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Un faro e… tanti narcisidi Enzo Di Fazio . Domenica scorsa avendo voglia di fotografare sono andato, con gli amici del circolo, a Rocca di Mezzo, paesino a 1300 metri slm. in provincia dell’Aquila, dove si celebrava la Festa del Narciso. Bellissima giornata di sole e alte le aspettative non essendoci mai stato, ma mai mi sarei aspettato di trovare un faro in un paese di montagna. A queste prime battute anche chi è dotato di buona fantasia difficilmente riuscirà a capire di cosa stia parlando. A meno che non sia abruzzese o di Rocca di Mezzo o viva dalle parti dell’Aquila. Quest’anno si è arrivati – pensate – alla 71^ edizione! La festa (leggo su “Il Centro”, quotidiano aquilano on-line) nasce nel lontano 1947 come simbolo di rinascita e di speranza per far fronte alle ferite che la seconda guerra mondiale aveva lasciato. All’inizio i carri, trainati dai buoi, erano costituiti da rimorchi allargati con assi di legno e, ricoperti di erba e di muschio, decorati semplicemente con ramoscelli di salici e da migliaia di narcisi profumati. Col passare del tempo e lo sviluppo di ingegnosi meccanismi, la costruzione dei carri si è affinata, ma rispetto al passato i valori di questa manifestazione non sono cambiati. Fino all’altro giorno non sapevo che in montagna la stagione di questi fiori esplodesse a maggio avanzato, quasi a ridosso dell’estate, abituato a vederli, a Ponza, sbocciare spontaneamente, al più tardi nel mese di febbraio, un po’ in giro o nel giardino vicino casa. Semplici e delicati come li ho sempre considerati non immaginavo che avessero questa grande capacità di adornare sostituendosi alla carta pesta, ai tessuti, alle vernici. Insomma, domenica, questi fiori mi hanno riservato un insieme di sorprese tra cui quella di farmi trovare di fronte ad un faro. I fari, si sa, hanno avuto sempre il potere di affascinare. Mi prefiguravo, perciò, risposte che mi parlassero di leggende legate magari a qualche contadino del luogo trovatosi coinvolto un giorno, per chissà quale scherzo del destino, in faccende di mare e di naviganti. tra le fauci del mostro marino l’interno del faro
Due momenti della preparazione del carro “Non è tutto oro quello che luccica” Così è stato anche per questa edizione e per il carro sul faro che, preparato dall’associazione Pianezza e Compagnia bella, aveva per titolo “Che cosa ne sarà di me?”
il guardiano del faro Ho percepito nelle ore trascorse tra la gente di Rocca di Mezzo tanta solidarietà e partecipazione, grande legame con il territorio, sentimenti in cui ho visto coinvolte almeno tre generazioni. A dimostrazione di come la cultura delle tradizioni rafforzi l’identità territoriale e rinsaldi i rapporti tra la gente, tutte cose cui noi di Ponza teniamo e che da tempo sosteniamo.
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Enzo nel rivelare l’arcano messaggio del perché il faro in montagna dovevi aggiungere “ogni riferimento a fatti, persone e cose è puramente occasionale anche perché lì si parla: di paesino del mediterraneo costruito intorno a un faro; momento di sbandamento della comunità dovuto allo svilimento di alcuni valori essenziali; in questo contesto prende corpo il male che viene dal mare; ma la volontà di stare insieme e il recupero dei valori persi riescono a sconfiggere – grazie alla saggezza e alla guida degli uomini di equilibrio e di buona volontà (la luce del faro) – il male e ridare speranza e vita al villaggio.
Sono letteralmente ipnotizzata dai fari, l’ho detto in diverse occasioni. Ma uno fatto tutto di narcisi, un fiore profumatissimo, che nasce spontaneo e che tra l’altro ho sempre associato a mia madre, che da scuola ne portava fasci interi a casa, non me lo sarei mai aspettato. Grazie dunque caro Enzo per questa graditissima sorpresa… a un passo da noi. Inoltre, come giustamente sottolinea Vincenzo, la storia che è alla base di questa straordinaria tradizione si attaglia perfettamente alla realtà della nostra isola. Speriamo allora che tutta questa luce ci porti fortuna.