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La notizia della morte di Renato me li ha riportato alla memoria uno ad uno, gli scopatori del Porto… Cicciariello con sigaro, paglietta ed eloquio da filosofo, Giovanni, tuta e basco blu, camminata strascicata, Martiell’ (Urgentino) sempre scalzo, dai piedi quasi palmati e lo spago alla vita e tra i più recenti, Aniell’ Martiell’…
Lo ammetto, ho un ricordo chagalliano degli spazzini di Ponza, la ramazza era a seconda dei casi bastone da passeggio, dama danzante, oggetto volante.
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Il corso di Ponza, senza il pericolo della automobili, controllabile dalle mamme con una sola occhiata, è stato il teatro di infanzie libere e felici e gli scopatori partecipavano di quella magia, rendevano bello e pulito il nostro regno, lo sgombravano da tutte le insidie che si annidavano nelle vie cittadine, lo custodivano in inverno.
Noi, polletti d’allevamento cittadini, finalmente razzolavamo beati, padroni; mio fratello conduceva a tutta velocità la sua Ferrari rossa fiammante sul circuito bar Tripoli / Minicuccio, il fruttivendolo e i passanti si scansavano o allargavano le gambe a ponte per far passare l’Ayrton di tre anni; a fine estate il bolide tornava ad aggirarsi con prudenza e tristezza tra le poltrone del soggiorno.
Le mie bambole non si rompevano, semplicemente volavano giù al Cantinone e lì cominciavano una nuova esistenza; anche i giocattoli respiravano, quando arrivavano a Ponza.
Quasi sessant’anni fa! Non smetterò mai di ringraziare Ponza, il corso, la Caletta per gli anni che ci hanno regalato.
E Renato, che c’entra?
A quei tempi forse nemmeno stava dint’a scopa. C’entra, perché solo a Ponza io ho conosciuto i nomi degli spazzini, ne ho fissato i volti, li ho visto volare a cavallo delle ramazze, ne ho atteso il passaggio ogni pomeriggio quando il fruscio della saggina decretava la fine della controra.
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La storia continua… oggi scopro che Renato era molto più della coppola, della panzetta sempre più prominente, dei tratti vagamente africani del suo volto.
Renato, come tanti altri, era riuscito a conciliare gli opposti, ad essere infinitamente più avanti della Chiesa, del PCI, di tutto quello che sarebbe venuto nei decenni successivi e che è già morto. Riusciva ad essere comunista e ricchione, a festeggiare in abito da sposa ben prima che si parlasse di unioni civili, decideva di collocare il suo capodanno il 19 marzo.
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Bestemmiava come un turco ed era devotissimo a san Giuseppe. Scelte non facili, testimoniata oggi nei ricordo di Silverio, di Teresa, di Franco e sintetizzate da Sandrone con un verso tratto da l’Avvelenata di Guccini: “frocio, comunista… ci mancava solo che fosse ebreo!”
Ecco, io ho visto la ramazze volare nei cieli di Ponza, tra la Ravia e il Lanternino, in alto, sempre più in alto, e vi assicuro che non ero ubriaca.
Nota
Tutte le immagini che illustrano l’articolo sono dipinti di Marc Chagall (1887, Vitebsk, Bielorussia – 1985, Saint-Paul de Vence, Francia). La seconda – La promenade; 1917 – e l’ultima – Coq rouge dans la nuit; 1944 – sono citate anche nell’articolo-saggio su musica e arte (leggi qui [8])