Attualità

La resistenza oggi e il bisogno di liberarsi dalle paure

di Vincenzo (Enzo) Di Fazio

 

Nel supplemento Robinson di Repubblica di domenica scorsa ci sono diverse pagine dedicate alla Resistenza e alla ricorrenza della Liberazione.
In una si legge in caratteri molto grandi “Non piangete, ricordateci”
Mi hanno colpito queste poche parole perché in effetti sinteticamente dicono quale debba essere oggi il senso della ricorrenza del 25 aprile, spesso dimenticata o ricordata solo per pura formalità.

“Non piangete, ricordateci” sono le parole che utilizza Enzo Enriquez Agnoletti per introdurre le  “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana”.
Tra queste – scrive Carlo Greppi su Repubblica – anche ora che sono inesorabilmente sbiadite, troviamo tutte le anime della Resistenza: la guerra di liberazione, quella civile e quella di classe, Dio e un’altra idea di patria, la fermezza degli ideali ribaditi sul punto di morte e il dolore incommensurabile del dover dire addio a chi si ama. Troviamo l’umana esitazione e una granitica consapevolezza di fronte a quello che si lascia: la commovente convinzione di aver lottato per un paese libero e giusto…

Oggi viviamo una nuova resistenza: quella contro gli abusi, i soprusi e il sottile tentativo di una parte della politica di tenere soggiogata la gente.

Se ci pensiamo bene, la resistenza, nel senso più ampio del termine, non è mai finita come non è mai finito il bisogno di liberarsi dalla paura.
Da quella di perdere la libertà continuamente insidiata (vedasi ad esempio la recente deriva della Turchia) a quella di perdere la vita per l’incoscienza e la cattiveria umana.
Leggevo qualche giorno fa che la Corea del Nord celebra in queste ore il Giorno del Sole, anniversario della nascita e fondatore della patria, Kim II-Sung. Una maestosa parata militare si snoderà per le principali vie di Pyongyang.
Sono previsti altri eventi anche per l’ottantacinquesimo anniversario dell’Esercito Popolare di Corea, che cade oggi 25 aprile.
Che curiosa coincidenza mi sono detto. Nello stesso giorno in cui da noi si celebra l’anniversario della resistenza, in Corea del Nord si celebra la grandezza dell’esercito e si esalta l’armamento.
E sappiano quanta preoccupazione stia dando al mondo l’atteggiamento provocatorio e incosciente di Kim Jong.un.

Ieri i partigiani hanno combattuto per liberare l’Italia dal nazifascismo, oggi dobbiamo combattere per liberarci dalle paure che ci assillano e che non ci fanno andare avanti.
Viviamo in continua precarietà e in un contesto di paure. Paura di perdere il lavoro, paura di non trovarlo (che è quella soprattutto dei giovani), paura di non poter arrivare a fine mese, paura di morire coinvolti in un attentato terroristico, paura di dover condividere, per forza di cose, con gli altri (i migranti e i poveri) lo spazio di questa terra, paura di fare delle scelte, in una parola abbiamo paura del domani.
Abbiamo perso la forza di credere in noi stessi, di programmare e di sognare, e la mancanza di certezze e di orizzonti chiari fa tornare indietro attraverso l’isolazionismo, il protezionismo, l’alzata di muri e le minacce. Come bastassero queste a darci sicurezza.
Ma in questo tornare indietro per paura ci sfugge cosa è stato il passato e cosa è stato dato, in termini di sofferenze, sacrifici e vite umane, per difendere il proprio paese e la libertà personale e di pensiero.

Bisogna conoscere e ricordare il passato per non incorrere negli errori che ci sono stati.
Chi non ha memoria non ha futuro diceva Carla Dappiani, intervistata alla presentazione del film di Daniele Segre Nome di battaglia:donna (2015),  di cui, insieme ad altre partigiane piemontesi, era protagonista.

Coloro che hanno fatto la resistenza ci insegnano a credere negli ideali che oggi la politica del trasformismo ha messo da parte se non addirittura ridicolizzato.
Al punto da alimentare l’indifferenza verso la ricorrenza e da provocare strane sensazioni di imbarazzo in chi ne parla e in chi ci crede.
Alcuni sindaci non le danno importanza, altri volutamente la ignorano. A Ponza – non trovandomi sull’isola – non so come sia stata ricordata la ricorrenza.

A mio avviso non c’è nulla di peggio dell’indifferenza che, poi, va a braccetto con la paura di manifestare il proprio pensiero e il proprio dissenso. Più si è indifferenti  più si alimenta l’ignoranza, più si avverte la difficoltà di far valere le proprie idee  più si fa il gioco di chi detiene il potere e di chi vuole dividere.

Non possiamo dimenticare la storia, dobbiamo sforzarci di tenerla sempre a mente ed imparare ad ascoltarla. Ci serve per avere consapevolezza dell’importanza di un bene prezioso quanto vulnerabile qual è la libertà. E chi non ha memoria non ha futuro, ricordiamocelo sempre!

 

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