Ambiente e Natura

Galàpagos, le isole senza tempo (1). Le iguane

di Adriano Madonna

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Mancava dalle pagine del nostro sito da un po’ di tempo il prof. Adriano Madonna, biologo marino presso l’ ECLab Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Dipartimento di Biologia, dell’ Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Disaffezione? No, semplicemente motivi di studio. Il mese scorso il prof. Madonna è partito per le isole Galapagos per approfondire le ricerche sull’iguana marina.  Al suo ritorno ci ha inviato un breve resoconto del suo viaggio in cui si parla non solo dell’unico sauro vivente esistente al mondo ma anche di vegetazione, granchi rossi, leoni marini e tartarughe giganti.  Alla sua solita maniera, rigorosa ma nel contempo piacevole e interessante.
La Redazione

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Le isole Galàpagos (la pronuncia esatta vuole l’accento sulla seconda a), appartenenti alla Repubblica dell’Ecuador, in Sud America, costituiscono un arcipelago dell’Oceano Pacifico di tredici isole grandi, sei più piccole ed un certo numero di scogli emergenti.

Nello scorso novembre un aereo della Iberia mi portò a Quito, capitale dell’Ecuador, e un altro aereo della Lan mi sbarcò nell’isoletta di Baltra, dove c’è un piccolo aeroporto. A Baltra attraversai un braccio di mare con una barca e toccai terra a Santa Cruz, una delle isole grandi. In macchina raggiunsi, infine, la Stazione di Ricerca Scientifica Charles Darwin, dove avrei alloggiato per la mia intera permanenza alle Galapagos.

Il giorno era prossimo al tramonto e mi incamminai verso una spiaggia di sabbia bianca incorniciata in una scogliera di massi vulcanici neri, che divide l’arenile dal mare. Mentre osservavo il mare che si stemperava in un residuo di sole grande e rosso, ad un certo punto il mio sguardo si posò su uno scoglio grosso e piatto dove un essere strano e orribile mi guardava immobile. Era una iguana marina e il suo aspetto era terrificante. Lo stesso Darwin definì l’iguana come una delle creature più brutte della Terra, forse la più brutta. Il suo aspetto è quello di un lucertolone con la pelle squamata e irta di escrescenze. Sul dorso è presente una chiostra di spine, che diventano particolarmente alte e spesse dietro la testa. Il muso mostra labbra sottili che sembrano sorridere in maniera sinistra e che racchiudono denti corti e ravvicinati. Gli occhi sono piccoli, oblunghi e leggermente infossati nella cute. Il capo è ricoperto da placche robuste e biancastre a causa del sale dell’acqua di mare che vi si rapprende e si solidifica. Il corpo oblungo è sorretto da quattro arti corti e tozzi con zampe a cinque dita terminanti con unghioni grossi e forti.

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Amblyrhynchus cristatus – iguana marina

L’iguana marina è l’unico sauro marino esistente al mondo e può considerarsi un vero fossile vivente. Nell’immensa biodiversità delle Galapagos è una delle creature più rappresentative, così come la testuggine gigante, che raggiunge dimensioni colossali di centinaia di chili ed è presente nelle isole con diverse specie: ogni isola ha la sua specie endemica diversa dalle altre.

Dai miei studi di biologia evolutiva sapevo che alle Galapagos, dove non ero mai stato prima nonostante abbia visto numerosi angoli del mondo, vivono due specie di iguana: l’iguana marina (Amblyrhynchus cristatus) e l’iguana terrestre (Conolophus subcristatus), morfologicamente molto simili, ma mentre la prima si immerge per nutrirsi di alghe, che strappa dal fondo del mare e dagli scogli della battigia, l’altra non abbandona la dimensione asciutta e il suo cibo è costituito da vegetali come bacche e frutti di cactus. Infine, l’iguana marina è generalmente nera o variegata di ampie macchie scure e rossastre (gli individui più grandi), mentre l’iguana terrestre mostra colori vivi, tra cui il giallo in particolare. La coda di quest’ultima, ben lunga rispetto al corpo, ha una sezione più o meno circolare. Quella dell’iguana di mare, invece, è compressa lateralmente e, mossa a destra e a sinistra, funziona come una pinna nel nuoto subacqueo del rettile: un mirabile esempio di adattamento all’ambiente acquatico.

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Conolophus subcristatus – iguana terrestre

La storia dell’iguana, appartenenti all’ordine degli squamati, che risalgono a 65 milioni di anni fa, e al sottordine dei lacertili o sauri, è misteriosa e affascinante. I sauri, infatti, derivano dal ceppo ancestrale dei cotilosauri, che risale a circa 230 milioni di anni fa. Dai cotilosauri ebbe origine la linea degli eosuchi, da cui derivarono gli squamati. Per ragioni non ancora note, gli squamati prosperarono e si espansero in un tempo in cui molti altri ordini di rettili si stavano estinguendo. Essi sono i sopravvissuti all’estinzione relativamente improvvisa di molti animali e piante, che avvenne alla fine del mesozoico, quando scomparvero anche i rettili giganti. Le ipotesi sulle cause della grande estinzione oscillano da eventi catastrofici a processi graduali. Inoltre, si ipotizzano grandi inondazioni, attività vulcaniche, mutamenti climatici a cui fu impossibile adattarsi e, non ultima, la competizione da parte dei mammiferi in evoluzione. Si pensa anche alla collisione della Terra con un grande asteroide, confermata dal ritrovamento dell’elemento iridio, che provocò la formazione di un’immensa nuvola di polvere. Da qui, l’oscuramento della luce solare, quindi l’assenza di fotosintesi e la scomparsa delle piante, con una grande ripercussione sulla piramide alimentare.

Le iguane, dunque, sono fossili viventi sopravvissuti al tempo e alla estinzione di molte specie di rettili. Sono animali con fecondazione interna delle uova, un processo riproduttivo che probabilmente si evolvette in concomitanza con l’evoluzione dell’uovo provvisto di guscio (uovo cleidoico o autosufficiente). Senza fecondazione interna, infatti, gli spermatozoi non potrebbero raggiungere le uova prima che queste formino il guscio. Nelle iguana e in molti altri rettili, gli spermatozoi possono restare in vita per lunghi intervalli di tempo (anche anni) nell’apparato riproduttore della femmina, prima di venire usati per fecondare le uova, riducendo, così, la frequenza dell’accoppiamento e, quindi, la spesa di energia.

L’iguana marina vive sulle terre emerse, in particolare sulle nere scogliere di pietra vulcanica, ma si alimenta prevalentemente in mare. Sia all’asciutto per l’esposizione al sole sia in acqua di mare per osmosi, il suo corpo tende a disidratarsi, però i reni, che inducono una forte eliminazione di acido urico, e la spessa cute, riducono la perdita d’acqua. I sali in eccesso vengono eliminati da ghiandole specializzate, dette “ghiandole del sale”, situate sopra le orbite degli occhi. Quando l’iguana marina starnutisce (e lo fa spesso), si libera del sale dagli occhi e dalle narici.

[ Galapagos, le isole senza tempo (1). Le iguane – Continua ]

Nota: tutte le foto sono di Adriano Madonna

L’autore ringrazia per la preziosa collaborazione l’Ambasciata dell’Ecuador in Italia nelle persone di S.E. l’Ambasciatore Dr. Juan Holguin e della Dottoressa Estefania Larriva Vélez, e la Cressi Sub.

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