Un mistero sempre più fitto. Arrivano nuovi documenti dagli Stati Uniti per chiarire la vicenda del minatore ponzese Luigi Feola, deceduto nel 1907, nella tragedia di Monongah.
I 1130 dollari arrivati a Ponza, non sono stati mai riscossi dalla vedova Maria Di Meglio.
Tante firme sono state sicuramente falsificate dai lestofanti che hanno intascato illecitamente il denaro, una grande truffa.
Basta esaminare le pratiche per rendersi conto del malaffare esistente. Una beffa colossale ai danni di gente povera e semianalfabeta.
Una cifra che avrebbe permesso, secondo esperti immobiliaristi, l’acquisto – nel Sud dell’Italia – di almeno venti appartamenti di medie dimensioni per quell’epoca, il 1908.
L’indirizzo sulla lettera inviata dagli States alla signora Maria Di Meglio in Feola risulta: Ponzo Isola, (Caserta), Italy. Ponzo con la o finale. Allora l’isola apparteneva alla provincia di Terra di Lavoro. Non risulta alcun indirizzo specifico.
Il pretore Augusto Ferraro e il papà del minatore deceduto, Francesco Feola, sono i testimoni della riscossione dell’assegno; loro sapevano tante cose ma non le hanno mai raccontate.
In quegli anni a Ponza, come si evince dal registro parrocchiale dei battezzati al Porto – nella Chiesa della Santissima Trinità – abitavano numerose famiglie dal cognome Ferraro, di chiara origine campana. Ora nemmeno una risulta all’anagrafe.
Dove sono finiti i Ferraro? Forse in Argentina. Lo scopriremo presto, dopo un lungo e faticoso viaggio alla ricerca della verità.
La signora Feola – secondo la ricostruzione puntuale del professor Joseph Tropea – cambiò abitazione, insieme ai sei figli. Francesco, il suocero, li costrinse a vivere per anni in una grotta piccola e malsana, in condizioni disperate. Furono, insomma, cacciati di casa.
Un mistero nel mistero più fitto che alimenta dei sospetti. Chi è diventato ricco? Joseph Tropea ha sempre detto con convinzione: “Ho scoperto che una buona parte dei parenti dei minatori italiani morti a Monongah non ha mai ricevuto alcun indennizzo. Ho speso anni a cercare i figli e i nipoti delle vittime di Monongah. Volevo scoprire come avevano vissuto dopo la morte dei propri cari, ma soprattutto appurare se avevano ricevuto la somma loro destinata dalla Compagnia proprietaria della miniera”.
La Faimont Coal Company istituì un fondo a favore delle vedove e degli orfani dei minatori morti nell’esplosione. “Io volevo scoprire se i soldi erano veramente arrivati. Grave è che molti, anzi quasi tutti i figli dei minatori morti non hanno ricevuto nulla dei soldi loro destinati dal fondo. Eppure, la compagnia nel documento riassuntivo cita i nomi degli orfani e delle vedove e la corrispettiva somma di denaro loro rilasciata…”.
Maria D’Aquino, vedova di Giuseppe Bonasso, con quattro figli (Luigina, Enrico, Battista e Giovanni) ricevette dalla compagnia la somma di dollari 734, 25.
“Ho rintracciato il figlio di Giuseppe Bonasso, mi ha giurato di non avere avuto alcun soldo dalla Compagnia. Nulla di nulla…”.
Perché anche la beffa?
“Molte donne – spiega il professore emerito di sociologia della George Washington University – le vedove dell’epoca, erano analfabete. Non sapevano né leggere né scrivere, e dunque una volta che le rimesse a loro favore arrivarono non fu difficile stornarle a qualcun altro. Bastava mettere una croce…”.
Gli orfani e le vedove di quegli uomini morti in miniera vennero crudelmente ingannati.
“Ad alcuni diedero pochi dollari. A una vedova venne data una mucca al posto dei soldi…”.
Joseph Tropea è sempre più stupito.
Apri qui in file .pdf della rimessa americana: Monongah
I riferimenti al presente articolo sono sul sito ai seguenti link:
http://www.ponzaracconta.it/2017/03/29/il-disastro-minerario-di-monongah-il-risarcimento-scomparso/
http://www.ponzaracconta.it/2013/12/31/il-professor-tropea/