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Altre isole. Assaggio di Sicilia (1)
Scrivo di isole perché le amo. Scrivo della Sicilia perché (un po’) la conosco; ho amici siciliani, mi piacciono il dialetto e la cucina siciliana.
Il viaggio in Sicilia era stato ideato mesi fa con Tano, il mio amico siciliano. Va’ a prevedere che proprio in quei giorni, scelti dopo complessi calcoli e triangolazioni, ci sarebbero state le elezioni comunali a Roma, che senza la sua presenza non avrebbero potuto svolgersi (!) Ma comunque non si parte alla ventura. Ho numerosi “pizzini” di sua mano delle cose irrinunciabile di vedere; una quantità di carte e baedeker e le prenotazioni in B&B (due notti a Catania, due a Siracusa e una a Ragusa). Catania è l’Etna. La montagna con i suoi 3329 m di altezza incombe sulla città, spesso incappucciata di neve. ‘U liotru – Scultura in pietra lavica su cui è montato un obelisco, in piazza Duomo e… sullo stemma di Catania Dai “pizzini” di Tano risulta irrinunciabile la passeggiata lungo la via Etnea e la visita di piazza Duomo, con la maestosa Cattedrale di Sant’Agata, ma soprattutto per contigua Fontana dell’Elefante [nel “pizzino” del nostro amico: ’u liotru]. Secondo la tradizione la statua dell’elefante in pietra lavica e dotata di poteri soprannaturali fu scolpita da Eliòdoro artista e mago catanese (circa 778) poi bruciato sul rogo come eretico; di qui per deformazione da Eliòdoro il nome liotru] Anatomicamente la figura dell’elefante si presenta sformata; i testicoli, infatti, sono molto più grandi del normale e per tradizione goliardica gli studenti della vicina Università di Catania (Siculorum Gymnasium) erano soliti sciacquarli e strigliarli con abbondanti secchiate d’acqua all’apertura dell’anno accademico come buon auspicio per l’andamento degli studi. A Catania di grande interesse archeologico è il teatro greco-romano – recentemente restaurato e aperto al pubblico -, un grande spazio vuoto debitamente riempito di case nei secoli… Solo in epoca fascista cominciò il recupero che è durato fino ad anni recenti, riuscendo almeno a ripristinare la struttura essenziale, ancorché circondata (ma non più invasa) da abitazioni civili:
Rispolveriamo anche i ricordi sugli antichi teatri. Quelli greci utilizzavano cavità naturali preesistenti, le gradinate per gli spettatori erano in legno e appoggiate a un pendio naturale, oppure ricavate nella roccia; i teatri romani avevano le proprie fondamenta, quindi anche la cavea era in muratura, con gallerie e aperture: delle opere architettoniche complesse.
Il recupero del monumento è stato molto curato, comprendente anche gli ambienti circostanti, un museo archeologico e una casa ottocentesca sul bordo dell’invaso (casa Liberti), mantenuta tal quale con suppellettili e arredi d’epoca
In onore di Tano che ne aveva scritto sul sito (leggi qui) e dell’idea stessa di Faro chiediamo come raggiungere il faro dell’Ognina (o faro Biscari). All’Ufficio del Turismo ci sconsigliano dall’andarci a piedi perché è una zona degradata e insicura.
Poco attraente è anche la zona del porto. Ad un primo sguardo sembra che nell’assetto urbanistico della città, il mare sia stato lasciato in disparte; il lungomare non è privilegiato né meta di passeggiate. Lo scalo dell’antica Catania, famosissimo fin dall’antichità fu per tanti secoli, il Porto di Ulisse (o calcidico) che però, nel 1381, venne distrutto e sepolto pressoché completamente da un fiume di lava scaturito da una fessura eruttiva apertasi tra i comuni etnei di Mascalucia, Tremestieri e Gravina.
Si distinguono una fascia pedemontana, molto antropizzata, fertilissima e intensivamente coltivata fin dall’antichità, fino ai 1200 m circa; e le fasce ad altitudine maggiore, tra in 2000-2500 m., al deserto lavico, fino al ciglio del vulcano. Il piano cosiddetto “montano-mediterraneo” (1500 – 1800 – 2000 m. s.l.m.) è quello che ci interessa più da vicino. Si estende fino al limite superiore dei boschi; in esso troviamo boschi di faggio (Fagus sylvatica) che sono molto frammentari e sostituiti, nelle zone più aride, da boschi di Pino laricio. In alcune zone, soprattutto sul versante orientale, troviamo boschi e boscaglie di betulla dell’Etna (Betula aetnensis), specie considerata da alcuni esclusiva dell’Etna.
Ma la scoperta per me più interessante attinente a Ponza – per un approfondimento sulle ginestre, sul sito, leggi qui – ha riguardato la Genista aethnensis. Sempre, a Ponza, abbiamo distinto la ginestra comune e a fioritura più tardiva, tra maggio e giugno (’a janésta – Spartium iunceum) dalla più caratteristica ginestra di Ponza – ’u uastaccett’ – che fiorisce già a febbraio, ha branche più fitte e sottili e fiori più piccoli. Per molto tempo abbiamo chiamato Genista ephedroides o aethnensis questa ginestra, meno comune e meno diffusa dell’altra al di fuori di Ponza (per esempio anche a Ischia è stata importata: leggi qui).
Fino a quando, pochi anni fa, la nomenclatura botanica si è evoluta e il ‘nostro’ ’uastaccètt è stato più propriamente battezzato Genista thyrrena. Qui sull’Etna abbiamo potuto vedere con gli occhi, toccare con mano, le differenze e concordare con la decisione dei tassonomisti: perché pur con evidenti similarità, il portamento della ginestra dell’Etna è arboreo, mentre la nostra è indubitabilmente a portamento e dimensioni arbustive
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