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L’agrodolce della vita in “Venerdì pesce”

di Gabriella Nardacci
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Già nei primi racconti-scenette pubblicate sul sito avevo intravisto uno spaccato sfizioso della vita ponzese e nella “caricatura” dei personaggi protagonisti, un modo esilarante e intelligente di stravolgere la realtà per ridicolizzare comportamenti pubblici e privati.

Ho avuto subito l’impressione che dietro queste scenette ci fosse una penna importante e che i personaggi fossero al contempo sia reali che inventati, sulla scia di quella che è la realtà di Ponza e dei ponzesi.

Giggino e Sang’ ’i Retunne, protagonisti, dialogano tra loro e ci riportano, sorridendo, con i piedi per terra.

Una sorta di comunicazione che mette una “maschera” e diventa a volte comicità, altre volte sarcasmo, altre volte ancora assume un aspetto carnevalesco. Un insieme di cose che costituiscono la satira politica, religiosa e altro che parla di tutto ciò che ci appartiene.
Un modo simpatico e adatto a tutti, dal meno erudito al più acculturato degli individui, per denunciare, smascherare, attaccare ogni cosa che crea discussione e si presta ad essere visto in due modi opposti.

Inizialmente osteggiato, Sang’ ’i Retunne è poi diventato un “corsivista” del sito. Il suo parlare o meglio, proclamare, è stato sempre più incisivo e comprensibile per me che non parlo il dialetto ponzese e alcuni termini, come dice Rita Bosso nella bella postfazione, quasi viene naturale usarli in occasione di un “dire” esagerato e poco incline al confronto con la realtà.

Ce ne sono molte di parole, ai giorni nostri, che sono diventate di “moda”. Soprattutto tra i giovani esistono diversi “modi di dire” che noi adulti non usiamo. Nessuna meraviglia, quindi, se alcuni lemmi, come ad esempio “gigginate” o “zelluso”, assumono un significato che ri-assume tante parole per spiegare un concetto.

Mi vengono in mente le “pasquinate”… cioè gli scritti attaccati alla statua di Pasquino contro il potere assoluto del Pontefice, che non riportavano il nome dell’autore. Parlo del XVI sec.

“Gigginate”… “pasquinate”… componimenti anonimi e poi i “Proclami” o meglio, gli “ORDINANZIAMENTI” (parola geniale, tipica di persone semplici che ribattezzano la parola “originale” mettendone in risalto un significato diverso ma a volte più consono… “Ordinanziamento” sta tra ordini e finanziamento (…mia madre mi ha detto che per lei questo significa!).

Leggere Venerdì pesce è stato piacevole.
Tanti racconti-scenette nei quali ho trovato riferimenti letterari importanti che permeano un po’ tutta l’opera. Dalla “commedia ridicolosa” di tradizione giullaresca all’arte di Goldoni fino al nemico della riforma di quest’ultimo, Gozzi appunto, che scrive e pubblica sottoforma di canovaccio. E poi dalla piazza al teatro e agli scenari del teatro.
Non posso che dire bene di questo libro che si presta anche ad una sceneggiatura teatrale.

Nella prefazione, Sandro Russo, tra le altre cose, ci parla anche della questione del dialetto: poco comprensibile, forse, a molti.
È comunque vero che se letto ad alta voce viene facile comprenderlo e poi più si legge e più semplice arriva la comprensione. Io poi sono innamorata del dialetto (dei dialetti). Fa parte di un enorme patrimonio di cultura e umanità e come tale va salvaguardato.

In merito all’anonimato circa l’autore di questi bei siparietti, credo di essermi fatta un’idea di chi potrebbe trattarsi: è un po’ come la questione di Elena Ferrante, ma questa è un’altra storia.
Belle e nostalgiche le immagini e pregevole la grafica di Renzo Russo.

Consiglio la lettura a chi la sera vuole andare a dormire con un sorriso, senza dimenticare che tra il serio e il faceto, è bello e liberatorio dichiarare sempre la verità… e infine come dice Giggino in uno dei siparietti: “E che vuo’ fa’, accussì adda ì! Chist’è ’nu paese stuorte: i viecchie pazzéane, i prìeut’ zompene e i criature ’uardene”.

L’agrodolce della vita.

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