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Umberto Tommasini: il fabbro anarchico (2)

di Rosanna Conte

 

per la prima parte: leggi qui [1]

Nei ricordi di Umberto Tommasini il periodo del confino ponzese non è proprio negativo.

Nel complesso Le condizioni erano migliorate, anche il paese era migliore, più popolazione; c’erano due automobili che andavano su e giù, una piccola corriera faceva i collegamenti fra i due paesi, il piroscafo univa quattro-cinque volte alla settimana con Napoli. I giornali arrivavano tutti i giorni.

A Ponza lavora alle dipendenze di Ferdinando Morrone. Fa il fabbro e lucidatore di mobili insieme ad un altro confinato, Alfonso Pettinari, come lui venuto da Ustica. Naturalmente il loro raggio di azione è circoscritto alla zona confinaria e, come risulta da ricerca di archivio, non ricevono l’autorizzazione a recarsi, sempre per lavoro, alle Forna.

Anche il cimitero è zona interdetta e Umberto non vi si può recare con Bovo Ittone, nel febbraio del ’29, per costruire la tomba a Roberto Conti, compagno del confino ad Ustica, morto sulla nostra isola; ma nel maggio del 1930 la richiesta viene accolta e, insieme al confinato Bottino Giacinto, ha a disposizione una settimana per portare a compimento il progetto.

Il gruppetto di anarchici, secondo per numero tra i confinati, è composto quasi tutto da operai, sempre disposti ad aiutare gli altri, senza distinzioni di appartenenza politica. Si tengono, però, a distanza dai comunisti ortodossi, ai quali non perdonano di aver distrutto durante la rivoluzione russa del 1918 il tentativo, che tutti gli anarchici speravano allora venisse compiuto, di trasformare l’intera nazione russa in una libera federazione di libere comunità di contadini ed operai.

E’ per questo che appena possono, si fanno la loro biblioteca e aprono un piccolo caffé all’interno del camerone i cui proventi servono a finanziare proprio la biblioteca.

A Ponza non frequenta più la scuola comunista. Organizzata nelle case private- ce lo descrive bene Cesira Fiori – è copertura per l’attività clandestina. Umberto si sente estraneo Hanno preparato intellettualmente i loro adepti, con i metodi loro –

Questa avversione di fondo non impedisce ad Umberto di riconoscere che i comunisti hanno una buona capacità organizzativa ed amministrativa per quanto riguarda lo spaccio dove non c’erano però cose più a buon mercato che dai commercianti.

Con questa categoria di isolani i confinati riescono ad intendersi bene, dopo l’iniziale diffidenza. Abituati ai coatti, sempre inadempienti nei pagamenti, e messi in guardia dalla propaganda ufficiale che appaia ad essi i confinati politici, i commercianti non volevano anticipare i generi di cui avevano bisogno per far funzionare le mense.

Magari nell’isola tutti loro erano figli di coatti, ma erano diventati perbene, è la riflessione del giovane anarchico. E’ il direttore della colonia che dà la sua garanzia a far credito ai responsabili di queste attività.

Come tanti fra i giovani confinati, anche Umberto ha la sua ragazza ponzese. Non ci dà elementi per individuarla, ma sappiamo che aveva intorno ai diciotto anni e che la madre sarebbe stata contenta di darla in moglie a lui. Una volta ho cercato di darle un bacio, mi ha dato un morso che me lo ricorderò per tutta la vita!

Guardandosi intorno rileva che C’erano delle ragazze che cercavano in tutti i modi di andarsene, di sposare un …continentale! Era come vincere alla lotteria.

Per Umberto, l’impegno politico, con il rischio continuo del carcere e del confino, è stato sempre un ostacolo all’idea di formarsi una famiglia. Più tardi, a Parigi, Anna, una compagna anarchica, sceglierà di avere un figlio da lui, pur sapendo che dover affrontare da sola tutte le difficoltà che ne sarebbero scaturite.

Tommasini ricorda che gli anarchici non ricevevano giornali clandestini, forse i comunisti sì.

Con Bordiga, per quanto lo giudichi sempre autoritario, gioca a pallanuoto. Era un colosso! Gli montavo sopra per buttarlo sott’acqua e non ci sono mai riuscito!

Nel suo racconto scorrono diversi personaggi:  Luigi Repossi, ex- operaio tornitore e deputato comunista – vanitoso -, il generale Roberto Bencivenga, rimasto monarchico anche dopo la liberazione, ma un buon uomo, pronto a collaborare perfino con i comunisti per liberarsi dal fascismo, Domizio Torrigiani, capo della massoneria, un furbone, grasso, grosso. Non manca di soffermarsi sugli anarchici: l’ingegnere Bruno Misefari, il milanese Meniconi, il romano Attilio Paolinelli, il marchigiano Alfonso Pettinari, il livornese Gino Bibbi.


Luigi Repossi


Roberto Bencivenga


Domizio Torrigiani

Bibbi, destinato al confino a Ponza, ma per errore tradotto a Lipari, ha un legame molto intenso con Umberto. Si erano incontrati a Trieste per la preparazione delle bombe dell’attentato di Lucetti, di cui Bibbi era parente, a Mussolini e si incontreranno dopo, durante la guerra di Spagna.


Gino Bibbi

Durante la permanenza a Ponza, dal 29 luglio del 1928 al 23 luglio del 1932, Umberto partecipa alle proteste che occasionalmente si presentano.

Oltre al già citato sciopero per riavere il permesso di fare i bagni a Chiaia di Luna, l’8 settembre del ’29, insieme ad altri 18 protesta contro i maltrattamenti inflitti ad un confinato. E’ arrestato e il 17 gennaio del ’30 è condannato a 1 mese e 15 giorni.

L’11 novembre del ’30 è di nuovo in carcere per aver partecipato alle proteste collettive contro il dimezzamento del sussidio giornaliero.

Che sollievo quando, portato con gli altri a Poggioreale per essere processato per lo sciopero della fame, può bere non solo il latte, ma l’acqua, la migliore che ci sia. Sembrava di bere un liquore a confronto dell’acqua di Ponza. Era la stessa, ma si trasbordava, veniva buttata più volte nelle cisterne “Merita andare in prigione a Napoli per bere acqua buona

[Umberto Tommasini: il fabbro anarchico (2) – Continua]