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Trentanove anni fa un confinato salì al Quirinale

di Rita Bosso

Sandro Pertini qualche anno prima di essere confinato a Ponza

Trentanove anni fa Sandro Pertini divenne il settimo presidente della Repubblica.

Pertini alla Scuola Mitraglieri (1918)

In APPonza compare una breve biografia [1] che si sofferma sugli anni trascorsi al confino, corredata da un file audio e da qualche foto. Ne trascrivo un paragrafo.

Sandro Pertini al confino a Ventotene

Nel Pertini confinato sono già presenti i tratti che lo renderanno il presidente più popolare.
C’è l’eleganza: “Al confino, poi, si trattava di far vedere che non ci si lasciava andare, neanche nell’aspetto esteriore. Spinelli, per esempio, andava in giro con certi stivaloni…”
C’è il gran camminatore: “Facevo lunghe passeggiate nelle strade in cui ci era consentito il transito. Ero sempre scortato dalle guardie come elemento pericoloso.”
C’era il carattere dispettoso: appena cominciava a piovere prendeva l’ombrello e usciva, costringendo la scorta a seguirlo; le guardie, in divisa, non potevano utilizzare ombrelli.
C’è il giocatore di scopone: con la scusa di dover discutere questioni legali raggiungeva lo studio dell’avvocato Gaetano Migliaccio e avviava la partita.
C’è l’amore per la vita: “Per uno che usciva di prigione e che il regime voleva demoralizzare, ghettizzare anche al confino, avere una storia d’amore voleva dire tutto, voleva dire tornare alla sorgente della vita. Conservo di Giuseppina un ricordo dolcissimo” (riferendosi a Giuseppina Mazzella, la fidanzata ponzese).
C’è il legame profondo con il Partito Socialista; lo sbarco dell’ennesimo confinato comunista provocava in lui espressioni accorate: “Ma i miei compagni, i miei compagni socialisti, dove sono?”

l’avvocato Gaetano Migliaccio, compagno di partite a scopone con Pertini