Ambiente e Natura

Il cambiamento climatico a Ponza e dintorni (2)

di Alessandro (Sandro) Romano

 

Per l’articolo precedente, leggi qui

Il primo importante ed evidente segnale di cambiamento climatico ci giunge dall’Atlantico: da circa cinque anni, fatta eccezione per il 2014, non si forma più l’anticiclone delle Azzorre.
L’anticiclone delle Azzorre, quando si forma, appare come una enorme sacca caldo-umida che, sviluppandosi nell’Oceano Atlantico nel cambio di stagione inverno-estate, si sposta lentamente verso il Mediterraneo dove poi staziona per l’intero periodo estivo fino ad esaurirsi sotto la spinta delle prime fredde ed umide perturbazioni invernali provenienti dalla Russia e dalla Scandinavia.
Questo enorme air bag ha due caratteristiche: una “negativa”, perché è causa di un’umidità molto intensa e fastidiosa ed un’altra positiva, perché funzionante come un vero e proprio cuscino di interposizione tra il clima freddo umido nord europeo e quello caldo secco nord africano.
L’anticiclone delle Azzorre fa sì che le perturbazioni provenienti dal nord Europa non possano entrare in contatto diretto con quelle provenienti dall’Africa e viceversa. Ricorderemo tutti che fino a qualche anno fa d’estate faceva caldo umido è vero, ma difficilmente si arrivava alle temperature attuali che sono alte e secche, proprie del clima africano: fresco di notte e caldo di giorno.

Un altro effetto dell’anticiclone è che mai dalle temperature alte si passa in poche ore a temperature basse o, comunque, al di sotto della media del periodo.

Infine, l’anticiclone delle Azzorre filtra e devia le perturbazioni provenienti dall’Atlantico, riducendole a venti di brezza e a piogge di scarsa intensità.

anticiclone-1-come-eraAnticiclone.1. Com’era

E’ chiaro, quindi, che solo da quando non si forma più o si forma solo parzialmente l’anticiclone delle Azzorre, le due aree climatiche, quella nord africana e quella nord europea, divise solo da una labile fascia cuscinetto che varia tra i 60 ed i 200 chilometri (in climatologia è come dire niente), di frequente entrano in contatto diretto con effetti sconvolgenti. Interessante (e preoccupante) notare che la Penisola italiana si trova proprio al centro di queste due aree climatiche, con un confine termico fluttuante tra l’Emilia Romagna, Liguria, Lazio e Campania.

anticiclone-2-il-labile-confineAnticiclone. 2. Il labile confine

Pertanto il principale dei motivi dei repentini cambi termici e della estrema violenza delle famose “bombe d’acqua” che osserviamo in questi ultimi anni, va ricercato in questo “braccio di ferro climatico” tra Africa ed Europa.

anticiclone-3-invasione-africanaAnticiclone. 3. Invasione africana

Analizzando attentamente i rilevamenti atmosferici in particolari condizioni di tempo perturbato, si è potuto costatare che l’aria calda africana, dotata di maggiore energia e spinta, insaccandosi sotto quella fredda nordeuropea, innesca reazioni fisiche estremamente violente. In questi casi estremi, ma sempre più frequenti, l’aria calda, tendendo ad andare verso l’alto, spinge in quota vaste aree di area fredda ed umida generando effetti meteo sconvolgenti: chicchi di gradine come albicocche, piogge intense a carattere di rovescio, fulminazione “globulare” (esplosioni di elettricità) e continuata, venti turbolenti con raffiche oltre i 100 km orari. Insomma dei veri e propri cataclismi meteorici.

anticiclone-4-invasione-africanaAnticiclone. 4b. Invasione africana 

Questa nuova condizione che gradualmente si sta stabilizzando nell’aera mediterranea, ha ruotato l’interposizione climatica dalla precedente “ovest – est” (Atlantico – Europa) a quella attuale “nord – sud” (Europa – Africa).

A questo punto è lecito domandarsi: “Perché non si forma più l’anticiclone delle Azzorre”?
Per avere una risposta esauriente occorre spostare l’attenzione su tutto il pianeta, dato che tale situazione è strettamente legata ad un cambiamento dell’intero clima terrestre, in particolare ad un aumento della temperatura media.

Certamente l’inquinamento è un fattore importante e grave, ma, contrariamente a quanto afferma una certa diffusa corrente di pensiero, non è la causa principale di questo cambiamento: è solo una concausa.
In verità la Terra, con tutti i suoi fenomeni, ha un suo preciso ciclo storico: occorre solo scoprirne le caratteristiche e come è cadenzato.

Grazie ad un complesso e delicato esame retrospettico storico-climatico, si è potuto appurare con un’accettabile approssimazione che l’anticiclone delle Azzorre si è formato per la prima volta nella metà dell’800 (probabilmente nel maggio del 1851). Prima di quella data (a memoria d’uomo) non si era mai sviluppato qualcosa di simile.
Pressappoco dalla stessa data un altro elemento importante che ha subito un cambiamento è stata la temperatura terrestre.

Dalla metà dell’800 la temperatura del pianeta ha cominciato lentamente ad innalzarsi: fenomeno preoccupante che è tuttora in atto. Ed appunto rapportandoci ad oggi un’altra domanda è lecita: “Se in quel tempo non c’era l’attuale inquinamento, a cosa era dovuto l’innalzamento termico”?

Passando dalle certezze storico-scientifiche alle ipotesi (sempre scientifiche), secondo uno studio interdisciplinare, i cicli climatici terrestri e, probabilmente anche quelli geotermici e geologici (i terremoti), hanno un’evoluzione storica che si presenta con cadenze temporali sicuramente identificabili. Ricostruendo le date e le caratteristiche degli eventi meteorici e climatici più significativi, cogliendone la presenza dalle vicende storiche, si è riusciti ad identificare variazioni in cadenze temporali oscillanti tra i 70 e gli 80 anni.

Suddividendo ulteriormente tali periodi in sotto-insiemi temporali, si arriva alle fasi intermedie poste tra l’inizio e la fine dei cicli settantennali di circa 35-40 anni. Tale calcolo temporale ha di recente indotto alcuni scienziati a collegare l’evoluzione climatica e geologica ad un movimento dell’asse terrestre chiamato “moto di precessione” (*).

movimento-precessionale-1

movimento-precessionale-2Movimento precessionale. 1 e 2

Appare infatti sorprendente, e utile alla nostra analisi, notare che se i 28.500 anni di un’evoluzione completa dell’asse terrestre nel movimento precessionale vengono suddivisi per gradi, si ha che la Terra, per percorrere ogni singolo grado, impiega 71,6 anni circa, che è esattamente il tempo di una mutazione climatica completa individuata attraverso l’analisi storica retrospettica. Se si prende come punto di riferimento l’anno in cui non si è formato per la prima volta l’anticiclone delle Azzorre, non è difficile dedurre l’inizio del cambiamento ed i tempi della mutazione climatica in atto.

Pertanto, da quanto emerge dagli studi interdisciplinari, è chiaro che l’attuale mutazione climatica è solo la fase intermedia di un lento, ma inesorabile ciclo storico della Terra.
A questo va aggiunto che l’atmosfera, con tutti i suoi fenomeni, non risponde immediatamente alle variazioni di inclinazione dell’asse terrestre. Infatti l’assestamento dei fenomeni atmosferici rispetto al movimento precessionale è lento, quasi impercettibile. È in questa fase che l’uomo interviene con gli effetti negativi dell’inquinamento, turbando l’adeguamento dei fenomeni alla nuova inclinazione dell’asse terrestre.

Grazie a queste considerazioni, sarebbe possibile prevedere, con una limitata probabilità di errore, a cosa si sta andando incontro e cosa l’uomo dovrebbe predisporre per prepararsi efficacemente a fronteggiare situazioni per le quali oggi non è pronto. Ed i primi segnali ci sono tutti.

Gli scienziati hanno inoltre calcolato con estrema precisione che la Terra compie un ciclo completo con tutti i suoi movimenti tornando al “punto esatto di partenza”, e cioè da dove è iniziata la sua corsa milioni di anni fa (all’atto del big-bang ed interferito solo dall’impatto con un’immensa meteora che generò la Luna), ogni centomila anni.
In questo arco di tempo, estremamente breve per l’età dell’universo, ci sta di tutto: diluvi universali, terremoti, glaciazioni, eruzioni, addirittura la deriva dei continenti e la sovrapposizione delle aree sommerse su quelle emerse. Insomma un lento ma inesorabile game-over con reset per un nuovo inizio delle ere.

Ma questa è un’altra storia.

 

(*) In fisica la precessione è la rotazione dell’asse di rotazione di un corpo attorno ad un’asse. L’esempio più diretto di precessione si osserva nel moto della trottola. L’asse terrestre subisce una precessione (una rotazione dell’asse attorno alla verticale, a causa della combinazione di due fattori: la forma non perfettamente sferica della Terra (che è un particolare sferoide, sporgente all’equatore) e le forze gravitazionali della Luna e del Sole che, agendo sulla sporgenza equatoriale, cercano di allineare l’asse della Terra con la perpendicolare al piano dell’eclittica (cioè il cerchio massimo della sfera celeste adagiato sul piano che interseca i centri del Sole e della Terra.

Una rappresentazione visiva di grande chiarezza dei complessi movimenti della terra intorno al sole e della luna intorno alla terra sono mostrati in questo video da YouTube:

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[Il cambiamento climatico a Ponza e dintorni (2) – Fine]

4 Comments

4 Comments

  1. Sandro Russo

    1 Ottobre 2016 at 16:21

    Ho molto apprezzato i due articoli di Sandro Romano dedicati ai cambiamenti climatici.
    Egli parte da Ponza e dall’esperienza dei “cambiamenti’ meteorologici che tutti noi abbiamo fatto nello spazio di poche generazioni, per “allargare” alla situazione in Europa – con un occhio al futuro dell’intero pianeta – e alle spiegazioni possibili, quanto più possibile su una base scientifica.

    Conclude però in un curioso modo – “…Insomma un lento ma inesorabile game-over con reset per un nuovo inizio delle ere. Ma questa è un’altra storia.” – che tiene la porta aperta all’ignoto e all’esoterico.

    Perché in questo spiraglio si insinuano le conoscenze (o profezie) di una delle più antiche e complesse culture i cui documenti (e manufatti) sono arrivati fino a noi.
    Intendo la civilizzazione Maya, le cui origini datano intorno al 2000 a.C. (periodo pre-classico), raggiunse il massimo splendore tra il 250 d.C. – 900 d.C. (periodo classico) e sostanzialmente si concluse intorno al X sec., epoca dalla quale non furono edificate nuove città e quelle antiche vennero rapidamente abbandonate; infatti quando arrivarono gli Spagnoli la civiltà era già in piena decadenza.
    Civilizzazione Maya, quindi, in parte coeva e sovrapposta a quella egizia – riconosciuta come entità statale a partire dal 3100 a.C. fino al 1075 a.C. -, anche se in parti opposte del mondo, allora non comunicanti.

    Ebbene, secondo i complessi calcoli astrologici dei Maya, ogni ciclo di 5.125 anni la Terra è stata lo scenario dell’avventura di un’Umanità – “una razza” in questo contesto – e si sarebbe concluso con la propria autodistruzione, susseguita da una rigenerazione portata da un successivo ciclo o “Sole”.
    L’11 agosto del 3.113 a.C. i Maya fissarono la nascita del “Quinto Sole” – l’era attuale – che si sarebbe conclusa il 21 dicembre 2012.
    L’era dell’Acqua si era conclusa con il Diluvio, la successiva con un diluvio di fuoco e la nostra, denominata “del Movimento”, si concluderebbe con violenti terremoti, eruzioni vulcaniche e uragani devastanti.

    A questo affascinante campo ha ampiamente attinto il cinema, specie quel filone (anche letterario) detto “fantascienza catastrofica” di cui segnalo un film per tutti, eccezionale per capacità visionaria ed effetti speciali, che è “2012” (film del 2009, diretto da Roland Emmerich).

    Guarda qui il trailer italiano su Youtube:

    https://www.youtube.com/watch?v=_JUeWe7H5xU

  2. Luisa Guarino

    1 Ottobre 2016 at 18:03

    Ho letto con grande interesse le prime due puntate di Alessandro sui cambiamenti climatici che riguardano in particolare Ponza e non solo. I suoi interventi sono sempre istruttivi, gradevoli e mai scontati, ricchi di informazioni puntuali. Ma non sono qui solo per congratularmi con l’amico e collaboratore, prezioso in entrambi i ruoli.
    In realtà il secondo scritto mi ha fatto anche sorridere: spiego subito perché.
    A distanza di parecchi anni sento parlare di “precessione degli equinozi”: un vero spauracchio per la sottoscritta ai tempi dell’università, che ancora oggi ricordo con una certa apprensione, uno degli argomenti che ho sempre trattato con un po’ di confusione.
    A mia maggior colpa aggiungo che nella Facoltà di Lettere moderne de “La Sapienza” ho affrontato ben tre esami di Geografia; non solo, anche la mia tesi di laurea l’ho discussa in quella stessa materia, ed è andata benissimo. A questo punto credo proprio che mai nessun professore mi abbia chiesto qualcosa sulla “precessione”, sennò non l’avrei certo passata liscia.

  3. vincenzo

    3 Ottobre 2016 at 19:57

    Sandro Romano con questa frase volevi aprire all’ignoto e all’esoterico? Conclude però in un curioso modo – “…Insomma un lento ma inesorabile game-over con reset per un nuovo inizio delle ere. Ma questa è un’altra storia.” – che tiene la porta aperta all’ignoto e all’esoterico.
    Che c’azzecca l’esoterico con la geografia?
    Certo l’ignoto sta nell’imponderabile pazzia del potere liberista che sta sconvolgendo la natura e i suoi cicli, ma questo con le previsioni Maya non c’entrano niente, o no?

  4. Alessandro Romano

    4 Ottobre 2016 at 10:35

    Caro Vincenzo,
    più che geografia, l’elaborato fa riferimento ad elementi di geofisica ed astronomia. In merito alla conclusione, ho solo voluto mettere un confine alle mie conoscenze che non vanno oltre quello che ho esposto né, tantomeno, vanno nell’esoterico o nelle previsioni Maya. Anche se, a pensarci bene, un’osservazione va fatta.
    I saggi di quella grande civiltà, tra le tante predizioni, avevano previsto l’arrivo dell’ “uomo bianco” che avrebbe compromesso la loro esistenza. Come sappiamo, Hernan Cortés puntualmente arrivò devastando, oltre la costa, gli attuali Messico e Perù. La speranza è che quella Maya sia stata solo una fortuita preveggenza, altrimenti, o per l’ingordigia liberista, o per il ciclo naturale della Terra, o per entrambi i casi, leggendo le altre che hanno fatto sul futuro dell’Universo qua c’è da avere paura.

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