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L’arte di vivere

di Gabriella Nardacci
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Ho riletto tanti classici della letteratura e vi ho scoperto quella bellezza che negli anni giovanili spesso non vedevo. Classici che hanno segnato la letteratura mondiale e che sono “fari” importanti dai quali ho appreso “virtude e conoscenza”, che hanno rafforzato le mie idee sulla vita, su amore, politica, sul mondo delle idee…

Ho sempre tralasciato la rilettura di romanzi lunghi perché pensavo potessero annoiarmi o stancarmi e farmi perdere tempo dal momento che potevo rileggere altri tre-quattro libri con uno solo di loro.

Quello che mi ha fatto cambiare idea è stato “Anna Karenina”. È bastato scavalcare quel pregiudizio e mi sono trovata proiettata in una scrittura meravigliosa che mi ha fatto chiedere scusa a Tolstoj non una, ma mille volte ancora, perché solo alla seconda lettura ho scoperto la grande bellezza di questo romanzo (di quasi 800 pagg).

Così ho voluto continuare questa sfida con me stessa e ho riletto diversi altri capolavori come ad esempio “L’ultimo giro di giostra” di Terzani, “Lei così amata” della Mazzucco, “Il teatro di Sabbah” di Roth (di quasi 500 pagg.).

Di recente, mentre ascoltavo i Doors e Bob Dylan alla radio, per uno strano caso (forse perché il romanzo ha il ‘sapore’ degli anni ’60), mi è venuto in mente un altro capolavoro, ovviamente sempre secondo me, che ho deciso di ri-leggere.
Mi riferisco a “I Mandarini” di Simone de Beauvoir (quasi 800 pagg.).

Mi piace parlarvene perché le impressioni che ne ho ricavato coinvolgono a tal punto la scrittrice come persona che sono intenzionata a leggere altre sue opere.

Secondo me Simone de Beauvoir andrebbe annoverata tra le donne che hanno segnato momenti storici importanti e che, esprimendo nelle opere la propria vita, ha dato dimostrazione di grande coraggio e forza facendo dono del suo modo di essere ribelle e anticonformista, atea e mutevole ma anche attivista di cause importanti.

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Simone de Beauvoir desnuda (1952). Foto de ArtShay

Con spudorata sincerità, in “La forza delle cose” scrive: – (…) ho praticato con assiduità tutti i vizi…”
Così come si riscontra sincerità spassionata nella sua autobiografia “Memorie di una ragazza perbene”.

Dichiara il suo amore per la natura e per lo studio che inizia a coinvolgerla profondamente già in età giovanile.
Era interessata a tutta la letteratura con particolare attenzione a quella contemporanea e surrealista. Arrivò a frequentare corsi di filosofia presso la Sorbona di Parigi dove conobbe Jean Paul Sartre che fu suo compagno per tutta la vita.

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Simone de Beauvoir con Sartre; 6 dicembre 1981

Fra loro ci fu grande stima intellettuale e grande libertà nel vivere esperienze anche separatamente.
In base ad un accordo erano liberi di vivere relazioni extraconiugali anche con la stessa amante.
Erano socialisti entrambi ma condividevano però alcuni principi comunisti anche se non vi aderirono completamente.
Fra le tante tematiche in cui Simone è stata in prima linea spicca quella dell’“essere donna” e per questo viene considerata la madre del movimento femminista.
Morì all’età di 78 anni.

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Fra le tante opere, di grande importanza è considerato “I Mandarini” (pubblicato nel 1954), titolo che non si riferisce ai frutti o a personaggi di spessore cinesi, bensì a un gruppo di intellettuali francesi che hanno dato vita a movimenti politici, filosofici e letterari e il cui quartier generale era Saint Germain des Prés a Parigi.
In questi personaggi si riconoscono amori e amici di Simone e lei stessa.

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E’ un romanzo emblematico e la scrittrice è brava a coinvolgerci in tutti quegli stati d’animo senza cedere a sentimentalismi.
I concetti sulla vita, sulla morte, sulla politica e sull’amore sono espressi senza giudizio ma con introspezione e riflessione.

Ho ragionato con lei sull’idea di un mondo giusto e nuovo e mi sono trovata a condividerne il concetto: trovare un compromesso tra politica e ideale senza dimenticare la bruttura della guerra così che la memoria possa essere il motore attraverso il quale fondare il nuovo e migliore mondo.
Non so ancora se questo concetto mi ha di nuovo introdotto in quella ideologia che credevo di aver perso.

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Non so quanto possa ancora essere valida questa speranza in un mondo migliore con i tempi che corrono; o trovare compromessi validi tra politica e ideale, visto che sembrano entrambi scomparsi dal raggio della vista; tanto che quelli come me faticano a ritrovare il bandolo della matassa.
Certo è che Simone trovava stravolgenti la speranza e l’entusiasmo, così come importante – per lei atea – era lasciarsi andare a un tenero e quasi fanciullesco bisogno di pregare insieme al gruppo: “…la notte di Natale, s’era promesso di dire in parole la dolcezza della pace…”.

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Come non essere con lei quando scrive “…l’amore è immeritato” o quando scrive “(…) a lui pareva normale pescarsi in un bar una graziosa buttana e passare un’ora con lei; io non avrei mai accettato per amanti uomini di cui non avessi potuto fare degli amici e la mia amicizia era esigente (…)”.

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Forse qualcuno non lo riterrà un romanzo perfetto come non considererà “in regola” la donna che l’ha scritto perché è una donna che ha preferito essere fuori dalla regola pur di essere se stessa; ma di certo è stata una donna che ha vissuto “con arte” e che “nell’arte” ha trovato il senso della vita.
Forse il senso della vita si trova proprio nel viverla con la totalità di se stessi.

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Simone de Beauvoir. Alla pubblicazione de ‘Le Deuxième Sexe (1949)