Ambiente e Natura

Ieri a Ponza il Convegno Life PonDerat

di Biagio Vitiello
Indirizzo sito Life PonDerat

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Ieri 28 aprile ho partecipato in qualità di ascoltatore-osservatore al Convegno “Life PonDerat” (per la presentazione sul sito, leggi qui – NdR).

Premetto che vi era pochissima gente: tre “indigeni” ponzesi, il sindaco, tre ambientalisti della LAC e sei giovani del progetto.

Convegno Ponza

Molte le cose interessanti che si sono dette.
Riguardo agli animali, l’eliminazione dei topi dalle isole e la eradicazione delle capre da Palmarola (mentre a Ponza verrebbero ridotte di numero); queste capre, una volta catturate, verrebbero regalate ad allevatori del continente.
Mi sarebbe piaciuto sapere se queste poi saranno visitate da veterinari ASL e se verrà ad esse apposto un numero di identificazione come per legge.
A Zannone si pensa di effettuare una recinzione nel bosco per non permettere ai mufloni di  brucare il sottobosco.

Per quanto riguarda le specie vegetali aliene, ce n’è un folto numero, ma tra queste non rientrano né i pini e gli eucalipti (immessi a Ponza dalla Forestale da circa 40 anni), né l’ailanto. Si è parlato del Carpobotus  edulis, che è una specie aliena e che va eradicata in quanto non permette la crescita di altre piante ed è commestibile per i topi. Poi è stato fatto un elenco di specie di piante rare da proteggere, ma tra queste non ci sono le vere rarità.

Carpobrotus edulis copia
Passo ad elencare le mie perplessità:

le capre non andrebbero eliminate da Palmarola, in quanto sono le uniche a contenere la crescita dei rovi e a tenere aperti i sentieri nella macchia; e non penso affatto che abbiano causato danni alla macchia. Inoltre quelle catturate andrebbero donate ai ponzesi che ne facessero richiesta.

Riguardo all’eradicazione dei topi ritengo che sia una pura utopia. Se si riuscisse a debellarli, che impatto avrebbero i gatti inselvatichiti sulle specie avicole?

I mufloni di Zannone, in numero esiguo, non danneggiano il sottobosco o la macchia, in quanto in essa è presente diffusamente la Daphne (pianta rara nel Mediterraneo, ma velenosa per gli erbivori: se solo ne sentono l’odore si allontanano).

Ai tempi del Casati i mufloni erano più di 50, e non hanno mai danneggiato alcunché.

Dafne. FOTO DI E. Di Fazio
Per le specie vegetali aliene, spezzerei una lancia a favore del Carpobrotus, in quanto ha una specifica funzione di proteggere i terreni di arenaria dalla erosione eolica, e non è vero che non permette la crescita di altre piante (vedi foto).

Carpobrotus edulis con altr e piante della macchia mediterranea

Riguardo alle specie da proteggere ho fatto notare che non sono presenti nell’elenco la felce Osmunda regalis e le orchidee del genere Orchis (Morio e Papillonacea), Ophrys (tenthredinifera) e Spiranthes spiralis (abbastanza rara a Ponza).

osmunda-regalisOsmunda regalis

Ophrys tenthredinifera.2Ophrys tenthredinifera

Spiranthes spiralis. CopiaSpiranthes spiralis

Mi preme sottolineare che attualmente a Ponza è presente una tipica “macchia mediterranea” quasi al completo, mentre meno completa è a Zannone, ancor meno a Palmarola e su tutte le altre isole.

Ho parlato anche  delle berte, che secondo me non sono tanto scarse di numero, se da qualche anno risento i loro versi intorno a casa mia (punta della Madonna).
Sotto casa un tempo nidificavano nelle rocce di arenaria; ora non più in quanto sono cresciute troppe piante che ne impedirebbero il volo

Nido di berte abbandonato

 

4 Comments

4 Comments

  1. Sandro Russo

    30 Aprile 2016 at 08:13

    Lo letto con molta attenzione i vari report relativi al Progetto Life PonDerat, inclusa la breve relazione di Biagio Vitiello pubblicata ieri.
    Non entro nel merito delle decisioni che riguardano gli animali, ma ho qualche perplessità sulle piante.
    Senza essere un esperto botanico sono un “cultore della materia”, da sempre interessato alle interazioni tra l’uomo e le piante.
    Sul sito, nel febbraio 2013, ho pubblicato una serie di cinque articoli dedicati alle piante estranee all’isola che però a Ponza si sono stabilizzate e prosperano [digita – furastere – in riquadro CERCA NEL SITO in Frontespizio] nell’ultimo dei quali vengono riportati alcuni casi di incongrui interventi dell’uomo che hanno causato danni maggiori di quelli che si volevano correggere (leggi qui: https://www.ponzaracconta.it/2013/02/26/incontro-a-ponza-con-tre-furastere-5-le-piante-ospiti-o-invasori-parte-seconda/).
    Mi chiedo: quale criterio ha guidato la scelta delle piante da considerare aliene o invasive? Per esempio il Carpobrotus citato da Biagio, con il nome di ‘rosa marina’, a memoria d’uomo ha fatto sempre parte del paesaggio ponzese; altrettanto le agavi e i fichi d’India, a rigore “alloctone”… E allora?
    Do’ per certo che nel progetto sono coinvolte persone di conoscenze botaniche di gran lunga superiori alle mie e ho cercato un collegamento attraverso il sito segnalato – http://www.ponderat.eu – che però non risulta ancora attivo.
    Nelle more auspico un confronto su queste pagine da parte dei responsabili e/o operatori del progetto per fornire più indicazioni e chiarire dubbi, senza alcuna animosità, ma con spirito propositivo e di collaborazione.

  2. vincenzo

    30 Aprile 2016 at 10:11

    http://www.comune.ponza.lt.it/progetti/Life%20PonDerat_Ponza%204%20dicembre%202015.pdf

    Caro Biagio, le tue convinzioni e le tue perplessità le avrai sicuramente esposte ai relatori: ci piacerebbe sapere alle tue esplicite domande quali sono state le relative risposte.

  3. vincenzo

    30 Aprile 2016 at 10:48

    http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/islands-conservation-allelba-ecco-come-eradicare-ratti-ed-ungulati-dalle-isole/
    Islands Conservation all’Elba: «Ecco come eradicare ratti ed ungulati dalle isole»
    [2 aprile 2014]

    A Montecristo con una visita sul campo per toccare con mano gli eccezionali risultati dell’eradicazione dei ratti e dell’ailanto: si è chiuso in bellezza il convegno “Le specie invasive, una grave minaccia per i sistemi insulari: esperienze a confronto”, che ha suscitato grandissimo interesse gli interventi dei ricercatori di Islands Conservation, l’associazione ambientalista che attua campagne di eradicazione delle specie invasive nelle isole di tutto il mondo per prevenire l’estinzione delle specie endemiche.

    …Gregg R. Howald, di Islands Conservation Canada, lo scienziato canadese, ha sottolineato che «Mentre le minacce possono essere diverse, uno delle più significative sono i vertebrati alloctoni invasivi. I ratti ed topi sono tra i vertebrati invasivi più diffusi e distruttivi, essendo stati inavvertitamente o deliberatamente introdotti su più dell’’80 % delle isole o arcipelaghi del mondo. I roditori invasivi sono probabilmente responsabili del maggior numero di estinzioni e cambiamenti degli ecosistemi, in quanto onnivori che possono influenzare piante, invertebrati, rettili, mammiferi e uccelli».

    …. Howald ha detto che «Dei 574 tentativi di eradicazione con un esito noto, l’83% (480) hanno avuto successo, anche il più grande su 12.800 ettari. I rodenticidi primari utilizzati sono anticoagulanti di prima e seconda generazione e quello di gran lunga più utilizzato è l’anticoagulante brodifacoum di seconda generazione (più del 70% ), una sostanza tossica non specie-specifica. L’utilizzo di rodenticidi per eradicare i roditori dalle isole può avere successo con un’attenta pianificazione e attuazione, tuttavia, l’infiltrazione del rodenticida nell’ecosistema può rappresentare un rischio reale per le specie autoctone, in particolare uccelli e mammiferi», cosa accaduta solo per pochissimi individui nell’Arcipelago Toscano e Howald ha comunque confermato che «Molti progetti hanno documentato l’impatto su specie autoctone, ma, nella maggior parte dei casi, l’impatto è di durata relativamente breve e le popolazioni hanno recuperato ai livelli pre-eradicazione o più elevati. La continua ricerca e lo sviluppo dell’utilizzo pratico dei rodenticidi con meno rischi (ad esempio sostanze tossiche specifiche per i Rattus), strumenti di mitigazione ed approcci alternativi devono essere perseguiti per mantenere la fiducia nell’eradicazione dei roditori introdotti come vitale strumento di conservazione. I benefici dell’eradicazione dei roditori dalle isole è inequivocabile, con il recupero e cambiamenti negli ecosistemi documentati in pochi mesi o anni dopo le operazioni di eradicazione. L’eradicazione di roditori introdotti dovrebbe essere effettuata regolarmente dai gestori del territorio, prendendo in considerazione il rischio ecologico dall’uso di rodenticidi e con un’adeguata mitigazione secondo le necessità». Cosa che secondo Islands Conservation è stata fatta nella migliore maniera dal Corpo forestale dello Stato, dai ricercatori italiani e dal Parco Nazionale a Montecristo e nell’Arcipelago Toscano.
    L’australiano Karl J. Campbell, di Islands Conservation e della School of Geography, Planning & Environmental Management dell’università del Queensland, si è occupato di un’altra invasione che riguarda da vicino l’Elba, quella degli ungulati.

    …Mentre all’Elba si continua ancora a discutere se sia possibile eradicare cinghiali e mufloni, Campbell ha rivelato che «Gli ungulati sono stati eliminati con successo da almeno 250 isole, mentre 16 le campagne hanno avuto successo. I caprini selvatici sono stati eradicata da 144 isole di tutto il mondo , mentre ne vengono segnalate meno per i bovini selvatici (15), cavalli e asini (13), ovini (19), suini (57) e cervi (2)».

    …Quindi eradicare intere popolazioni di grossi ungulati dalle isole è possibile e Campbell ha infatti evidenziato che «Con la tecnologia e le tecniche di recente sviluppo, la dimensione dell’isola non è forse più un fattore limitante nel successo dell’eradicazione delle popolazioni di ungulati. Inoltre, l’utilizzo di global positioning systems, geographic information systems, caccia aerea con elicottero, cani da caccia specializzati ed animali giuda ha aumentato in modo impressionante l’efficienza e ridotto significativamente la durata delle campagne di eradicazione».

    …Ma perché un’eradicazione di ungulati abbia successo sono fondamentale anche programmi di monitoraggio intensivi: «A causa della presenza di esseri umani con popolazioni di ungulati domestici sulle isole abitate – ha detto lo scienziato australiano – le future azioni di conservazione insulari richiederanno programmi di eradicazione che coinvolgano gli abitanti dell’isola in un approccio collaborativo con i manager, i professionisti della gestione dei conflitti e gli educatori. Ad oggi, relativamente poche eradicazioni di mammiferi invasivi si sono verificate su isole abitate. Prima di pianificare una eradicazione, in ogni analisi di fattibilità dovrebbero essere presi in considerazione i potenziali impatti positivi e negativi. Ci può essere anche il bisogno di pianificare azioni di mitigazione, come l’eliminazione di altre specie introdotte (piante e animali). Le risposte degli ecosistemi misti all’eradicazione sono stati documentate, con risposte positive. Oltre a considerare i potenziali effetti negativi sui valori da salvaguardare, i manager dovrebbero considerare anche la sequenza in cui le specie invasive vengono rimosse, ed avere un piano di eradicazione in modo che la rimozione di una specie non complichi o impedisca la futura eradicazione di un altro. Considerati i chiari benefici per la biodiversità, le popolazioni di ungulati introdotte devono essere regolarmente eradicate dalle isole».

  4. Biagio Vitiello

    30 Aprile 2016 at 19:16

    Condivido in pieno quanto scritto da Sandro.
    A Vincenzo rispondo che ho elencato le mie perplessità (elencate nell’articolo), ma potevo mai avere il consenso di qualche addetto ai lavori?
    Dimenticavo di far sapere che per questo progetto si spenderanno 1.200.000 euro (non vorrei sbagliarmi, perchè ero molto distante dagli oratori).

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