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Lontano non dal cuore

di Francesco De Luca

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Ha settantuno anni, li porta con disinvoltura se non fosse per i dolori ai ginocchi che gli appesantiscono l’andatura e la frenano. “A quest’età – mi confessa – soltanto la buona tavola mi attrae”. E infatti qualche chilo in meno darebbe ancora più spirito al suo viso pulito, sereno, di uomo onesto. Giovanni anche da ragazzo era apprezzato per i suoi modi garbati. Li conoscevano i compagni di Sopra gli Scotti: Liberato, Nino, Leone, Pierino e i coetanei del Porto: Antonio ciacione, Silverio ricciolino, Francuccio d’a musella, Tommasino.

Lasciò tutti e partì per gli Stati Uniti all’età di sedici anni. Nel 1961 ai giovani di Ponza l’avvenire prospettava o, sull’isola, i mestieri tradizionali o lo studio in continente. La famiglia di Giovanni propendeva per la prima soluzione. Aveva al suo arco però un’altra possibilità. Il padre Sem Scotti aveva due sorelle negli States e potevano ospitarlo. Giovanni trovò un fortunato espediente e andò nel New Jersey come studente. Frequentò l’High School e tentò la strada del College. Un salto considerevole: dalle catene d ‘a Uardia alle aule di ingegneria elettrica. Intelligenza vivace, spirito d’adattamento, inclinazione al lavoro lo aiutarono. Non chiese mai soldi per finanziarsi gli studi, meritò ogni successo ma le fatiche universitarie esigerono un impegno che lui non poté affrontare. Si ritrasse e tornò a Ponza. Dopo cinque anni tornò a Ponza. L’isola era la stessa ma non la compagnia. Tutti i suoi coetanei avevano intrapreso una strada lavorativa. Era definitivamente finito il tempo del gioco c’u strummelo ncopp’ a piazza d’ a chiesa, le guerre a spada fra la banda degli Scotti e quella del Porto, la salita d’ a musella non si poteva più tormentarla cu ‘i carrette. Tutto cambiato. L’isola si mostrava ostile perché ciascuno era occupato a crearsi un futuro economico, a strappare una sicurezza all’imprevedibile futuro.

Aveva tanto sognato di ritornare e ora bramava di riandare in America. Lì più possibilità di lavoro lo aspettavano, ma come ritornarci? Gli espedienti inclinavano verso l’illegalità e Giovanni non vi era disposto. Gli vennero in aiuto gli studi, la conoscenza della lingua, la bontà di carattere. Trovò un appoggio nell’ambasciata americana e poté fare ritorno in U.S. Qui l’attendeva una decisione definitiva, per restare doveva radicarsi nella residenza. Doveva sposarsi, in parole povere. Si guardò intorno, dispose lo sguardo all’amore e si sposò con l’attuale moglie.

Anni di lavoro lì in America. Ponza era lontana ma non assente. Perché la madre chiedeva di lui. La madre vive col fratello Totonno ‘i semiscotte ma il figlio lontano è sempre il più desiderato!

E’ ritornato nei quarant’anni trascorsi alcune volte. Sempre di fretta, sempre con l’imperativo di rinnovare il ricordo della madre.

“Oggi no, oggi mi manca qualcosa in più. Mi manca la compagnia dei compaesani. Fermarmi a parlare con voi, a condividere il tempo che ci rimane”.

Sta in Florida, in un clima stabilmente temperato, ormai in pensione. “Mi manca il nostro parlare in dialetto, come stiamo facendo noi”. Criticando le insulsaggini di Trump con in mano un bicchiere di vino di Totonno.

Ha gli occhi chiari, Giovanni, e un’espressione gioiosa. Mi guarda e intravedo la tristezza del distacco. Un’ultima cosa, Giovanni: “Cosa mi dici dell’ America?”

Risponde: “L’America è un paese che offre tanto, come un grande supermercato. Se vuoi comprare o vendere, se vuoi realizzare, metterti in gioco… è un paese dalle grandi possibilità. Ma per chi ha lasciato una storia, un vissuto, un racconto iniziato non ha voce, non ha eco, non ha silenzi. Non è un luogo dove ti puoi ritrovare. Qui, a Ponza, ritrovo la mia infanzia, il passato della mia famiglia, la mia storia interrotta”.

Ci salutiamo come amici di sempre. Ci siamo lasciati ieri, ci vedremo domani. Nel frattempo è passata una vita.

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