Ambiente e Natura

A cosa servono le tradizioni?

di Francesco De Luca

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Lo dico subito: quando si pone questa domanda vuol dire che il loro stato è precario e si teme che scompaiano. Perché le tradizioni sono intessute nel vivo della vita reale di una comunità e servono come l’aria per respirare. Allorquando ci si interroga sulla loro utilità vuol dire che la comunità è agonizzante.

Detto questo ripropongo la domanda: a cosa servono le tradizioni? L’etimologia in parte aiuta. Dal latino tradere , con tra – oltre e dare – consegnare. Ciò che viene trasmesso. Dai padri ai figli naturalmente, dalle generazioni precedenti alle seguenti. Perché? Perché non venga meno il filo della continuità, non si spezzi l’identità. Di una cultura, di una comunità, di un gruppo sociale.

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E’ questa la sciagura più grande che possa accadere ad una comunità. Viene meno la cosa che accomuna, vengono annullate le ragioni per cui si sta insieme. La storia, la lingua, le abitudini, i costumi vengono annullati. Si ritorna ad essere individui, privi di una identità, nudi e indifesi. Pronti e disponibili per qualsiasi evento che, in qualche modo, leghi il destino di uno a quello degli altri. Un legno nella risacca. L’avete visto no? C’è di tutto: canne, plastica, rottami e schiuma schifosa.

Così si diventa: una accozzaglia di individui con volontà divergenti, con spirito confuso. In balìa.
Di cosa? Di eventi dirompenti, di accadimenti contro i quali, privi di identità, si è supini perché senza difese.
Di chi? Di persone, personaggi, figuri che manipolano, che inducono, che spingono a realizzare i loro interessi. Tutti gli altri sono manovali, a decidere gli obiettivi sono loro e i loro compari.

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Sembra che stia vaneggiando, sembra la trama di un film orrido per un verso e comico per un altro. E invece è la sequenza che vedo prossima per la nostra comunità. La comunità dei Ponzesi. Le cui tradizioni si affievoliscono di anno in anno, non si rinnovano con le generazioni. Non trovano cultori.

A cosa voglio arrivare ? Voglio arrivare a dire che, ove le tradizioni scemano, una comunità avveduta le supporta con la cura, le preserva, le sollecita a manifestarsi. In modo tale da aiutarne la vita e la trasmissione generazionale.

Non possiedo sfere magiche e non mi diletto di magia. Quello che appare alla mia analisi non mi pare beneaugurale per i Ponzesi.

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Appendice del 15 settembre e filmati attinenti (da YouTube) – Nota della Redazione

 

Vorremmo pregare i collaboratori di non utilizzare lo spazio dei commenti per postare link a video, se non in casi eccezionali; altre volte li abbiamo rimossi, citandoli o riportandoli “in chiaro” nella spazio di un articolo.
Così facciamo anche stavolta

Qui di seguito riportiamo cumulativamente il suggerimento (in un altro commento) di Silverio Guarino a vedere un filmato di circa 45 minuti su una nuova proposizione dell’agricolura: Bioresistenze e le proposte di Monia su cosa si può intendere per “tradizioni popolari”, attraverso brevi e meno brevi filmati concernenti:
Ponza in Tavola del 27 luglio 2013 (by Rossano)
La gara delle bagnarole del 26 maggio 2012 (Rossano)
– Un’intervista su Lo stracquo
– Uno spettacolo del Teatro in Piazza (Una giornata al Comune) sempre filmato da Rossano

 

7 Comments

7 Comments

  1. vincenzo

    14 Settembre 2016 at 09:44

    Domande per l’amico Franco

    Le tradizioni nascono in una comunità spontaneamente oppure sono indotte dall’alto?

    Se le tradizioni sono indotte allora cambiano a seconda del potere induttivo di turno quindi cambiano nel tempo; se invece sono spontanee durano il tempo necessario a perpetrare uno stile di vita.

    Ma le nostre tradizioni sono state il collante per la nostra comunità, oppure hanno alimentato una socialità di facciata al cui fondo l’individualismo era il dominante assoluto?
    Il fine di una comunità di uomini dovrebbe essere il miglioramento collettivo, le nostre tradizioni hanno contribuito a questo miglioramento collettivo?

    Sarebbe interessante da parte di Franco elencare le nostre tradizioni e poi nel descriverle far comprendere – se c’è stata – la funzione di queste come collante sociale nella comunità fattoria, isolana, pre-turistica per poi eventualmente far comprendere – delle stesse tradizioni – l’importanza e il dovere di perpetrarle nella società aperta, informatizzata.

  2. Francesco De Luca

    14 Settembre 2016 at 17:19

    Caro Vincenzo,
    non sono in grado di dar conto di tutte le tradizioni ponzesi. Alcune poi sono così consustanziali alla vita comunitaria da confondersi con le abitudini.
    Non si identificano soltanto per gli aspetti ‘di colore’. Per cui, ed è questo un aspetto cui volevo mirasse l’articolo, il loro venir meno dovrebbe essere ostacolato dalle istituzioni: scuola, pro-loco. Sì da parare, in qualche modo, allo spopolamento.

  3. Silverio Tomeo

    14 Settembre 2016 at 22:23

    Secondo lo storico Eric J. Hobsbawn molte tradizioni sono inventate di sana pianta, spesso in epoche di cambiamenti sociali, e questo come legittimazione di poteri, ideologie, visioni del mondo da inculcare. La continuità con il passato remoto proprio delle tradizioni è in molti caso fittizio. Quindi rituali simbolici inventati in epoche recenti, storicamente, da parroci o comitati popolari, sono casi di “tradizione inventata”. Altra cosa è la tradizione popolare legata ai canti di lavoro, l’artigianato domestico (come i cesti fatti a mano con vimini e strisce di canna), le modalità delle feste tra sacro e profano, tutte cose da valorizzare e perpetuare.

  4. vincenzo

    15 Settembre 2016 at 10:36

    Franco mi fa piacere che mi hai risposto dopo tanti solleciti. Caro Silverio io non ho letto lo storico Eric, ma ti ringrazio del tuo erudito intervento che ha confermato le mie convinzioni: che molte tradizioni sono indotte dal potere. Compreso il potere dei parroci, vedi la festa dell’Immacolata.

    Ma quello che a me interessa è un altro aspetto della questione: è il ruolo dell’intellettuale che esamina questi fenomeni, trae delle conclusioni dubbie ma poi ci ricama un messaggio ecumenico assolutamente fuori luogo.

    E’ da tempo che dico questo a Franco che tra l’altro ero certo non poteva dimostrare il collante delle tradizioni per cui – a mio avviso – non doveva concludere dicendo che il nuovo amministratore debba fare questa operazione di recupero per il fine ultimo di far cambiare le sorti della nostra isola.

    Al contrario – ed è questo lo scopo delle mie “lezioncine” – quando dico che, anche se in buona fede, l’amministratore pur raggiungendo degli obiettivi prefissati in programma elettorale, se questi non sono armonicamente legati ad altri risultati questi obiettivi raggiunti si possono dimostrare andare nella direzione contraria rispetto al fine ultimo che è la salvaguardia dell’ecosistema isola. E quando dico questo poi lo devo dimostrare nei fatti. Ed ho cominciato a farlo parlando appunto del cambio di indirizzo della scuola superiore a Ponza.

    Rimanendo alle tradizioni io posso dire: le tradizioni sono un bagaglio culturale della nostra isola che non va perso per cui vanno recuperate! Le tradizioni quindi possono essere studiate e riprese per contribuire ad allungare la stagione turistica.

    Chi deve promuovere questo? L’amministrazione comunale e la Proloco!
    In che modo? attivando e finanziando tutte le associazioni locali ecc.
    In questo modo io recupero tradizioni, attivo e motivo positivamente cittadini residenti invernali i quali diventano animatori di vita per sé e per gli altri isolani.
    Obiettivo: recupero delle tradizioni in linea con il fine salvaguardia dell’ecosistema isola!

  5. sciarra monia

    15 Settembre 2016 at 11:53

    Monia Sciarra ha postato quattro link a filmati su YouTube che sono stati tutti riuniti alla fine dell’articolo di base
    La Redazione

  6. La Redazione

    15 Settembre 2016 at 15:24

    Vorremmo pregare i collaboratori di non utilizzare lo spazio dei commenti per postare link a video, se non in casi eccezionali; altre volte li abbiamo rimossi, citandoli o riportandoli “in chiaro” nella spazio di un articolo.
    Così facciamo anche stavolta
    Qui di seguito riportiamo cumulativamente il suggerimento di Silverio Guarino a vedere un filmato di circa 45 minuti su una nuova proposizione dell’agricolura: “Bioresistenze” e le proposte di Monia su cosa si può intendere per “tradizioni popolari”, attraverso brevi e meno brevi filmati concernenti:
    – “Ponza in Tavola” del 27 luglio 2013 (by Rossano)
    – “La gara delle bagnarole” del 26 maggio 2012 (Rossano)
    – Un’intervista su “Lo stracquo
    – Uno spettacolo del “Teatro in Piazza” (Una giornata al Comune) sempre filmato da Rossano

    I link sono attivabili nell’articolo di base

  7. Enzo Di Giovanni

    18 Settembre 2016 at 08:13

    Dell’importanza della tradizione in generale come termometro dello stato di salute di una società abbiamo già parlato in passato sul Sito.
    Su un film di Antonioni (“L’avventura”), ed Eric Hobsbawn in particolare:
    http://www.ponzaracconta.it/2014/02/18/ponza-lavventura-di-antonioni-e-linvenzione-della-tradizione-1/
    http://www.ponzaracconta.it/2014/02/20/ponza-lavventura-di-antonioni-e-linvenzione-della-tradizione-2/
    Ma anche:
    http://www.ponzaracconta.it/2013/07/13/la-tessitura-e-la-donna-artigianato-e-mito-3/
    http://www.ponzaracconta.it/2013/07/19/cosa-centra-ponza-con-i-masi-dellalto-adige/

    Il problema spesso non è tanto se la tradizione è inventata o se nasce spontanea dal basso, per così dire: ma piuttosto, se essa si inserisce o meno in maniera armonica nel contesto generale.
    Il nostro sconcerto nasce dal fatto che sempre più spesso assistiamo a mutamenti anche sostanziali della nostra cultura senza una apparente reazione sociale. In parole povere, sembrerebbe che qualsiasi novità venga assimilata in modo acritico, e questo ovviamente non è certo un buon segno.
    Di sicuro, su questo aspetto giochiamo gran parte del nostro futuro.

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