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Epicrisi 69. Dell’assunzione di responsabilità
Leggendo gli articoli di questa settimana, spontaneamente li ho filtrati attraverso la lente dell’assunzione di responsabilità. Nella vicenda del bracconaggio a Palmarola quante e quali azioni ci sono state per arrivare a un arresto e a denunce di diverso tipo? Questo non riguarda solo vicende vissute personalmente, molto da vicino, ma anche, anzi in maniera più rilevante, riguarda azioni che hanno una ricaduta non immediata, lontana nel tempo e nello spazio. Il giornalista Carlo Petrini, a proposito dei rischi che corre il nostro mare, il Mediterraneo, ci invita ad esser più vigili. Spaventati molto di più da quanto accade vicino a noi, specie se siamo coinvolti direttamente, che non da quello, forse molto più terribile, che accade lontano o che accadrà in futuro, ci disinteressiamo delle problematiche contemporanee, convinti di non avere alcuna responsabilità su eventuali future catastrofi. “Non sarò io a salvare il mondo!” è la frase dietro cui neghiamo le nostre responsabilità, ma ce le assumiamo tutte quando scegliamo di essere “possessori“, come dice Franco De Luca, dei territori in cui viviamo, ritenendo di poter esercitare un diritto assoluto, di poterci fare quello che vogliamo. Anche se non ci pensiamo, noi oggi ci stiamo assumendo delle responsabilità verso i nostri figli, verso le generazioni future. Lasceremo loro mari inquinati, assottigliamento o scomparsa della biodiversità, cambiamenti climatici disastrosi ed altro ancora? Il comune di Ventotene si è attivato per aggiornare le zone protette della loro oasi marina e, per la necessità di coniugare le attività turistiche con la tutela dell’ambiente, richiede un canale di passaggio per barche da tracciare in una attuale fascia A a Santo Stefano, offrendo altre zone di Ventotene da inserire nella stessa fascia A. Di chi le responsabilità del degrado in cui versano invece Zannone e Palmarola, rispettivamente Parco del Circeo e Zona protetta, che avrebbero dovuto essere tutelate dalle istituzioni? Delle istituzioni preposte che si sono mostrate incapaci o di chi, più in alto avrebbe dovuto fornire finanziamenti che non sono mai stati stanziati? E noi ponzesi cosa abbiamo fatto finora per tutelarle? Quanti habitat marini unici avevamo che ora non esistono più? Il nostro egoismo individualista rischia di nuocerci. Chi viene dall’esterno si adegua facilmente ai comportamenti di chi trova. Se noi non curiamo la nostra isola perché vogliamo arricchirci subito e di più, non possiamo pretendere che il “non ponzese” si comporti correttamente. Il nuovo arrivato, se non ha coscienza civile, ne approfitta molto più del ponzese e spesso succede che è arrivato ‘i stritt’ e s’è miso ‘i chiatt’. Oggi è in campo il Progetto Life PonDerat che ha in chiaro i nomi e le azioni di chi lo ha ideato, progettato e lo sta realizzando, così sappiamo prima quale e di chi è la responsabilità. Del resto la prassi del dialogo e della partecipazione non ha mai goduto di buona salute a Ponza, se non in rari momenti. Oggi, con le nuove modalità comunicative che pur essendo veloci ed efficienti rischiano di rimanere inconsistenti, si può perdere l’abitudine a discutere guardando negli occhi, a consolare con una carezza, a cogliere il senso delle parole dalle sfumature del tono con cui sono dette. Se l’esempio non abitua alla partecipazione attiva, diventa più difficoltoso trarsi fuori dalla trappola del virtuale. I lampedusani, di certo, lasceranno ai loro figli il valore della solidarietà, vissuto con l’impegno, la fatica e le risorse personali. Grande la sindaca Giusy Nicolini a guidare una comunità che ha già i suoi problemi, molto simili a quelli di Ponza, ma che non si è tirata indietro davanti ad un’assunzione di responsabilità come quella che le è sopraggiunta con l’arrivo di migliaia di profughi. Lei e i suoi compaesani si sono sentiti responsabili della dignità della persona umana! Pentito delle proprie azioni, invece, doveva essere Domizio Torrigiani quando guardava i bambini che gli cantavano la strofetta. Doveva pesargli addosso la responsabilità del loro plagio, del confino suo e degli altri, della dittatura conclamata che si era instaurata in Italia. Aveva appoggiato il fascismo nascente agli inizi degli anni venti, convinto che sarebbe stato il male minore e che non avrebbe leso il principio di libertà. Purtroppo non era andata così e ne stava pagando amaramente le conseguenze! La responsabilità richiede uno sguardo che vada molto più in là dell’immediato. Conservare, diffondere e accrescere la bellezza in tutte le sue forme da quelle della natura a quelle della cultura è responsabilità di tutti e nessuno si può sottrarre. Anche il Comitato “Rinascita per Ponza” fa delle richieste che lungi dall’essere interpretate come beghe localistiche vanno nel più nobile senso dell’I care, derivato fondamentalmente dalla lezione di Don Milani (2).
Ma verso cosa e come vogliamo che la vita si evolva in futuro?
Note (a cura della Redazione) Immagine di copertina e vignette utilizzate nell’articolo: ‘Mafalda’, di Quino (1) – Da Edward Lorenz. “Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?” fu il titolo di una conferenza tenuta da Lorenz nel 1972. (2) – Fu Don Milani ad adottare il motto “I care”, letteralmente mi importa, mi interessa, ho a cuore (in dichiarata contrapposizione al “Me ne frego” fascista), che sarà in seguito fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche. Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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