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La necessità di avere una classe dirigente ambientalista
Se pensiamo a tutta l’opera di colonizzazione dell’isola, che è avvenuta con il totale disboscamento del territorio per trasformarlo ad uso agricolo, capiamo che quest’isola in quanto ambiente naturale è stata sfruttata e da sempre soggiogata dall’uomo per la sua sopravvivenza. I coloni però capivano che bisognava lottare contro il dissesto idrogeologico per cui le “parracine” di contenimento “delle catene” dovevano essere mantenute sempre intatte, per tenere saldo il terreno e drenare l’acqua; le vie di scolo dell’acqua dovevano essere sempre pulite, per far defluire ordinata l’acqua piovana. Oltre all’agricoltura, l’uomo viveva di caccia e di pesca, molti erano artigiani e creavano utensili, si scavavano grotte e si costruivano case, tutto si riciclava. Per tanti anni, i ponzesi sono vissuti sull’isola raccogliendo i prodotti della terra e del mare; proteggendo le loro proprietà, indirettamente proteggevano l’ambiente naturale: una somma di proprietà terriere coltivate e curate costituivano l’intero territorio per cui i ponzesi inconsapevolmente proteggevano l’ecosistema isola. Su Ponza è nata una miniera poi diventata cava che ha scavato, deturpato, inquinato, dissestato, aggredito case, strade, fatto emigrare intere famiglie dall’isola. L’esperienza della miniera è stata oltre per l’ambiente naturale, per molti fornesi, traumatica: sono stati cacciati dalle loro case, dalle loro terre e per un ponzese essere cacciato dalla propria terra è come essere espropriato della propria anima. Nel 1975 i cittadini di Ponza riescono a ribellarsi allo strapotere del Sindaco Padrone dell’isola. Nasce la speranza per Ponza e per i Ponzesi di trovare una nuova strada sociale ed economica ed è la politica a guidarla. In questi anni c’è una regia politica, che vede la Regione Lazio protagonista, per dare soluzioni ai tanti problemi strutturali da sempre dimenticati. La Regione Lazio è promotrice di ben due leggi Regionali per le isole ponziane: si finanziano tutta una serie di opere pubbliche strutturali che hanno l’obiettivo politico primario di sostenere la residenza invernale e aiutare uno sviluppo turistico equilibrato. Ecco, questa dei finanziamenti pubblici ai trasporti marittimi è una cosa importante da capire: si danno i finanziamenti pubblici per sostenere le corse dei traghetti e aliscafi per le isole che hanno uno scopo sociale, i profitti, gli imprenditori privati e pubblici li fanno autonomamente, servendo i naturali flussi turistici d’estate. Dopo questa data si perdono i contatti con la Regione Lazio, per cui l’isola non segue più una linea politica programmatica e finanziaria e si va avanti senza continuità. La politica locale non è stata in grado di far crescere una cultura isolana ambientalista, capace di governare la ricchezza turistica e farla diventare un’opportunità per stabilizzare una comunità di residenti per tutto l’anno. Sottolineo che la politica locale è colpevole perché non è riuscita, nel passare da un economia primaria a quella turistica a trovare soluzioni per dare un nuovo equilibrio tra esigenze economiche e esigenze di protezione ambientale e sociale. Non abbiamo una nostra, studiata, organizzata, offerta turistica, la nostra offerta segue la domanda per cui non è compatibile con le nostre risorse naturali che si stanno deturpando e distruggendo. Il re Borbone aveva un progetto di colonizzazione per stabilizzare una residenza sull’isola, nella loro semplicità i ponzesi nell’isola fattoria avevano un progetto per vivere sull’isola, al contrario i ponzesi dopo gli anni novanta non hanno più un progetto di vita sociale ed economico. Ecco la crisi attuale che solo una classe dirigente ambientalista e isolana può provare a risolvere. 1 commento per La necessità di avere una classe dirigente ambientalistaDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
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“Da esseri scaltri e creativi siamo ora dominati da una monocultura di massa, da prodotti e personaggi anonimi, cibo anonimo, arte anonima.
La gioia di vivere, sperimentare, esplorare, confinata in sempre più esigui ritagli di tempo, ostaggi delle mode e del consumismo più sfrenato. Il sentimento, oggettivizzato da giornali e rotocalchi televisivi, e la spiritualità preda di personaggi senza scrupoli”.
Giuseppe Moretti, Bioregione Bacino Fluviale del Po
Le tue parole -Vincenzo- mi toccano nel profondo.
Personalmente trovo manchi anche qualcosa d’altro (al di là di una classe dirigente ambientalista); una corretta ed amorevole educazione all’ambiente, non punitiva bensì istruttiva.
Mi manca la “festa dell’albero”, ad esempio. Evento -come si direbbe nell’era dei social- che metteva i bambini a contatto con la terra, a sporcarsi giocosamente le manine…
Mi manca l’immagine di nonni e genitori che insegnino ai ragazzini i nomi delle piante, e quello dei piccoli insetti aggiungendo un #hashtag che ricordi loro la funzione di entrambe le categorie all’interno di un ecosistema.
Mi sembra, per contro, che i nostri bimbi siano troppo spesso
tenuti a balia da tablet e smartphone abilitati a sostituire anche le conversazioni della famiglia raccolta intorno al tavolo a cena, in casa o al ristorante.
E oggi voglio congedarmi così:
“… restate uniti/studiate i fiori/viaggiate leggeri”
G. Snyder – Turtle Island