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Epicrisi 127. Ius soli Ponzae

di Enzo Di Giovanni

 

L’epicrisi è il nostro modo di riepilogare la settimana appena trascorsa, magari cercando un filo conduttore tra storie ed eventi apparentemente casuali che si intrecciano e si dipanano. Ma ci sono epicrisi che proprio non si possono fare, come in questo caso!

Gli ultimi sette giorni non rappresentano un intreccio tra storie diverse; né sono successi fatti su cui costruire connessioni più o meno probabili, nel gioco tutto umano di voler a tutti i costi dare un senso alle cose, in risposta all’illusione ancora più umana di voler essere padroni del proprio destino.

Ecco: il destino.
L’argomento della scorsa settimana, ben rappresentato ovviamente su Ponzaracconta al punto che non serve sottolinearlo, era solo uno.

Nella nostra piccola isola, con il resto del mondo beatamente indifferente, c’è stata una contrazione spazio-temporale in cui gli ultimi 5 anni si sono condensati in un punto: una sorta di big bang al contrario, o, se preferite, un immenso buco nero che ha inghiottito tutto… emozioni, speranze, sofferenze quotidiane, la fatica di vivere. Non c’è un ponzese che non si sia sentito chiamato in causa, che non abbia avvertito, comunque la pensasse, la responsabilità del momento.

Io decido il mio destino.

Indietro non si torna. Lo slogan, nato dalla campagna elettorale di Vigorelli, si è poi esteso a tutti.

Nostro malgrado, e forse senza particolari meriti, abbiamo avvertito la sensazione netta di fare la Storia, di essere chiamati a decidere tra un modello di sviluppo e l’altro, impegnati in una scelta di campo con conseguenze imprevedibili e comunque significative per gli anni a venire. Famiglie si sono spaccate, vecchie amicizie si sono rotte, nuovi rapporti sono nati o si sono rinsaldati.

Esagerato?

Non credo. Il resto del mondo può anche – e giustamente – continuare ad esserne indifferente, ma è davvero epocale ciò che si è consumato in pochi giorni nella nostra piccola comunità. Un giorno, a bocce ferme, analizzeremo questo periodo con occhi disincantati perché magari nulla sarà avvenuto, e col disincanto verrà meno anche la pretesa di poter decidere alcunché, figuriamoci il proprio destino!

Eppure è avvenuto davvero. Due mondi, o forse più, due modi contrapposti di vedere le cose, si sono fronteggiati lasciano in eredità una profonda lacerazione che non sarà facile ricomporre. E che non sarà facile nemmeno spiegare o comprendere, nonostante i generosi tentativi di analisi sulle pagine di Ponzaracconta  (leggi qui [1], qui [2] e qui [3]) come nelle piazze, reali o virtuali che siano.

Per il momento possiamo limitarci a dire che non è stata una banale tornata elettorale. E che non si trattava solo di scegliere tra Vigorelli e Ferraiuolo.

La storia di Ponza è una storia di frontiera. E’ una scommessa, fin dal lontano 1734, quando alcune famiglie, con chissà quali speranze, vennero a tentare di colonizzare questo piccolo lembo di terra. Qualcuno abbandonò da subito, altri resistettero, altri ancora poi tentarono la via dell’emigrazione all’estero lasciando sogni e famiglie.
E in effetti, come spesso diciamo, la migrazione è il tratto distintivo del ponzese (per un recente accenno, leggi qui [4]), come di qualunque isolano, forse. L’unica nostra costante, presente in tutte le famiglie. A pensarci bene, a tentare di mettere a fuoco certe variabili, personalmente non ho mai veramente compreso una delle lacerazioni più frequenti oggi a Ponza: quella tra residenti e non-residenti. La comprendo solo negli aspetti più negativi: quella rabbia, quella separazione anche culturale, sicuramente concettuale, tra chi rimprovera agli uni l’abbandono, agli altri l’incapacità di gestire al meglio le risorse e le peculiarità di Ponza.

Perchè non la comprendo? Perchè ho l’impressione che una volta non fosse così.
In tutte le famiglie ci sono storie tormentate, che oggi stiamo dimenticando, di partenze forzate alla ricerca di una condizione di vita migliore. Ma senza mai perdere il filo con la madre terra, né l’affetto con chi era rimasto. E la riproduzione, la replica di usi e costumi in terra straniera, a cominciare dal culto di San Silverio sono ancora ben vivi a ricordarcelo.

Il corto circuito attuale, la distinzione marcata e non dialogante tra chi parte e chi resta, tra le varie classi lavorative e sociali, addirittura tra quartieri, sono un fenomeno degli ultimi decenni, quando si è fatta strada la percezione che veramente rischiamo l’abbandono e la scomparsa dell’intera comunità. Da un lato chi emigra, soprattutto giovani, soffre il distacco perchè la partenza viene vista con più consapevolezza senza ritorno: non c’è più lo spirito di chi emigrava a New York nella speranza di arricchirsi per poi tornare tanto era forte la sproporzione tra l’isola e l’America. Chi oggi va via lo fa perchè si sente tagliato fuori dal sistema, dal mondo del lavoro, non dalla miseria nera dei primi del secolo scorso.

Dall’altro chi resta si sente sempre più solo, incapace di modificare le dinamiche in atto. In mezzo, una nuova forma di migrazione part-time, non meno dannosa, di chi sverna per comodità o per bisogno.

L’anomalia di Vigorelli – perchè un sindaco forestiero è una anomalia in un’isola minore comunque la si pensi ed aldilà del valore delle persone – nasce in questo solco, non è certo frutto del caso.

E non è un caso il livore che si sta trascinando tra i diversi ultras, tra richiami a legalità, cafonaggine, libertà, dignità, orgoglio (leggi qui in Rassegna Stampa (in particolare l’articolo riportato da ‘Il Tempo’ del 13 giugno)e nell’elzeviro di Sang’ ‘i Retunne).
Con in più un fenomeno che non è stato analizzato come merita: quello della immigrazione stagionale di chi ha comprato casa per le vacanze.

Che a Ponza si approdi oltre che andar via è storicamente accertato, anzi, è uno dei motivi per cui l’isola ancora non si è spopolata. E in effetti, semplificando, possiamo dire che il ponzese non è solo chi nasce a Ponza, ma anche chi viene a stabilirsi, perchè sempre nella sfera della migrazione siamo, e come tali si viene accolti… Infatti, perfettamente integrati, abbiamo persone di svariate nazionalità, comunque ponzesi. E con ciò siamo nel pieno delle polemiche roventi di questi giorni, sullo Ius soli!
Ma il fenomeno “migratorio” di chi viene solo per vacanza (dal latino vacare: essere vuoto, libero), è una cosa ancora diversa…

Uno dei tanti commenti “politici” visti in questi giorni sui social era di una signora che diceva; “sono quarant’anni che vengo a Ponza ed ancora mi chiamano forestiera”.

Della serie: fatti una domanda e datti una risposta…

Nota della Redazione
La scorsa settimana la consueta Epicrisi non è uscita, per la concomitanza della tornata elettorale: per la precedente, la n° 126, di Rosanna Conte,  leggi qui [5]