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Mare di barche e… di sporcodi Francesco De Luca
Stasera… un mare di barche. Le loro luci contornano le cale di Frontone, del Core, dell’ Arco naturale fino a Cala Gaetana. Luci colorate: bianche, rosse, viola e blu. Luci sugli alberi degli yacht, dagli oblò, dalle poppe. Lucette, lucine, fari. Un mare di luci. Un’altra città, galleggiante. Intorno si muovono luci su tender, su motoscafi. Si dirigono al porto, da esso vengono. Più la notte si infittisce, più la luna sfoca, più quella città si ravviva nei bagliori. Anzi si arricchisce anche di suoni. Da quella grande sagoma lì in fondo, con luci debordanti da ogni lato, si spandono ritmi da discoteca. Rallegrano. Penso che tutta questa gente contribuisca ad alimentare il flusso finanziario dell’isola. Non è difficile crederlo. Con qualche pecca. Anche questo non è difficile individuare. Perché il mare è sottoposto a sollecitazioni massicce. Di liquami, ad esempio. Di scarichi dei motori. Di immondizia. Qui si evidenzia un contrasto stridente. Gli isolani sono interessati per il 90 per cento nelle attività economiche di marca turistica: quello nautico, quello di terra, quello giornaliero e no. Una miriade di attività economiche ruotano intorno al turismo. Lo blandiscono, lo richiamano, lo supportano. I proventi derivanti da esse permettono alla comunità di esistere e resistere nel periodo invernale. La risposta sembra scontata ma prima di darla bisogna soppesare i fattori in bilico. Quello che cerco di dire può essere così racchiuso: lo sviluppo va controllato, va incanalato. Secondo una visione che non degradi il territorio, non dimentichi le tradizioni.
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