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Il mondo come prigione? Il carcere di Santo Stefano al MAXXI di Roma

di Luisa Guarino
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Qualche mese fa il museo MAXXI di Roma, in vista dell’allestimento della mostra “Please Come Back. Il mondo come prigione?” tramite Viola Porfirio dell’ufficio stampa ci ha contattato per chiederci di poter utilizzare alcune immagini del carcere di Santo Stefano pubblicate sul sito. Subito il solerte caporedattore Sandro Russo ha inviato il materiale iconografico richiesto, che si può ora ritrovare sia nell’esposizione sia nel catalogo che l’affianca, che mi è stato spedito personalmente.

La raffinata e spiazzante mostra, curata dal direttore artistico del Museo delle arti del XXI secolo Lou Hanru, e da Luigia Lonardelli, resterà aperta fino al 21 maggio. In essa 26 artisti con 50 opere raccontano la metafora contemporanea di una realtà che, fra tecnologie avanguardistiche e un’attualissima perversione dei valori, imprigiona l’uomo comune del nostro tempo. Il catalogo, di 237 pagine e con un profumo straordinario di carta e di stampa, con doppio testo in italiano e inglese, si apre con la prefazione di Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI, e un testo scritto a due mani da Hou Hanru e Luigia Lonardelli che analizza i contenuti di questa eccezionale esposizione.

“La mostra che apre il programma 2017 del MAXXI – dice tra l’altro Melandri – indica, con coraggio e con preveggenza, una linea di denuncia netta, un allarme che si riflette nelle opere selezionate con un ampio sguardo internazionale alle dinamiche dell’organizzazione del lavoro e delle istituzioni inclusive. Ma non offre risposte chiuse alle domande laceranti che corrono sottotraccia nella società digitale (…). Quando in luoghi chiave per il governo del mondo il potere passa nelle mani di autocrati, di magnati, di despoti, chiediamo anche agli artisti, innanzitutto agli artisti, di aiutarci a capire, a guardare al di là delle emergenze. L’arte è un termometro particolarmente sensibile della parabola delle libertà comuni. Please Come Back porta al MAXXI questa visione e proietta il MAXXI in questa ricerca senza frontiere”.

“Da molto tempo abbiamo in mente questo progetto (…). Il titolo attuale ha avuto origine da un’interpretazione dell’opera “Please Come Back” di Claire Fontaine – spiegano i curatori della mostra Hou Hanru e Luigia Lonardelli.
Di fatto, secondo gli artisti, quest’ultima è stata ispirata da un fenomeno molto semplice, ma tanto ossessionante da risultare opprimente: in attesa di un incontro ignoto, bisogna decidere se restare o andarsene (…).
L’importanza del controllo visivo nasce ontologicamente con la cella, ben prima dell’introduzione del Panopticon alla fine del Settecento: guardare chi ha perso la libertà è già di per sé un’intimidazione (…). Accanto e prima delle prigioni virtuali in cui viviamo, continuano a sussistere prigioni fisiche, abbandonate o provenienti da un passato prossimo non ancora metabolizzato. Il carcere borbonico dell’isola di Santo Stefano, che Rossella Biscotti fa diventare pelle di un corpo non più esistente, è una rovina che accoglie oggi, oltre al nostro immaginario di resistenza civile, la battaglia per l’abolizione dell’ergastolo (…).

Quando l’arte della libertà affronta il limite della libertà, qual è la soluzione? E’ per questo motivo che dobbiamo ancora gridare al cielo: ‘Per favore, torna!’ “.

Alcune pagine dal catalogo della mostra: MAXXI. PLEASE COME BACK [2]

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Immagine di copertina e qui sopra: veduta esterna del MAXXI, il Museo Nazionale per le Arti del XXI secolo, progettato dall’architetto anglo-iracheno Zaha Hadid, e inaugurato nel maggio 2010