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Per qualcuno l’inferno era un buon posto… (2)

di Gabriella Nardacci

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Parte da lontano, Gabriella, per parlare della Poesia: ricorda Gregory Corso, un poeta della beat generation che è stato importante per la sua formazione, ed approda – nella seconda puntata – alla sua personale contiguità con la poesia, come insegnante e come scrittrice.
S. R.

Poesia . Ali [1]
Libera dal lavoro, ultimamente dedico molto più spazio alla lettura, alla visione di film e alla scrittura, anche se il tempo per queste cose non mi basta mai.

Osservo e leggo di tutto, anche cose che non avrei mai scelto di conoscere perché non in linea con le preferenze. Ma tutti sappiamo che qualsiasi analisi è più chiara se si hanno più elementi a disposizione.

Da qualche anno poi, ho ripreso la lettura di famosi classici della letteratura e della poesia ma contemporaneamente non disdegno di leggere nuovi autori o autori attuali di un certo calibro.

Mi soffermo, però, sulla poesia e in questo campo ho tratto alcune considerazioni peraltro opinabili (e qualora lo fossero, mi piacerebbe che la diversità di vedute fosse esplicitata).

Poesia. Lettere [2]

Il termine di confronto rimane la poesia classica che collega il lettore alla storia personale di ciascun poeta. Attraverso di essa (la Poesia appunto) il poeta ci presenta sempre la sua casa, il suo borgo, i suoi parenti, i suoi compagni, i suoi amori, i suoi sogni e bisogni, la sua concezione sulla vita, la sua nostalgia, le sue delusioni, il suo discutere con Dio e la morte.

Sì, è vero che spesso tutte le cose di cui sopra, sono viste con gli occhi velati di pianto e che questi poeti sono tristi e scrivono cose tristi ma – “quando sono felice, esco…” – ha detto qualcuno ed è la parte statica di noi e prigioniera in un corpo che si muove che assorbe ogni nostra negatività. Nell’analisi ed elaborazione del dolore, l’anima ha il ruolo più importante: diventa il magazzino delle emozioni. Quando diventano troppe arriva la Poesia che le tira fuori e le comunica e le condivide con il lettore.

Sono poesie che arrivano fluide e morbide, senza contorcimenti lessicali, senza parole a effetto e difficili da capire, senza quella bellezza di forma che non significa nulla ma che appartiene a quella realtà in cui si evidenziano le bellezze esteriori a scapito delle meraviglie interiori. Ma siamo tutti disincantati ormai… Abbiamo perfettamente capito che coloro che possono cambiare lo stato delle cose, non hanno gli attributi giusti per rischiare. Oggi è tutto business e questa è la triste realtà…

Emily Dickinson [3]

Gregory Corso, con un linguaggio più moderno, si colloca fra quei poeti che hanno avuto bisogno di scendere in basso per risalire in superficie. La sua poesia evidenzia una tristezza tutta interiore dovuta a una storia personale (sempre denunciata nella sua poetica) che ci dona con umiltà e coraggio.

Non ho letto tutte le sue poesie ma circa una ventina. Alcune le trovo affini al mio sentire, altre difficili… quasi costruite per forza o con parole troppo istintive quasi non avessero ragione di essere. Senza dubbio, però quelle che provengono dal “suo inferno” sono le più vere e che meglio riflettono il suo mondo interiore e la capacità di denunciare le scelte dei tempi che l’hanno visto diventare uomo.
Un poeta degno di essere approfondito e conosciuto.

Alla luce di quanto sopra, rimbalzano alla mia mente, alcuni versi letti e ri-letti diverse volte per ricercarne il senso.

Ovviamente mi guardo bene dal fare esempi perché sono consapevole del fatto che ancora devo molto imparare e studiare (gli esami non finiscono mai) ma permettetemi di dire che la Poesia spesso è come l’Amore: quando è vera passa attraverso i sensi fino al sesto senso che è quello appartenente alle persone affini.

Certe Poesie, seppur belle sono apparentemente difficili e non arrivano al cuore (qui, si pone un ulteriore concetto da sviluppare: chi espone in modo difficile è intelligente e gli altri non capiscono nulla?).

Fogli in libertà [4]

Amai la Poesia da quando la mia maestra tirò fuori il libro delle poesie e creando l’atmosfera giusta le leggeva e ci invitava a parlarne permettendoci di manifestare i moti del nostro animo. Ci leggeva poesie che descrivevano paesaggi e sentimenti che in qualche modo ritrovavamo nei nostri vicoli, negli odori delle madie e dei libri nuovi, nei sapori dei cibi poveri, nei richiami delle madri alle finestre, nei colori della natura.

Sempre c’era il quaderno delle poesie e accanto alla poesia da memorizzare c’era la “prosa” della poesia. Una volta la maestra ce la faceva comporre con il suo aiuto.

Oggi sono gli stessi bambini che vogliono “spiegarla” quasi sentissero la necessità di aggiungerci le loro emozioni, le loro similitudini, i loro sentimenti. E spesso ne scaturiscono commenti che ci fanno rimanere sbalorditi. La scuola avrebbe bisogno di ritrovare una certa identità che si è persa in un linguaggio freddo e tecnologico dove i bambini e i ragazzi non ritrovano la forza della loro creatività… Ma questo è un altro discorso…

Continuai a cibarmi di poesia per tanti anni ancora, fino a oggi.

Piccolo principe. La rosa [5]
Ebbene sì, anch’io cerco di scrivere poesie e i miei alunni ne hanno scritte tante perché per loro sono “come il bacio della buonanotte che mi dà la mia mamma…” – mi ha scritto Cristian un anno fa e sempre hanno amato la loro lettura e di brani che in qualche modo si riconnettevano con il mondo poetico.

Voglio chiudere con una poesia di una mia ex alunna di 8 anni in occasione della ‘Festa della Mamma’:

Mamma, quando ero piccola
la tua mano era una città
dove io non mi potevo perdere
perché ero guidata dal battito del tuo cuore.
Adesso tutte e due le nostre mani
sono un mondo
dove comunque non ci possiamo perdere
perché ognuno ha la sua guida
io il tuo
e tu
il mio cuore.

(da Mirea alla sua mamma)

Beh…scusate se è poco! Quando poi si dice…Poesia!

Parole-ScalzeDi Gabriella Nardacci, sul sito: “Parole scalze, raccolta di poesie” [6]

[Per qualcuno l’inferno era un buon posto… (2) – Fine]
Per la prima parte, leggi qui [7]