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La nostra storia e le carte di archivio. La due giorni di studio dell’Archivio di Stato di Latina

di Rosanna Conte

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Ha fatto un certo effetto sentir pronunciare, nella sala del Circolo cittadino di Latina, davanti a un pubblico attento – moltissimi giovani liceali – i nomi di Libera Scarpati, Carolina Guarino, Silveria e Luisa Zecca, Maria Bosso.
Le loro vicende noi di Ponza le conosciamo da tempo, chi per averle viste svilupparsi sotto i propri occhi, chi per averle sentite raccontare, chi per aver letto Silverio Corvisieri, ma alla stragrande maggioranza di quel pubblico erano nomi che non dicevano granché.

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Bisogna dare merito ai relatori del convegno che in quella sala si è svolto per essere riusciti, intervento dopo intervento, fra mercoledì e giovedì, a dare spessore a quei nomi, a sostanziarli di umanità e significato, dimostrando come si possa restituire le vite consegnate nelle carte dei fascicoli delle Questure che ormai sono conservate e consultabili presso gli Archivi di Stato.

I due giorni di studio, organizzati dall’Archivio di Stato di Latina, sono stati fruttuosi.

L’occasione è stata data dal progetto che si sta avviando di digitalizzare i documenti, circa 300.000, presenti nei 4854 fascicoli dei confinati e sorvegliati nell’età fascista a Ponza e a Ventotene, 1466 confinati e internati della colonia di Ponza, 3388 quelli di Ventotene.

Attualmente è on line lo schedario con dati anagrafici, paternità e maternità (ove possibile), il periodo di confino con riferimenti ad eventuali trasferimenti o alla fine della pena, la serie, il numero del fascicolo ed il fondo di provenienza che consente una rapida verifica della presenza del singolo confinato o sorvegliato nelle colonie di confino di Ponza e di Ventotene.

La digitalizzazione dei documenti sarà senza dubbio un lavoro enorme, che inizialmente dovrà prevedere degli adeguati criteri di scelta, ma è molto importante sia per gli studiosi che per quei privati che cercano notizie per alberi genealogici e vicende che riguardano i propri antenati. Basti pensare non solo alla riduzione dei tempi per poter consultare un documento, ma anche e principalmente alla facilitazione del confronto fra documenti e di una loro eventuale integrazione.

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Circolo cittadino di Latina

Nei due giorni del convegno abbiamo potuto sentire quanto sia stata e sia tuttora intensa l’attività di studio e ricerca che si svolge in questi luoghi di conservazione di carte. Nel 2004, quando la Questura di Latina ha riversato nell’Archivio di Stato del capoluogo laziale i fascicoli riguardanti i sorvegliati e i confinati dell’età fascista a Ponza e Ventotene, è iniziato il lavoro del loro censimento, proseguito con la schedatura e la sua immissione on line.

 I fascicoli di cui si parla sono il prodotto di un lavoro di sorveglianza che la dittatura fascista aveva instaurato per controllare i cittadini ed arginare il dissenso. In essi ci sono schede biografiche, verbali di arresto, rapporti dei carabinieri e della Questura, proposte della Prefettura alla Commissione provinciale, verbali di consegna delle Carte di permanenza nelle colonie di confino, richieste di corrispondenza… insomma in ogni fascicolo ci sono tanti elementi che concorrono a delineare la persona sorvegliata e/o confinata tracciandone la storia.

Eppure molto spesso il singolo fascicolo non è sufficiente a ricostruire correttamente un percorso o a far emergere chiaramente una figura.

Ne è stato dato un esempio attraverso la figura di Silvio Campanile, il marito di Maria Bosso, per il quale il solo fascicolo faceva pensare ad una revisione delle personali scelte antifasciste. Certo era stato preso prigioniero in una retata a Roma ed era stato trucidato alle Fosse Ardeatine, ma non si riusciva a capire il percorso.
E’ stato l’incrocio di informazioni provenienti da un altro fascicolo, presente nell’Archivio Centrale di Roma – sede via Gallia Placidia – a far emergere l’appartenenza alla resistenza romana.

Può accadere ancora che lo stesso fascicolo ci dia segnali contraddittori della personalità dell’antifascista specie là dove esistono documenti attinenti anche alla sfera privata, come succede per Altiero Spinelli, aprendo a problematicità proprie dell’animo umano.

Insomma le carte di Archivio non sono resti inariditi del passato, hanno la capacità di parlare, ma devono essere opportunamente e sapientemente interrogate.

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E non ci parlano solo della vita e delle sofferenze delle persone, bensì anche del clima generale, della mentalità e moralità di un’epoca.

E anche in queste ricostruzioni, per le quali sono utilissime le informative di polizia, la cautela non è mai troppa, specie per l’età fascista che, come in tutti i regimi dittatoriale, presenta un alto tasso di falsità in questo tipo di documenti perché i delatori e i mercenari che li stilavano erano interessati a riferire quanto la polizia voleva sentirsi dire.

La parte finale del convegno ha messo in risalto le figure femminili – le confinate politiche, le mogli di confinati giunte dal continente, le isolane semplici fiancheggiatrici e le isolane mogli di confinati – tutte accomunate dalla forza della loro scelta.

Nel ventennio fascista, quando la propaganda politica e il consenso dilagante rendevano difficili la scelta del dissenso per gli uomini, per le donne lo era ancora di più.

La loro era necessariamente una doppia scelta.

Prima bisognava superare la linea che separava il pubblico dal privato in cui erano collocate dalla mentalità dominante, e non era un passo da poco. Poi bisognava superare l’altra linea, quella che portava all’antifascismo.

A queste donne è stata dedicata la rappresentazione teatrale conclusiva Anime in isola, scritta, diretta e interpretata da Tiziana Battisti , con la partecipazione di Gioia Manduzio.

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Tiziana Battisti

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Gioia Manduzio

Di esse sono stati colti ed egregiamente interpretati i profondi moti dell’anima dall’insofferenza per la prigione che l’orizzonte e il filo spinato delimitavano, all’odio per i propri carcerieri, alla fede da conservare col credo politico a dispetto di tutto e di tutti, all’amore materno per i figli altrui in assenza di propri, all’innamoramento per il giovane raffinato e colto, alla delicatezza dell’amore finalmente realizzato dopo anni di attesa.
E se alcuni rimandi sono più sfumati, altri un po’ meno, certamente quello a Libera Scarpati è stato inequivocabile: il suo gesto di mostrare alla folla sul molo il nastro rosso sotto la giacca mentre, espulsa dalla sua isola, è sulla nave che la porterà via fu l’ennesima sfida al regime per dimostrare che non era domata.