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Ruggero, l’ultimo confinato

[1]di Rita Bosso

 

Ruggero Fabbri è l’ultimo nome che è stato inserito in APPonza, la app e il sito che gli alunni del liceo Volterra di Ciampino hanno realizzato con il patrocinio della Proloco Ponza.

Nacque a Coriano (Rimini) nel 1908; non era parente di Carlo, altro confinato.

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Ruggero Fabbri in una foto del 1942

Ruggero va al confino perché è comunista, perché non vuole rinunciare a una donna, perché è un romagnolo di sangue caldo. È comunista sino al suo ultimo giorno, come attestano i bollini mensili sulle sue tessere di partito e di sindacato; lo è già nel 1932, allorché subisce il primo arresto e la prima ammonizione.

Ruggero vive a Roma, lavora come operaio al gasometro, partecipa a una riunione all’osteria Tre Rose; è presente anche Otello Terzani, con cui si ritroverà a Ponza.
Ci si dà appuntamento in osteria forse per salutare tre colleghi del gasometro richiamati alle armi oppure, più verosimilmente, per organizzare l’attività del partito e per collaborare a Soccorso Rosso, la struttura che fornisce solidarietà e sostegno ai compagni detenuti e alle loro famiglie.
La polizia riceve una soffiata, irrompe al Tre Rose, nella retata finiscono gli organizzatori e dieci collaboratori, ancora incensurati e, per tal motivo, preziosi per le attività clandestine; Ruggero è uno di loro.
I dieci vengono ammoniti, i tre organizzatori, già noti alle forze dell’ordine, sono assegnati al confino.
Ruggero Fabbri torna dalla famiglia a Riccione, aiuta il padre che è vetturino, frequenta Adriana, che lavora presso un dopolavoro fascista.
I dirigenti del dopolavoro non vedono di buon occhio la relazione; Adriana, orfana di entrambi i genitori, non può permettersi di perdere il lavoro e pone fine alla storia; Ruggero pretende spiegazioni, raggiunge la ragazza al dopolavoro, discute, litiga.
La vicenda, privata e sentimentale, assume colorazione politica: il rosso Ruggero Fabbri, che si permette di accedere al dopolavoro fascista, di alzare la voce e forse anche le mani, merita una lezione.
Se ne incaricano due fascisti, che vanno a trovarlo a casa per “cercare di farlo ragionare”, armati di rivoltella che usano come corpo contundente.
Seguono altri scontri, regolarmente denunciati in questura, in cui le parti si invertono; Fabbri figura ora come aggressore, ora come vittima.

La vicenda è risolta con la condanna a cinque anni di confino – ridotti a tre in appello – a cui contribuisce anche la considerazione che il duce trascorre le vacanze a Riccione, quindi è opportuno togliere dalla circolazione un comunista pericoloso e violento.

Il 15 maggio del 1934 Ruggero Fabbri arriva a Ponza; richiede e riceve qualche indumento (mutande, camicia, scarpe) perché ne è sprovvisto; richiede di poter lavorare in modo da inviare qualche contributo alla famiglia che versa in condizioni disagiate. Nei tre anni in cui resta a Ponza, Ruggero non è inoperoso: prende in affitto una stanza in via Parata prima, in via Bagno Vecchio poi, per esercitarvi i mestieri di ombrellaio e di cocciaio; prende in affitto una stanza in via Carbonaia per fare il pasticciere ma non ottiene il permesso a vendere bomboloni ai confinati; è autorizzato a zappare un orto a Chiaia di Luna.
Nel ’35 partecipa, con altri trecento confinati, a una protesta collettiva; è arrestato per contravvenzione agli obblighi del confino ed è condannato a dieci mesi di arresto, che sconta nel carcere di Poggioreale.
Scrive Giorgio Amendola a proposito della protesta: “La decisione di iniziare una nuova agitazione fu presa dal direttivo. Come al solito non ci fu consultazione. Per respingere la minaccia di vedere limitate le nostre possibilità di studio e per non dover subire vessazioni, bisognava preventivamente scendere in lotta”.

Nel 1937 Ruggero Fabbri termina la condanna. Nel 1942 è chiamato alle armi. Dopo la guerra si stabilisce a Cosenza, si sposa, lavora come operaio presso il ministero della Difesa. Muore nel 1956.

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La carta di permanenza di Ruggero Fabbri