandi ma il risultato è di grande interesse. in tutte e due le aree sono sorti campi tendati, lodge, resort per tutte le tasche e, pagando il dovuto, si possono visitare e rimanere anche per periodi lunghi per la soddisfazione di ciascuna delle parti. Insomma una discreta convivenza civile. Direi che in molti casi addirittura sono gli stessi ex cacciatori bianchi che sono diventati accompagnatori (ranger) di attenti osservatori del comportamento degli animali o della contemplazione dei luoghi (sense of place).
    Insomma si potrebbe pensare, rispettando le regole del gioco, che ciascuno possa fare la sua parte e attraverso una sana conservazione del territorio, si possa continuare a godere della propria passione senza devastare l’ambiente e magari allo stesso modo condividere con turisti inesperti luoghi segreti delle vostre isole che solo voi cacciatori conoscete ed apprezzate.
    Per parte mia io, che sto vicino al monte Capodibosco, non ci sono mai andato perché non avendo una guida esperta potrei trovarmi, senza volerlo, in grosse difficoltà. Magari potremmo organizzare con il prof Vitiello e magari con qual altro suo collega cacciatore esperto e fare un bel picnic in cima con la magnifica vista su Palmarola e Lucia rosa!

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