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Il coraggio civico

di Francesco De Luca

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Anche questo specifico coraggio (il coraggio civico) “se non ce l’hai, nessuno può dartelo” . Se si ha paura di esprimere la propria opinione e dissentire, se si reprime il proprio dispetto per timore di rappresaglie, si può sentire la coscienza mordere dentro e rinfacciare la vigliaccheria. Soltanto questo! Ma, si sa, l’animo è foderato, è schermato, e tutto rimane dentro. Al di fuori, nelle relazioni coi simili, non compare la lotta intestina fra il giusto rammarico e la repressione che frena e tacita.

Non compare. Si finge indifferenza e si coltiva malanimo. Ci si atteggia a uomini navigati e si è incatenati a quanto ha velato di nero secoli e secoli di storia umana. L‘oscurantismo della illibertà, della soggezione.

Si passeggia per la Piazza, ci si intrattiene con Veruccio e Ciccillo sulla lunghezza del tragitto Formia-Ponza, sulla sciagura capitata a Pilato e alle sue corriere ma non si palesa la propria opinione.
– “Chi sa sotto che ce sta!” – è il commento più banale. Ci si rifugia nel qualunquismo perché si ha timore di esporsi. Perché ci si sente accerchiati dalla sudditanza.

È un male sociale! Ma ancora peggio del tacitare la propria libertà è l’abitudine a farlo.

Non sono un medico dell’animo e presento il mio pensiero come semplice personale opinione. Se si alimenta la propria mente alla sudditanza si finisce stupidi di fanatismo, seguaci di precetti ignobili. Meglio una schietta, popolare bestemmia che un silenzio ossequioso e marcio. Quella, nello sfogo, sgombra la mente da condizionamenti, l’altro intasa e maleodora.

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“Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare” (A. Manzoni ne “I promessi sposi”)

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