Ambiente e Natura

Guarda che storia!

di Francesco De Luca

Abate Pacichelli

Come promesso eccomi di nuovo a commentare la descrizione che l’Abate Pacichelli fa delle isole ponziane dopo un viaggio nel 1685. E’ racchiusa nell’opera: Memorie de’ viaggi nell’Europa Christiana – Napoli 1685 (per la prima parte leggi qui)

Scrive (pag. 7): Riguarda il porto, appunto di faccia, la Grotta che chiamano di Pilato, di nobile simmetria in quadro, di cinquanta o sessanta passi, per ogni verso, alta farsi per metà di quella di Pozzuoli, scavata in archi a forza di scalpelli. Vi s’entra per un corridore largo di dodici in quindici passi, diretti fino alla fine, con equal proportione. Quattro grotte per parte vi si contano in fila, corrispondenti l’una con l’altra à livello, che riempiono il restante spatio di quel quadro, comprendendo quasi cinque grotte lunghe, e somiglianti.

Questa cisterna per interi secoli è stata individuata come la casa di Pilato, in via Parata. Chiamata in seguito anche il Rifugio.

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piantina della cisterna della Parata

La grandiosità dell’opera fa ben comprendere la svista presa su quest’opera. La quale perse la funzione di raccolta d’acqua allorquando l’isola fu eletta dimora di monaci e di ‘solitari’. Negli anni a seguire la morte di S. Silverio l’isola divenne luogo di relegazione volontaria, priva di autorità civile, e la comunità residente fu sprovvista di maestranze per il controllo del complesso sistema di accumulo dell’acqua piovana e della sua canalizzazione, per successive discese, fino al mare.

La descrizione continua: Altre sei grotte, in sito più eminente, stan sotto la torre (rotonda – la nota è mia) dove sogliono abitare i Pescatori.

Alt: di questa torre (rotonda) ha detto prima (pag. 7): la torre vecchia, che cinquant’anni sono i Turchi fecero volare con alcuni barili di polvere posti in una cisterna, fatta però la chiamata al Castellano, e a chi vi dimorava, conducendogli schiavi.

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Isole di Pontio, mappa acquerellata sec. XVI (dal libro Pontio, l’isola di Pilato di Vincenzo Bonifacio)

Dove era ubicata presumibilmente questa torre? Non è dato saperlo con certezza. Dalle carte riportate da Vincenzo Bonifacio (L’ isola di Pilato – Vianello Libri) doveva stare lì dove esce la Punta Rossa (all’incirca presso la pescheria Sogliuzzo). Perché dico lì? Perché altrove è chiarito che tale torre (rotonda) si ergeva in un isolotto all’interno del porto. Un altro riferimento lo offre la presenza di grotte ove prendevano dimora i pescatori di passaggio.

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La Punta Rossa in un disegno di P. Mattej

Continuo: l’acqua da bere si prendeva dalla cisterna della Dragonara. Scrive l’Abate: Più avanti è quella della Dragonara, che raffigura una peschiera di acqua sorgente assai buona, dove fanno acqua i navili, che tal volta per tempesta vi approdano, e medesimamente i Pescatori e il Castellano, tutto che, provveduto di cisterna nella torre (quadrata, la Farnese per intenderci).

pianta cisterna della Dragonara

piantina della cisterna della Dragonara

Illumino questi particolari:

A – La cisterna della Dragonara, si credeva di acqua sorgiva. E ci si sbagliava. Proveniva dall’acqua incanalata dal monte Guardia. Il deflusso però delle acque pluvie, ideato e realizzato dai Romani fungeva ancora. E produceva anche acqua buona. Tanto che praticamente tutti vi attingevano.

B – Ve l’attingevano i navigli. Il che fa supporre che tutto il sistema d’approvigionamento dell’acqua piovana messo in atto nella zona del Porto non funzionasse. C’è da ricordare infatti che al tempo della colonia romana l’acqua discendeva per successive cisterne fino al Mamozio.

C – Anche il Castellano, dimorante nella Torre Farnese con a disposizione una cisterna, si serviva dell’acqua della Dragonara. Segno che la cisterna di cui poteva disporre la Torre non era funzionante o dava acqua meno buona.

Mi fermo. La lunghezza affligge la lettura, specie se di un articolo on-line. Vorrei trarre a chiusura una riflessione che possa servire a noi, residenti stabili in quest’isola.

La memoria dei reperti come dei siti e anche dell’articolato modo di vivere degli isolani nei secoli precedenti è frammentata e a tante domande non si riesce a dare risposte. Perché? Perché l’isola non ha avuto nei secoli una popolazione stanziale. In verno (pag. 10) dieci o dodici feluche di Pescatori, e specialmente verso la quaresima à pescare l’esquisite e grosse ragoste.

La residenzialità è il presupposto perché la memoria (funzionale, tradizionale, storica) permanga.

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