Ambiente e Natura

Frontone – Isola d’Elba solo andata

di Silveria Aroma

 

Passo sotto il salice, cammino scalza sull’erba umida del prato; i merli sono già al lavoro, e col becco arancio rovistano tra fili d’erba.
Il cielo mostra ancora il rosa dell’aurora.

Entro in casa, il caffè è sul fuoco.
Sorridendo mi chiede: vuoi il caffè o vuoi l’uorio? A noi quello toccava – ha il tono di chi è felice di vedermi e di prendermi un po’ in giro.

– Quando sono arrivato qua, nel ’47, ero considerato come uno di quelli che sbarcano a Lampedusa – le mani si agitano per poi riposare sotto le ascelle come ali chiuse – I genitori non volevano mi prendessi Maria perché non avevo niente, né arte né parte.
La moglie compare sull’uscio, ha nelle mani una pila di vecchie foto, quelle di cui avevamo parlato la sera prima a cena.

Maria è nata all’Elba ma ha una storia che trova radici in Austria, e la si legge nel suo piglio gentile ma volitivo.
Prendiamo il caffè guardando vecchie foto, il padrone di casa borbotta ricordandoci che è ora di fare colazione non di giocare inondando il tavolo di quelle cose, ma noi abbiamo già inforcato gli occhiali per i viaggi nel tempo, non gli resta che adeguarsi alla situazione che – in definitiva – lo diverte.
Quando sono partito militare mi hanno dato un paio di scarpe, ho chiesto che ci dovevo fare.
Mettitele ai piedi, mi hanno risposto. E chi le aveva mai avute le scarpe!?
Purtav’ i zampitt’. ‘I ssai i zampitt’, tu?

Foto dopo foto la vita di Frontone affiora nei ricordi.
Con esse tornano alla luce i legumi necessari alla semina per l’anno successivo, quelli che venivano chiusi in bottiglie custodite sottoterra per evitare che l’intero raccolto finisse in pentola per sfamare quell’allegra, numerosa famiglia.
– Uno di Santa Maria era venuto a seminare le fave – riprende a raccontare. Quando se n’è andato via mi sono messo a scavare, muovevo la terra e quelle che trovavo me le mettevo in tasca.
A casa le ho cucinate e mangiate. Ma tu lo sai cos’è la fame?!
Le fave non nascevano e quel poveraccio imprecava contro le zoccole – ride – sì le zoccole, quelle non c’entravano niente!

La fame non c’è più, al suo posto ci sono i prodotti light, quelli senza glutine, senza lattosio, il caffè in capsule, e bere orzo fa tendenza.
Di tanto in tanto anche la carne compariva nel menù della contrada.

Il maiale, e la sua trasformazione in cibo di varie forme, rappresentava un momento di condivisione importante, un evento che legava più famiglie.
Anche i pollastri rubati di notte dovevano dare una certa nota d’allegria.
Fu proprio nella notte dell’ultimo dell’anno che i fratelli maggiori, di ritorno da una festa, prelevarono due galline dal pollaio di Donna Raffaela, in una Frontone immersa nel silenzio del sonno.

– Ah, proprio in casa mia!
Mi guarda stupito, cercando il filo che lega me a quel pollaio; il peccato confessato (e prescritto) a tre generazioni di distanza.
Il bottino venne portato al Fortino, nel cucinare limitarono quanto più possibile il fumo con un attento e mirato governo del fuoco.
Passando da casa avevano coinvolto lui e un altro fratello, così mentre i due festaioli spennavano e cuocevano le pollastrelle, gli altri impastavano gnocchi con la farina ricevuta come compenso per il lavoro alla macina e l’acqua piovana.
Una notte di festa a tutti gli effetti, ottima per salutare l’arrivo del nuovo anno.

Quando la mia bisnonna trovò due polli mancanti all’appello andò a chiedere per tutta la contrada, ma non ebbe alcuna risposta in merito.
Il furto delle galline doveva aver apportato un certo piacere tant’è che uno dei fratelli ritentò il colpo in solitaria, pescando in un altro pollaio.
Agguantata la pollastra la portò a casa dove – in totale solitudine – la sistemò nella pentola e di seguito ne gustò le carni.
Una delle sorelle rientrando in casa notò una piuma sul pavimento, incuriosita partì alla ricerca di altri indizi. Sotto la terra, smossa di fresco, trovò il resto del piumaggio, l’episodio divenne motivo di una nuova ondata di ilarità fraterna.

Anni di mare, di pesca, una vita intera costruita in un’altra isola, dove lo scorfano diventa il cappone e io – che già penso a come trarmi d’impaccio visto che non mangio pennuti – sono sollevata scoprendo che nel piatto troverò pesce e non carne.
Se dovessero parlarvi di margherita da quelle parti, non pensate alla pizza, intendono offrirvi del fellone.

Il suo rapporto con la pesca era cominciato quando aveva appena sei anni. I fratelli più grandi lo imbarcavano prendendolo dal sonno, con ancora indosso il camicione da notte, lo portavano a bordo. Si occupava delle esche muovendo le sue piccole mani.
Se prendeva sonno lo risvegliavano a spruzzi di acqua salata sul viso.

Di barca in barca si era ritrovato a pescare all’Elba, qui l’incontro con quella che sessant’anni fa divenne sua moglie. Insieme, grazie alla buona volontà di lui e alla forza di lei, hanno dato corso ad una nuova vita, con un cuore ponzese.

 

Foto originali di Silveria Aroma.
Le foto d’epoca appartengono a Maria; sono state rifotografate dall’autrice.

1 Comment

1 Comment

  1. silverio lamonica1

    30 Marzo 2017 at 10:02

    Frontone, quanti bei ricordi della mia infanzia!
    Ultima foto, da destra verso sinistra: Tommaso e Anna Lamonica, Elisa e Maria Mazzella, Angelina Lamonica, Annunziata Mazzella, Zia Matilde Conte-Mazzella e suo marito Zio Antonio Mazzella. Una signora, moglie del signore accovacciato (ufficiale di marina, amici di famiglia) che tiene la mano sulla mia spalla e a seguire: Amalia, Angelina Jr, Anna Jr Lamonica ora in Corsica e Francesco Lamonica)

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