Attualità

Et… Atque

di Silverio Lamonica

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La lingua latina, si sa, non smette mai di affascinare soprattutto per la sua eleganza. Spesso, per rendere meglio l’idea dell’argomento che ci accingiamo ad illustrare, la citazione latina ci scappa: “De gustibus non est disputandum”… “In cauda venenum”… “Ubi maior, minor cessat” … e potrei continuare all’infinito. Le stesse frasi, tradotte in italiano, perdono eleganza ed effetto, c’è poco da discutere.

Così Giuliano Massari, nel dare il titolo a questo breve saggio, ha pensato giustamente alla insuperabile lingua di Cicerone, Virgilio e Tacito: … Et … Atque . Si tratta di due congiunzioni, tra loro sinonimi. In italiano si traducono con le congiunzioni “e” , “anche” , “pure”. Atque, in particolare, si usava per rafforzare e sottolineare il concetto espresso in precedenza, come per dire: “pure!” “Aggiungiamo anche questo!”

Le due congiunzioni, lette assieme, suonano così: e tacque” (il sottotitolo del saggio)… del resto di fronte a brutture di ogni tipo si rimane stupefatti, non si trovano parole.

Giuliano Massari è giunto a Ponza agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso, quando le colline coltivate a terrazze, le case, gli edifici, il porto… conservavano ancora le caratteristiche di fine ottocento, primi anni del novecento. Ma in oltre sessanta anni “tanta acqua è passata sotto i ponti” e il boom turistico, unito alle mutate esigenze della “vita moderna” ha indotto qualche “operatore economico” e non solo ad “adattare alle mutate necessità” il bene a disposizione (che poi, date le caratteristiche, è bene comune) quasi sempre scimmiottando l’ambiente della città: persiane e ringhiere in pvc o peggio ancora ottonate, hanno sostituito le porte e finestre in legno e le ringhiere in ghisa o ferro battuto, volte a cupola distrutte per ricavare soppalchi, saracinesche metalliche in luogo delle porte in legno… e l’elenco sarebbe troppo lungo e penoso.

Ma l’attenzione di Giuliano, in questo lavoro, è rivolta al porto, in particolare agli edifici che fiancheggiano la banchina Di Fazio e che negli anni ’50 e ’60 conservavano ancora intatte le caratteristiche settecentesche. E Giuliano passa in rassegna i vari locali e annota le modifiche, o meglio le manomissioni, apportate: “e (et) qui è stato allargata l’entrata e sono scomparsi i piedritti di basalto, sostituiti da una fascia bianca” …. E quic’è pure (atque) la finestra con l’inferriata zincata…”

Immaginiamo di recarci al Louvre per ammirare il quadro della Gioconda e al posto della stupenda cornice di legno con i preziosi fregi dorati in rilievo, notiamo tutt’intorno una piatta cornice di plastica bianca o marrone… l’effetto è identico nel notare le varie aperture dei locali della Banchina Di Fazio privi dei “piedritti”, quei meravigliosi parallelepipedi di basalto che li incorniciavano, sostituiti da fasce bianche, nemmeno in rilievo, tralasciando le altre brutture elencate nell’opera.

Il Foro Borbonico di Ponza è di per sé un monumento storico importante, una stupenda opera d’arte paragonabile ai dipinti dei più celebri pittori di tutti i tempi e alterare anche un minimo particolare, significa snaturarlo, come se a Roma decidessero di chiudere le arcate del Colosseo con infissi e persiane in pvc.

Al saggio hanno dato il proprio sintetico contributo Salvatore Bonadonna, senatore, con “Discorsi giurisprudenziali”; Arianna Brunelli, architetto, con la “Documentazione grafica”, Paolo Camilletti, architetto: “Opportunità e limiti della tutela paesaggistica del centro storico di Ponza”, Francesco de Luca, dirigente scolastico in pensione: Quanti ne dobbiamo vedere ancora (di scempi), Luisa Guarino, giornalista: “Nostalgia? No, ma…”, Egidio Orlandi, ingegnere: “Note su Ponza”; Gabriele Panizzi, già Presidente della Regione Lazio: “Amministrare è difficile e faticoso”, e il sottoscritto con “Il Porto di Ponza, cenni storici”.

I vari punti di vista convergono nell’evidenziare la necessità di tutelare il patrimonio storico, artistico e architettonico che travalica i limiti angusti della “proprietà privata” perché assurge al concetto di bene comune”, di gran lunga più ampio e più alto. In parole povere: se il privato custodisce l’opera d’arte che la sorte gli ha assegnato quale bene personale, non la manomette e fa in modo che tutti possano ammirarla ed apprezzarla, ne trae lui stesso vantaggio.

Il saggio, in tiratura limitatissima, è disponibile presso la libreria Al Brigantino, Corso Pisacane – Ponza

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